San Marino. Buriani, Grandoni, i mazziniani e la terza istanza … di Alberto Forcellini

Ogni persona è innocente fino a prova contraria. È un diritto costituzionale. Ma quanto è vero e riconosciuto a San Marino? Abbiamo assistito a processi mediatici che hanno espresso sentenze prima ancora del tribunale, condizionando fortemente l’opinione pubblica al di là di ogni ragionevole dubbio. Il famoso processo Mazzini è stato uno di questi, messo sugli scudi per anni e anche ora, che la sentenza di secondo grado ha assolto quasi tutti gli imputati, c’è gente che si scandalizza perché cercano di farsi una ragione relativamente ai beni sequestrati.

Ma il fumus del delitto di riciclaggio va dimostrato. La giurisprudenza di legittimità ha ribadito che, il mero possesso di una somma di danaro o di un bene patrimoniale, in assenza di riscontro investigativo circa l’esistenza del delitto presupposto, non può giustificare l’addebito di riciclaggio.

In parole molto elementari, se gli ex imputati del processo Mazzini riescono a dimostrare la provenienza lecita dei beni e delle somme loro sequestrate in forma cautelativa, hanno diritto a tornarne in possesso, ricorrendo in terza istanza.

Perché dunque tanto scandalo dovrebbe suscitare il ripristino di questo grado di giudizio nella giurisprudenza sammarinese? Perché dovrebbe essere un favore per gli imputati del processo Mazzini e, magari, non per altri rinviati a giudizio eccellenti, come Grandoni, o Buriani? Che sono passati dalle stelle alle stalle proprio mentre si varava quella legge? E dei quali i giornali molto esperti in processi a prescindere, non parlano mai?

Perché fino ad ora, non si è mai riusciti a procedere nei confronti del giudice Alberto Buriani, nonostante le pesantissime rivelazioni, con tanto di foto, prodotte dalla Commissione di inchiesta? Perché nonostante ci sia un processo fissato per la fine di giugno, è ancora al suo posto in tribunale ad esercitare l’amministrazione della giustizia? Fatto che indigna molti cittadini e che mina la fiducia nei confronti delle istituzioni.

In base a quanto ci è dato a sapere, il problema era antico e strutturale. Ovvero, nell’ordinamento sammarinese, per i giudici, era previsto solo un grado di giudizio. Fatto che, anche in base a tutte le norme internazionali, avrebbe inficiato l’eventuale procedimento sin dal suo nascere. La recente riforma del sistema giudiziario colma questa lacuna, oltre che fissare la procedura sanzionatoria anche nei confronti dei giudici. Ora che tutti i passaggi sono stati espletati, che l’architettura giuridica è stata creata e resa operativa, se ne attendono gli effetti. Con la stessa fiducia che ha sempre accompagnato l’operato del nuovo dirigente Giovanni Canzio. E con buona pace di RF e di Libera che ad ogni passaggio riformista di questo governo, hanno gridato: qui si vuole fare terra da cece!

L’immunità sempre garantita alla cricca e ai suoi simpatizzanti, ora non è più possibile. Anche se per ciascuno dei suoi protagonisti sono stabilite le garanzie che il diritto nazionale e internazionale indica per il soggetto cosiddetto debole, ovvero l’imputato.

La fame di giustizia è tanta. Che non vuol dire “giustizialismo” ma processi veloci e garantisti, sia per l’accusa, sia per la difesa. I sammarinesi, ma anche la storia degli ultimi anni, hanno voglia di giustizia e di chiarezza, soprattutto in riferimento alle immense somme di denaro costituite da fondi pensione e svendita di NPL, che sono sparite nelle tasche di qualcuno a danno della comunità, grazie a coperture, collusioni, privilegi, complicità, abusi di potere.

Non cancellerà l’amaro in bocca di quei cittadini, senza santi in paradiso, che negli passati sono incappati nelle rete della presunta giustizia e hanno ricevuto solo ingiustizie. Ma la speranza è che tutto ciò non possa più accadere in futuro.

a/f