Nella cornice tesa dell’udienza del 29 aprile 2025, l’interrogatorio dell’avv. Alessandra Greco, difensore della Cassa di Risparmio, si è distinto per tono fermo e chirurgico.
Con domande precise, a tratti provocatorie, Greco ha messo alla prova non solo l’impianto tecnico difensivo del prof. Elbano De Nuccio, ma anche la sua capacità di tenere la barra dritta di fronte a insinuazioni scomode.
Nel corso dell’escussione, si è creato un momento di rottura tanto inaspettato quanto significativo: il testimone, toccato sul piano personale, ha richiamato un episodio del suo passato professionale, l’assoluzione da un’accusa di oltraggio alla Guardia di Finanza, per sottolineare il rischio di fraintendimenti.
Il momento chiave arriva quando Greco, riferendosi alle valutazioni contenute nel bilancio 2016 — e in particolare all’approccio “liquidatorio” adottato da RIA Grant Thornton per valutare i crediti deteriorati — domanda: “Professore, adottare un approccio liquidatorio… significa forse svendere?”
Una domanda che sembrava quasi retorica, ma che ha prodotto una reazione immediata da parte del testimone. Visibilmente colpito, De Nuccio ha risposto con fermezza: “Assolutamente no. Non ho mai usato quella parola. La parola ‘svendere’ l’ha usata il Commissario, non certo io.” Il tono era freddo, difensivo, quasi irritato. Da lì, la deposizione ha preso una piega diversa: non più solo tecnica, ma quasi personale.
Il riferimento ha spiazzato l’aula. Non era previsto. Ma è stato eloquente.
Per il testimone, l’interrogatorio non era più solo una valutazione delle sue opinioni professionali, ma anche una prova di lealtà e chiarezza personale, quasi una seconda difesa pubblica.
L’avv. Greco, pur lasciando cadere l’episodio della Guardia di Finanza, ha ripreso il filo della questione: un approccio liquidatorio — che considera solo valori certi e immediatamente realizzabili — non rischia di sottostimare il valore potenziale dei crediti?
La domanda si rifà all’intero impianto dell’accusa: se il bilancio 2016 ha svalutato i crediti Delta fino a livelli altissimi (oltre il 70% di svalutazione già nel 2016, poi portata al 96% nei CdA successivi), non si può forse sostenere che quella svalutazione fosse orientata, eccessiva, o comunque penalizzante rispetto a un valore di mercato più ampio?
De Nuccio ha risposto difendendo la coerenza del metodo adottato da RIA GT, sottolineando la completezza dell’analisi e l’utilizzo di dati “tailor made” provenienti da SGCD. Ma l’impressione era che il testimone fosse più attento a non esporsi che a chiarire.
Nel corso dell’interrogatorio, l’avv. Greco ha toccato anche altri punti: la coerenza tra le valutazioni RIA GT e quelle del CdA, la mancata considerazione di una valutazione “a valore futuro” e la possibilità di influenze esterne nella definizione del piano di svalutazione.
Tutte domande che il testimone ha ricevuto con crescente attenzione ma anche con evidente cautela, come se ogni parola dovesse evitare un passo falso.
Il ricorso all’episodio personale con la Guardia di Finanza ha mostrato una cosa: il prof. De Nuccio si sentiva sotto accusa, non solo come tecnico, ma come persona.
Il confronto tra l’avv. Greco e il prof. De Nuccio è stato probabilmente il più sottile e strategico dell’intera giornata.
Non ci sono stati toni alti, né scontri aperti. Ma c’è stato qualcosa di diverso: l’uso mirato di parole pesanti, come “liquidare” e “svendere”, per mettere alla prova la stabilità e l’autoconsapevolezza del testimone. E De Nuccio, pur restando composto, ha mostrato per la prima volta una fragilità: la consapevolezza che un errore verbale, anche solo percepito, può cambiare il senso di un’intera testimonianza.
L’interrogatorio dell’avv. Greco ha toccato corde profonde, anche oltre il merito tecnico.
È stato un esempio di come, in un’aula giudiziaria, la differenza tra “valutare” e “svendere” non sia solo semantica, ma possa diventare giudizio di metodo, etica professionale, e persino riflesso di esperienze pregresse.