Eravamo rimasti con Buriani e il suo cane scomparsi dagli schermi della vita e della cronaca quotidiana. Le fonti affermavano che fosse tornato a Bologna e che aveva lasciato il suo appartamento, in Città, quello che pare non abbia mai pagato. La denuncia era arrivata da Giornalesm.com, poi caduta in silenzio. Ora, alcune fonti affermano che sarebbe tutto vero: non esiste una quietanza di pagamento.
La tempesta grossa sul capo del giudice più gettonato dalla stampa locale, e non solo, era arrivata nel settembre scorso con l’azione di sindacato promossa dalla commissione giustizia, con relativa sospensione dall’incarico decisa dal Consiglio Giudiziario plenario. Certe procedure sono lunghe, si sa, e bisogna aspettare gennaio per leggere sulle cronache che il giudice era stato ascoltato dal magistrato per l’accertamento, al fine dell’eventuale ammissibilità dell’iniziativa di sindacato. Tutte le eccezioni mosse dall’interessato, vengono respinte e l’azione di sindacato viene giudicata ammissibile. Era il 2 febbraio scorso. Da allora: l’inesprimibile nulla. Buriani sparito dalla circolazione.
Ma il paese è piccolo e la gente mormora, e così qualcuno racconta di vederlo passeggiare con il cane, in quel di Chiesanuova, nei pressi della casa del suo amico Gilberto Felici, che da giugno 2018 rappresenta San Marino alla Corte europea. Una nomina giunta proprio all’indomani del deposito della sentenza di primo grado del famoso “processo Mazzini” emessa a un anno dalla conclusione delle udienze. Un vero e proprio “romanzo” di 689 pagine, in cui erano stati riuniti 9 procedimenti, 21 persone rinviate a giudizio, un miliardo di euro movimentato.
Peccato che, a detta degli stessi principi del foro sammarinese, non ci fosse uno straccio di prova. Del resto, a leggere le cronache delle varie udienze, già dalle prime battute del “processo del secolo” si capisce che era un’architettura accusatoria basata sul nulla. Tanto che nei corridoi del tribunale l’avevano ribattezzato il “processo della parrucchiera” perché fondato su chiacchiere e si dice.
Poi, si viene a sapere che il segreto istruttorio era stato ampiamente violato. E già questo basterebbe ad inficiare il processo. Ma viene il peggio. La relazione della commissione d’inchiesta su Banca CIS rivela che il capo del pool inquirente, il giudice Buriani, è amico e sodale di quella banda capeggiata da Grandoni e Daniele Guidi, che hanno fatto un buco da mezzo miliardo, che hanno condizionato la politica e le massime istituzioni bancarie, che si erano portati via anche i fondi pensione, che avevano occupato il tribunale, proprio tramite lui, “l’eroe di mani pulite” come l’aveva definito certa stampa compiacente.
Senza contare le pesanti accuse che gli erano appena state rivolte dalla presidente di Banca Centrale, che era stata inquisita probabilmente per indurla a fare certe scelte utili alla cricca. Inquisita e poi prosciolta. E lei l’ha denunciato.
In qualsiasi altra parte del mondo un giudice così sarebbe già stato allontanato definitivamente dal tribunale e giudicato per tutte le sue mancanze. Qui, ha ancora molti protettori.
Facendo un ragionamento anche molto superficiale, vien da sé che il “processo Mazzini” era stato ordinato da qualcuno per soli fini politici, ovvero per azzerare una classe politica e favorire l’avvento di un’altra più compiacente. Una storia che doveva finire subito, e che invece è stata fatta andare avanti ostinatamente, per certi motivi, finché è andata fuori dai ranghi, facendo male soprattutto al Paese. Tra le tante figuracce, stando a certe fonti bene informate, pare che un procedimento penale per riciclaggio, aperto a Rimini a carico di uno degli indagati del conto Mazzini, sia stato archiviato. Pare che Rimini abbia chieste carte e documenti a San Marino a suffragio della sua inchiesta, e il tribunale non sia stato in grado di inviare nulla ai colleghi italiani. Nulla! Se tutto ciò fosse vero, sarebbe un’ulteriore dimostrazione che il castello accusatorio è basato sulle sabbie mobili. Poi c’è tutta la fase dell’appello. Un altro romanzo, che ancora non è finito di scrivere.
Intanto Buriani va a spasso con il cane. È a mezzo stipendio, ma continua a prendere più di tre operai messi insieme. Che problema c’è?
a/f