San Marino. Cambiamenti climatici: la sfida dei grandi e l’impegno dei piccoli … di Alberto Forcellini

Il calcio d’inizio per un cambio di mentalità e di azioni per fermare i cambiamenti climatici dovrà venire da Glasgow. Sono presenti 190 delegazioni di paesi di tutto il mondo alla Cop26, che si è aperta domenica 31 ottobre in Inghilterra, dopo che i 20 paesi più grandi del mondo si erano riuniti a Roma, quasi a preparare la grande riunione inglese.

Un G20 senza la Russia e senza la Cina, entrambe impegnate a difendere la “neutralità carbonica” fino al 2060 addirittura accampando ricatti e ponendo veti. L’emergenza climatica usata come arma delle grandi potenze per difendere i propri interessi. Eppure, nonostante il gelo, Draghi ha giocato la carta dell’empatia per smuovere anche i colossi. I risultati ottenuti sono in chiaroscuro, ma sono stati giudicati la miglior apertura che si potesse immaginare per la Cop26. Innanzi tutto, l’impegno a mantenere il riscaldamento del pianeta sotto 1,5 gradi. Non c’è ancora una data precisa per l’obiettivo: emissioni zero, e su questo punto si dovrà lavorare. Nel frattempo partirà il complesso e non facile processo di innovazione tecnologica e sostenibilità, un milione di miliardi di alberi da piantare cominciando subito, il progressivo abbandono del carbonifero a vantaggio delle energie rinnovabili, la fine dei finanziamenti pubblici internazionali entro la fine del 2021 per la produzione di energia da carbone e, per contro, l’impegno a mobilitare finanziamenti internazionali pubblici e privati per sostenere lo sviluppo di un’energia verde, inclusiva e sostenibile.

In qualche maniera si comincia a capire che la competitività innescata dai paesi a maggiore tasso inquinante e quindi capaci di produrre merci e servizi a prezzi più bassi, dovrà fare i conti con la consapevolezza dei consumatori che cominciano a preferire i prodotti green. Se Usa ed Europa intera si trovano d’accordo, si può fare davvero molto. L’eliminazione dei reciproci dazi, è un buon segnale in questo senso.

Ma i lavori di Glasgow sono partiti in salita. Assenti non giustificati oltre a Puntin e Xi-Jinping, anche Erdogan e Bolsonaro, il che fa temere per un risultato che sia davvero importante e realizzabile. L’India ha già detto che punterà alle emissioni zero, ma solo per il 2070. Davvero troppo tardi.  La speranza sono Biden, Jhonson, Draghi, Merkel, Macron, e tanti altri, tutti concordi nell’affermare che siamo alla svolta decisiva, altrimenti si cade nel baratro. Il principe Carlo, ambientalista da sempre, ha parlato addirittura di una guerra da combattere e da vincere.

Sono gli aspetti economici che finora hanno affossato nel “bla-bla-bla” denunciato da Greta Tunberg gli impegni e le promesse delle precedenti conferenze mondiali. Oggi sappiamo che l’inquinamento porta uno sviluppo malato. Vediamo ogni giorno di più che i cambiamenti climatici stanno portando povertà e malattie nei paesi più poveri, stanno cambiando la geografia del pianeta, stanno mettendo a rischio la vita di moltissime specie animali e vegetali, stanno aumentando il rischio di pandemie. Deserti che aumentano, ghiacciai che arretrano, territori cancellati dai diluvi: mille facce del disastro, nessun confine.

Intervenire è compito di tutti. Compresi i piccoli, come San Marino. Che è presente a Glasgow ai massimi livelli istituzionali per illustrare al mondo il suo programma. Un’occasione privilegiata sia per incontri con altri capi di Stato e di governo, con la presidente della commissione UE Ursula von der Leyen e per lanciare la sua proposta: stimolare un coinvolgimento dei Piccoli Stati, affinché possano divenire veri e propri laboratori dove testare e lanciare nuove tecnologie ed iniziative che abbiano un impatto sulla riduzione delle emissioni.

Un’ottima idea, che dovrà essere affiancata dai comportamenti di tutti, istituzioni e cittadini: ridurre l’uso della plastica, non gettare i rifiuti nell’ambiente, non sprecare acqua e non inquinarla, cercare di usare quanto più possibile le energie green, non comprare i prodotti provenienti dai paesi maggiormente inquinanti. È un piccolo sforzo, ma che possiamo fare tutti.

Intanto a Glasgow si trovano gli accordi per fermare la deforestazione e i soldi per aiutare i territori più poveri e compromessi, oltre che per ridurre di un terzo il consumo di metano. La speranza è che ancora due settimane di lavori portino veramente risultati importanti e condivisi da tutti i presenti. Se qualcuno che non c’è, non ci sta, siamo sicuri che poi pian piano si dovrà comunque adeguare.

a/f