Dall’Europa: “Avevamo già mosso contestazioni a San Marino”. Si apre istruttoria.
Ennesimo colpo di scena nella vicenda che vede sottoposti a regime di custodia cautelare in carcere Claudio Podeschi e Biljana Baruca.
La scorsa settimana infatti i legali dei due indagati, Annetta e Pagliai, hanno depositato presso il Tribunale Unico della Repubblica di San Marino una particolare querela.
Non vengono indicate persone, né ipotesi di reato, tuttavia viene riproposta in maniera piuttosto dettagliata la precaria situazione vissuta all’interno delle carceri del Monte. Si chiede dunque, anche in maniera provocatoria, se si possano ravvisare dei reati rispetto a quello che sta avvenendo.
Nella querela si legge fra le altre cose: “La signora Baruca è stata reclusa nell’ala posta al piano terra dell’edificio che si trova in condizioni fatiscenti. L’assenza di presidi igienici rivolti alle detenute ha, altresì, comportato, in primo luogo, l’insorgere di problemi di salute di carattere intimo ancora irrisolti.
La scrivente, inoltre, si trova ristretta per ben 22 ore al giorno (sic!) all’interno della propria cella in condizioni di totale isolamento senza possibilità di accedere ai locali in cui potrebbero svolgere le attività motivanti consentite all’interno della struttura carceraria. Da ormai un mese, inoltre, la scrivente ha riportato serie problematiche di salute che ne hanno reso necessario anche il trasferimento per ben due volte presso la struttura ospedaliera di San Marino (in un caso con necessità di disporne l’urgente ricovero).
Ciò nonostante – pur risultando evidente come le condizioni di salute precarie siano state cagionate dal regime di detenzione carceraria – lo stesso non è stato né mutato né sostituito con altre misure meno afflittive.
Preme segnalare, infine, che pur avendo richiesto più volte ed a più riprese di potere ricevere la visita di un medico di propria fiducia tale richiesta sia stata sempre rigettata”. Non finisce qui, perché la presente querela, come detto depositata a San Marino e nella quale anche se non direttamente, di fatto di ipotizzare il reato di tortura, è stata inviata anche al Segretariato del Comitato Europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti presso il Consiglio d’Europa.
Consiglio d’Europa che ha già risposto, tanto che non è esclusa una nuova visita dei Commissari a San Marino per vedere come stanno le cose. “Le violazioni contestate – scrivono nella lettera pubblicata qui a fianco dal Coe – erano già state oggetto di segnalazione al governo di San Marino”. Pertanto verrà aperta una istruttoria presso il Comitato per la prevenzione della tortura.
“C’è gran- de soddisfazione – commenta l’avvocato Stefano Pagliai – perché le nostre doglianze sono state accolte nelle sedi sovranazionali, nonostante lo scetticismo di qualcuno. Abbiamo ottenuto le prime positive risposte, si tratta di una battaglia di civiltà che esula dalla singola situazione dei nostri assistiti, ma che riguarda tutti. Non a caso spesso a volentieri si giudica il grado di democrazia in un Paese, proprio dalle sue carceri”.
Si coglie l’occasione per puntualizzare per l’ennesima volta – repetita iuvant – che se oggi ci si trova in questa condizione, con querele, segnalazioni, istruttorie aperte in Europa, nulla è imputabile al lavoro della magistratura, che applica le leggi vigenti. Un giudice non può certo decidere di carcerare o scarcerare qualcuno sulla base dello spazio e dell’inadeguatezza di una cella. Le responsabilità non vanno cercate ai Tavolucci ma a Città, nella sede del governo e del parlamento. La politica deve fornire alle toghe tutti gli strumenti necessari per compiere al meglio il proprio lavoro.
David Oddone, La Tribuna