San Marino. Cambiare idea non è solo un diritto, ma anche una prova di maturità … di Alberto Forcellini

Quanto è legittimo, in politica, cambiare idea? L’interrogativo si pone visto il rimpallo di accuse da una parte e l’altra dello schieramento consiliare. Cambiare idea, tra il dire e il fare, in un’epoca molto complessa, potrebbe avere la stessa differenza che sta tra i volta gabbana e le facce di bronzo. Ma se voltar gabbana indica precisamente chi cambia opinione per opportunismo o per tornaconto personale, con grande facilità e leggerezza; le facce di bronzo brillano per sfrontatezza, impudenza, mancanza di ogni vergogna. Niente a che fare con il cambiare, che idea ha un significato più profondo, che incide sulla sfera etica e sull’evoluzione, sia del pensiero, sia delle circostanze.  Dal “Fermo e Lucia” ai “Promessi sposi”, Alessandro Manzoni cambiò idea molte volte su quel suo romanzo che doveva diventare uno dei capisaldi della letteratura italiana. Copernico e Galileo furono coperti di ridicolo, ai tempi loro, ma alla fine hanno fatto cambiare idea a tutti. Madre Chiesa, compresa. Insomma, se non ci fossero stati cambiamenti di idee, saremmo rimasti all’era della pietra.

In politica la cosa si fa più delicata, soprattutto quando ci sono i salti di barriera, cioè si passa dentro o fuori una maggioranza di governo. Si dice sempre che il ruolo dell’opposizione sia più facile perché basta solo criticare. Non sempre è così, perché gli oppositori della passata legislatura furono perseguiti con ogni mezzo, penalizzati, combattuti, processati sui media e in tribunale, un po’ come succede nelle dittature. C’è chi ha perso il lavoro e chi addirittura è emigrato all’estero.

Poi, per fortuna, è cambiato governo. Ma se è facile trovare allineamento sulle critiche, non altrettanto avviene quando bisogna trovare la quadra su decisioni di governo, al cui tavolo siedono forze politiche profondamente differenti. Non a caso si dice “la mediazione è l’arte della politica”. Sfumature di cambiamento, necessarie per andare avanti e ottenere risultati.

In un’epoca attraversata dalle robuste correnti dell’antipolitica e dell’impolitica, non è facile appassionarsi all’elogio della politica. Di quella politica, per giunta, che è “sottile arte della mediazione e della tessitura”, trionfo del “sano pragmatismo” (quella in stile Cavour, per intenderci) rispetto ad una visione della realtà che molto spesso è solo opportunistica, clientelare e troppo sensibile a certe lusinghe. Bisogna fare parecchi esercizi spirituali per sapersi destreggiare senza lasciarsi macchiare da quel lessico politico che si colora di trasformismo, compromesso, centrismo, parole tanto spesso appannate da una storia non proprio esemplare. Ma anche questa è politica.

Ben dovrebbe saperlo un partito come Repubblica Futura, nato a suo tempo come movimento di opinione e opposizione col nome di Alleanza Popolare, per poi cedere alle lusinghe di governi di tutti colori: dal biancoazzurro scudocrociato al rosso comunista. Eppure, rimanendo sempre fedele a certi amici imprenditori. Se così non fosse, non si potrebbe comprendere l’incredibile battaglia fatta la scorsa estate per difendere Guzzetta e Buriani.  Mai scritta una parola su Grandoni, Guidi, Savorelli, Grais; sulla questione titoli e l’enorme dissesto lasciato in Carisp. La vogliamo chiamare coerenza? O c’è un altro nome?

Libera ha una posizione diversa, perché viene dall’agglomerato di varie forze politiche (più o meno tutte con qualche cadavere nel proprio armadio), ma che hanno issato la nuova bandiera come un passaporto di immunità. È per questo che si sentono in diritto di salire in cattedra a predicare moralità, trasparenza, coinvolgimento, quando non sanno neppure dove certe virtù stiano di casa. Anche loro hanno cambiato idea? O hanno altre mire?

Nelle ultime battute del Consiglio abbiamo assistito a un dibattito incentrato in gran parte sul fatto che il Segretario all’Informazione ha cambiato la bozza di legge relativa a una piccola riforma. Invece di compiacersi per le migliorie apportate, tutti a dire che la prima bozza era irricevibile e che era sbagliata. Cioè, a parlare del nulla, perché nella vita come in politica si può cambiare opinione, basta spiegarne i motivi con chiarezza e senza risibili camuffamenti. Tenendo presente, come scrisse un Anonimo: “Se non cambiasse mai nulla, non ci sarebbero le farfalle.” E i cittadini sanno vedere benissimo la differenza tra il bruco e la farfalla.

a/f