Il calo delle nascite è inesorabile da decenni e ha conseguenze pesanti sul “sistema Paese”. Tutta una serie di istituzioni, dal meccanismo pensionistico al modo di finanziare la sanità e l’istruzione, sono state costruite sulla base di una struttura demografica in cui la maggioranza della popolazione è in età lavorativa. Oggi, invece, i vecchi sono più dei giovani: si tratta di un vero e proprio debito demografico nei confronti delle generazioni future. E questo accade in tutti i Paesi più ricchi e avanzati. Non solo, ma sta avvenendo anche nei Paesi del Terzo Mondo man mano che anche da loro arriva un po’ di progresso e di ricchezza.
Ormai se ne parla sempre più spesso e su tutti i mezzi. Anche a San Marino, dove però il dibattito in corso è riduttivo, infarcito di luoghi comuni, sia fideistici sia ideologici. Ma la questione della denatalità non è mai solo una questione di soldi, anche quando è una questione di soldi. Si è sempre pensato infatti che uno dei fattori della fertilità fosse la stabilità lavorativa, eppure a San Marino la disoccupazione è pressoché inesistente ormai da tempo e guardando a quanto succede in Italia si vede che nel nord (più industrializzato e meno precario) si fanno meno figli che al sud, dove la disoccupazione ha percentuali più alte.
Altrettanto vero è che ormai da qualche decennio, le donne hanno iniziato ad autodeterminarsi, studiano, si formano, avviano imprese, gestiscono attività, insomma lavorano e si guadagnano da vivere. Questo non è solo un loro diritto ma può essere una vera e propria necessità, specie se si vogliono mettere al mondo dei figli o delle figlie. Eppure, l’obiettivo dei giovani (maschi e femmine) non è più la famiglia, ma è altro: viaggiare, divertirsi, fare sport. In ogni caso, non si può “convincere” nessuno a fare figli, o tanto peggio “obbligare”. Anche perché non ci sono leggi o decreti che siano in grado di farlo.
I governi fanno molta fatica a favorire la crescita del tasso di fertilità. Possono invece abbastanza agevolmente facilitarne la decrescita. Come noto, la Cina comunista ha per decenni limitato per legge il numero di figli procreabili per famiglia e adesso comincia a fare i conti con una progressiva mancanza di mano d’opera lavorativa.
E allora, come si risolve il problema? Solitamente si contrappongono due visioni risolutive. Una tradizional-conservatrice, che vorrebbe spingere verso una sorta di ritorno al passato, con la donna più devota al ruolo di madre che di lavoratrice. Magari accompagnando ciò con più tutele laburistiche, sussidi e incentivi fiscali. L’altra visione, più liberale, punta maggiormente sull’immigrazione quale rimedio al calo delle forze lavorative e al progressivo invecchiamento della popolazione.
Tuttavia, entrambe le visioni, che non dovrebbero essere alternative come a volte traspare dal dibattito politico, scontano dei limiti. La visione conservatrice sembra ignorare il cambiamento di costumi che interessa le società occidentali, ma non solo, da decenni. Non si tratta affatto solo di un problema di soldi, considerato che il tasso di fertilità è diminuito nel tempo nonostante la crescita del reddito pro capite. Ecco perché non bastano né i sussidi, né gli asili nido. Ma anche affidarsi unicamente all’immigrazione appare una scelta di corto respiro, considerato che il fenomeno è oramai globale e che, di conseguenza, i giovani in età da lavoro saranno sempre meno ovunque.
I problemi derivanti dal declino demografico appaiono innegabili, ma se cominciassimo a guardare il problema con occhi diversi? Si enfatizza spesso sul ruolo della produttività e l’impatto su di essa dell’Intelligenza Artificiale. Parimenti, siamo soliti pensare alle conseguenze negative dell’inverno demografico perché lo immaginiamo sempre a parità di condizioni attuali. Quindi se da tre lavoratori per pensionato si passa a due e, forse ben presto, al rapporto di uno a uno, diventa automatico immaginare che ciò condurrà il sistema ad un’inevitabile insostenibilità. E da lì parte lo spauracchio delle città abbandonate, delle scuole chiuse, degli ospedali senza dottori ed infermieri.
Ma perché non pensare, invece, ad un aumento della produttività? Perché non a riforme del welfare più compatibili con la nuova piramide demografica? Se l’Intelligenza Artificiale porterà ad una maggiore produttività, seppure con lati che ancora non conosciamo e con le note difficoltà di regolamentazione, si può ipotizzare che le casse pubbliche non abbiano a subire conseguenze negative, anzi. Per questo, fin da ora, le risorse maggiori dovrebbero essere dedicate al capitolo scuola e università. Invece, per quanto riguarda il welfare abbiamo ancora un po’ di tempo per capire quale direzione sarà necessario prendere.
Infine, c’è un altro aspetto che non si considera mai quando parliamo di calo demografico: il carico umano sul Pianeta Terra. Siamo troppi (oltre 8 miliardi) e consumiamo troppo. Le nostre case sono stracolme di cose spesso inutili e le nostre città sono piene di asfalto, cemento e ciminiere. Il Pianeta sta soffocando sotto i nostri rifiuti, sta bruciando risorse non più riproducibili, sta diventando sempre più caldo e ha sempre meno acqua potabile. Non sarebbe poi un così grave problema se il genere umano smettesse di aumentare e si cercasse di ristabilire antichi equilibri.
Angela Venturini