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  • San Marino. Capitolo 6: primavera 2015, una registrazione “nascosta” costringe il Generale Gentili a lasciare il comando della Gendarmeria. Repubblica Futura “contro” GiornaleSM per nascondere sotto il tappeto un passato politicamente scomodo? … di Enrico Lazzari

    Le “puntate” precedenti della “serie” Repubblica Futura “contro” GiornaleSM per nascondere sotto il tappeto un passato politicamente scomodo?:

    Capitolo 1: Antonella Mularoni e la “cacciata” di Caringi durante l’ispezione a Banca Partner

    Capitolo 2: Antonella Mularoni al fianco di Gatti (che oggi si vergogna di quelle azioni) nell’esercitare “ingerenze e pressioni” su Bcsm 

    Capitolo 3: le azioni del governo a guida Alleanza Popolare (2008-2012) apparentemente decisive per la nascita di Banca CIS e per aver avviato la devastazione del sistema bancario sammarinese.

    Capitolo 4: le misteriose dimissioni del Commissario Rita Vannucci che permisero al Giudice Alberto Buriani di diventare il magistrato più potente del Titano.

    Capitolo 5: col “Mazzini” il Tribunale “spazza via” una generazione politica aprendo la strada a nuovi “potenti” che nominano Grais alla Presidenza Bcsm

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    L’inchiesta “Mazzini” è nel pieno della sua popolarità, l’ex Segretario di Stato, diciamo “numero due” nella gerarchia del potere di Via delle Scalette, Claudio Podeschi, è da ormai un anno sottoposto a regime di custodia cautelare (in totale ha fatto 12 mesi in carcere e 6 ai domiciliari), mentre il “numero uno” del Partito Socialista, Fiorenzo Stolfi, è a sua volta detenuto sempre in regime di custodia cautelare. Siamo, quindi, nella primavera del 2015

    Ciò significa, in concreto, che i due terzi di coloro che, di fatto, pur ormai in decadenza, ma ancora riferimenti dei vari partiti -anche se formalmente da “dietro le quinte”- avevano determinato le scelte politiche dei decenni precedenti, si trovavano ai Cappuccini su ordinanza del Commissario della Legge Alberto Buriani. E non erano soli…

    Con loro, nel reparto femminile dei Cappuccini, c’era la compagna di vita di Podeschi, a sua volta incarcerata in regime cautelare. E qui c’è un aspetto da ricordare, che potremmo quasi iscrivere in un fantomatico libro delle “crudeltà” -più o meno “gratuite”- di quell’indagine. La sua detenzione non venne subita soltanto dalla medesima, ma -e soprattutto- dal figlio appena quattordicenne, già orfano di padre, che si vide strappare via l’unico riferimento familiare che gli era rimasto, la madre appunto, per un anno e mezzo. L’interminabile carcerazione preventiva della madre lo costrinse anche a lasciare ogni amicizia che aveva stretto, visto che dovette essere affidato ai nonni e ciò lo costrinse a trasferirsi in Slovenia abbandonando la Repubblica.

    Ma torniamo agli eventi che hanno segnato la storia sammarinese e che potrebbero avere avuto un peso determinante nel successo dei piani sovversivi, di occupazione dei diretti o indiretti poteri dello Stato da parte di quella “Cricca” che oggi, visti gli atti giudiziari predisposti dal Commissario Elisa Beccari, possiamo definire presunta “associazione a delinquere” facente capo a Marino Grandoni, con ai suoi vertici operativi Daniele Guidi e Francesco Confuorti, e con il Commissario Burani come una sorta di “braccio giudiziario” nel Tribunale di San Marino

    E’ l’8 agosto del 2014 e sono passate un paio di settimane dall’arresto di Podeschi (ore 16 del 23 giugno 2024) quando una pesante tegola si abbatte sul corpo della Gendarmeria, guidata dal Generale Alessandro Gentili: scattano le manette ai polsi del Brigadiere Mirco Mazzocchi, sulla base di una ordinanza emanata dal Commissario Buriani.

    Secondo l’accusa, il Brigadiere avrebbe fornito a Podeschi e alla sua compagna, detenuti in piani diversi dei Cappuccini e senza alcun contatto fra loro, delle ricestrasmittenti grazie alle quali avrebbero potuto dialogare. Tralasciamo i dettagli e balziamo alla conclusione di questa vicenda, ovvero all’assoluzione definitiva dall’accusa di favoreggiamento disposta in appello dal Giudice David Brunelli, che ribaltò la sentenza di condanna in primo grado emessa dal Giudice Gilberto Felici, in seguito titolare del primo grado anche del “Mazzini”, a sua volta chiuso con pesanti condanne nel primo grado di giudizio poi non confermate in Appello, almeno relativamente agli imputati eccellenti, tutti assolti e/o prosciolti. Infatti, quasi due anni e mezzo dopo la condanna in primo grado (due anni e due mesi di prigionia) la sentenza definitiva ha ribaltato il precedente verdetto con una assoluzione piena del Brigadiere Mirco Mazzocchi.

    Se la vicenda-Mazzocchi, al di là del dramma personale a cui fu sottoposto il Gendarme (non si dimentichino i 64 giorni di custodia cautelare in carcere a cui è stato sottoposto), appare marginale nella ricostruzione degli eventi che hanno favorito il successo dei piani sovversivi della “Cricca” e l’enorme danno economico che questi hanno inflitto alle casse pubbliche, sembra avere rilevanza un evento successivo, questa volta -almeno teoricamente- di possibile forte impatto, ovvero, il “velenoso”, traumatico “licenziamento” del Comandante della Gendarmeria, il Generale italiano Gentili.

    Siamo nella primavera del 2015 quando dal contenuto di una ordinanza di una nuova custodia cautelare emanata nei confronti di Podeschi -sempre emessa dal Commissario Buriani e dal suo pool- spuntano come un fulmine a ciel sereno una serie di “pesanti” dichiarazioni fatte dallo stesso Gentili, per nulla gratificanti nei confronti di parte del Tribunale, di Segreterie di Stato (quindi governo) e dello stato del Diritto e della democrazia nella San Marino di quegli anni (leggi qui). Dichiarazioni riassumibili in una frase: “…Qui è pericolosissimo muoversi… Questo Paese è una trappola esplosiva”. E ancora: “Sono dei pirati, dei gangster… Qui non si sta facendo una cosa nell’interesse della Repubblica (…) qui c’è una lotta spudorata tra Segreterie di Stato, tra componenti del Tribunale, tra ex del Tribunale e nemici del Tribunale… E’ una cosa sconvolgente”.

    Come quelle parole, apparentemente una registrazione, siano finito al pool guidato dal Commissario Buriani non è dato a sapere. E circolano solo illazioni sulla fonte dell’eventuale registrazione. Illazioni che, però, sono ormai di dominio pubblico nel Paese e vorrebbero un Gendarme (lo si deduce dagli atti del Mazzini, dove si legge “Carpite in maniera abusiva dal gendarme…”) quale protagonista. Questi, infatti, avrebbe registrato il suo Comandante per poi, direttamente o indirettamente -non è dato a sapere- consegnare la “cassetta” o il file alla Magistratura.

    Se così fosse, perchè un giovane Gendarme avrebbe fatto ciò? Rivalsa personale per un torto presumibilmente subito sul lavoro? O richiesta “superiore” a cui non si sarebbe potuto sottrarre? Impossibile rispondere, ma eventi successivi alimentano una terza possibilità: il ricatto, visto che lo stesso gendarme rimase coinvolto, anni dopo, in una vicenda di droga, dalla quale si starebbe, comunque, dignitosamente e con forza “rialzando” (ed è questo il motivo per cui si preferisce non ricordarne le generalità)… Ipotesi, congetture, nulla più… Che meritano, dunque, una considerazione estremamente marginale.

    Sta di fatto che, a causa dell’inserimento (che non appare del tutto motivato per il fine dell’ordinanza) nell’atto giudiziario emesso dal Commissario Buriani e dal suo pool, queste dichiarazioni “pesanti” del Generale Gentili diventano di dominio pubblico, “costringendo” il governo e la politica nel suo complesso ad assumere provvedimenti.

    Il 10 marzo 2015, così, il Caso-Gentili approda nell’ordine del giorno dei lavori del Congresso di Stato. Non trapela nulla in merito. Ciò non impedisce ad Alleanza Popolare, in una nota diffusa lo stesso giorno (leggi qui), di mostrarsi lestissima nel chiedere le dimissioni del Comandante. “Ci troveremmo di fronte -scrive AP- a dichiarazioni del Comandante della Gendarmeria, Generale Gentili, di una tale gravità da essere definite ‘di spregio’ verso la magistratura, il Governo e la Repubblica stessa. …Se l’interessato non può smentirle, il Gruppo Consiliare di Alleanza Popolare si aspetta che il Generale Gentili si dimetta quanto prima e chieda scusa a tutti quanti”.

    Il Generale Gentile non si sentì in dovere di chiedere scusa a nessuno, così, il successivo 26 marzo, con una pressochè compatta unanimità dei “Sessanta”, le dimissioni del Comandante della Gendarmeria vengono accolte e un’alta delicatissima “poltrona” di potere e di vigilanza, di lì a poco, cambia titolare.

    Sono passati cinque anni dalla “cacciata” di Stefano Caringi e dalle successive dimissioni di Luca Papi e Biagio Bossone dai vertici di Banca Centrale (Capitolo 1, leggi qui) e poco più di uno dalle dimissioni del Commissario della Legge più “potente” (per competenze) del Tribunale, Rita Vannucci (Capitolo 4 – leggi qui) e la sua sostituzione con il Commissario Alberto Buriani, quando anche il delicatissimo ruolo di Comandante della Gendarmeria, in maniera altrettanto “traumatica” e per certi versi a tutt’oggi “misteriosa”, passa di mano…

    Se nei precedenti casi di licenziamenti e dimissioni, diciamo, non rassegnate in un clima e contesto di serenità si evidenziava chiaro e palese un ruolo ben definito della componente politica, nel Caso-Gentili non può non balzare all’occhio che alla base dell’azione che ha portato alle dimissioni del Generale c’è -oltre alla citata tempestività di AP (oggi RF) nel richiederne le dimissioni- il contenuto di una ordinanza giudiziaria, di arresto cautelare disposto ai danni di Podeschi e della sua compagna, emanata dal Commissario Buriani e dal suo pool, ovvero le dichiarazioni, virgolettate di Gentili, apparentemente registrate di nascosto da un suo sottoposto.

    Enrico Lazzari