Il 29 aprile si è svolta una delle udienze più dense e delicate del processo a carico degli ex amministratori della Cassa di Risparmio, nell’ambito del fascicolo 505/RNR/2017.
Protagonista assoluto: il prof. Elbano De Nuccio, presidente del Consiglio Nazionale dei Commercialisti italiani e testimone tecnico della difesa.
Ma quella che doveva essere una testimonianza di consolidamento delle tesi difensive, si è trasformata in un campo di battaglia dialettico, con momenti di forte tensione tra accusa, difesa, parte civile e lo stesso giudice.

Secondo quanto illustrato sia alla difesa degli imputati che all’aula dal prof. De Nuccio, la perdita da 534 milioni nel bilancio 2016 di Carisp derivava da una valutazione analitica, svolta con criteri di massima prudenza e pienamente coerente – a suo dire – con i principi contabili in uso.
L’esperto ha rivendicato il fatto che il metodo applicato da RIA Grant Thornton fosse “tailor made”, costruito su dati forniti da SGCD e approfondito attraverso fonti multiple: dalla contabilità interna, al tableau de bord dei crediti, fino ai piani di KPMG.
Ha però anche riconosciuto che questo cambio di approccio segnò una netta discontinuità rispetto agli esercizi precedenti e portò a rappresentare il rischio crediti in una chiave fortemente svalutativa. Un cambio motivato – secondo il teste – dalla necessità di rappresentare un patrimonio realistico in una fase di svolta.
L’avv. Simbari ha voluto subito introdurre la figura del prof. De Nuccio come un tecnico d’eccezione, “professore associato, presidente del Consiglio Nazionale dei Commercialisti italiani, membro dell’OIC e dell’IFAC”, con un lungo curriculum nell’ambito della standardizzazione contabile internazionale. La difesa ha sottolineato che la sua testimonianza non era improvvisata, ma supportata da una relazione scritta e da slide proiettate in aula per chiarezza espositiva
Secondo la difesa, l’elaborato di RIA Grant Thornton non è mai stato inteso come un’attività di revisione legale o valutazione d’azienda, bensì come una “procedura di verifica concordata” (ISRS 4400), pienamente legittima dal punto di vista tecnico, prevista dai principi IFAC. RIA non stimava la recuperabilità dei crediti fiscali, come accusato, ma analizzava specificamente la qualità del portafoglio crediti ex Delta utilizzando dati puntuali del “tableau de bord” di SGCD5491 –
La difesa ha inoltre marcato una differenza netta rispetto a KPMG, il cui piano era stato basato — secondo De Nuccio — su ipotesi di mercato “ottimali”, generiche, non verificate, né adattate al contesto reale di San Marino e del portafoglio Delta. La relazione KPMG, è stato detto, non assumeva responsabilità sui dati e si fondava su una gestione teorica, mentre quella di RIA era ancorata a dati reali5491 –
Per sostenere la correttezza dell’approccio valutativo, è stata presentata una comparazione tra le stime di RIA, dei liquidatori e di KPMG. I numeri: 232 milioni stimati dai liquidatori, 236 da RIA, 387 da KPMG. La difesa ha sostenuto che, anche accettando l’approccio KPMG, la differenza sarebbe stata solo di 66 milioni, su un totale di 534. E quindi non determinante per invalidare la bontà del bilancio 2016
Rispondendo alle critiche sull’uso “politico” del bilancio per favorire l’adozione del decreto 5-ter, la difesa ha ribaltato la prospettiva: fu lo Stato ad attrezzarsi per salvare l’istituto, non il bilancio ad essere costruito per spingere lo Stato all’intervento.
La difesa ha anche ricordato che le percentuali di svalutazione introdotte nel 2016 sono rimaste stabili o aumentatenegli anni successivi. La copertura dei crediti Delta è passata dal 73% nel 2016 al 96,6% nel 2022. Nessun CdA successivo ha mai rettificato quella valutazione, a dimostrazione che fu ritenuta fondata da tutti gli organi dirigenti che si sono succeduti.
Non c’è dubbio che il prof. De Nuccio fosse, sulla carta, il testimone perfetto per sostenere l’impostazione del bilancio approvato nel 2017. Curriculum di primo piano, esperienza nazionale e internazionale, incarichi ai vertici della professione contabile.
Eppure, nonostante la preparazione, la sua deposizione non ha convinto pienamente. O meglio: ha mostrato fragilità non tanto nei contenuti, quanto nella postura e nella gestione del confronto.
Incisivo, certo, ma anche talvolta ridondante, difensivo, e — come sottolineato più volte dal Commissario della Legge, prof. Vico Valentini — poco aderente alle domande.
A più riprese, infatti, il giudice ha richiamato il testimone a restare “nel perimetro” delle questioni, ammettendo in aula che “aveva spesso divagato”.
L’interrogatorio più teso è stato quello dell’avv. Emanuele Nicolini, legale della Cassa, che ha incalzato il testimone con ritmo serrato. Dopo alcune risposte troppo teoriche, Nicolini ha affermato — senza mezzi termini: “Professore, con tutto il rispetto: non siamo in università. Le chiedo di rispondere alla domanda, non di ripassare il manuale.”
Il clima si è fatto subito incandescente. Il testimone ha replicato a voce alta, rivolgendosi direttamente al Commissario: “Non accetto che qualcuno mi venga a dire che vengo qui a fare l’accademico, grazie Commissario.”
Un momento che ha cambiato il tono dell’intera giornata.
Ma è stato con la produzione di un post pubblicato su Facebook dal prof. De Nuccio che l’udienza ha assunto un tono ancora più delicato.
Nicolini ha presentato in aula lo screenshot in cui il testimone scriveva — in tono celebrativo — che “l’eccesso di prudenza non configura reato”, accompagnando la frase con due trombe.

Il Commissario ha disposto l’acquisizione del post, dichiarando che “riguarda la credibilità del testimone”.
La questione non era più solo tecnica. Era diventata etica, simbolica, e mediatica.
L’avv. Alessandra Greco, parte civile per Cassa di Risparmio, ha condotto un controesame meno teso ma altrettanto affilato.
Con domande mirate, ha indagato la natura dell’approccio “liquidatorio” usato per la svalutazione dei crediti deteriorati.
Ha domandato: “Liquidare non significa forse svendere?”
De Nuccio ha reagito con fermezza, sostenendo che non aveva mai usato quel termine. Ma da lì si è aperta una difesa personale inattesa.
Un passaggio fuori traccia, che ha sorpreso l’aula e fatto emergere una tensione sottile ma costante: De Nuccio non sembrava solo testimone tecnico, ma anche soggetto in difesa della propria immagine.
Anche l’avv. Gabriele Marra, per l’Eccellentissima Camera, ha condotto un interrogatorio focalizzato sul lessico.
Ha chiesto cosa intendesse il testimone quando parlava di bilancio “fotografico”, facendo notare che una fotografia può essere vera, ma anche manipolata.
L’udienza del 29 aprile ha segnato un passaggio chiave nel processo.
Ha mostrato che il tema non è solo la correttezza dei numeri, ma anche la credibilità di chi quei numeri li interpreta, la coerenza fra il ruolo tecnico e la comunicazione pubblica, il confine tra prudenza e strategia.
Il prof. De Nuccio ha saputo difendere il merito della sua posizione, ma ha incontrato difficoltà crescenti nel reggere il contraddittorio serrato, sia sul piano tecnico che su quello personale.
Resta da capire quanto tutto questo peserà sull’esito finale del processo. Ma un fatto è certo: quella del 29 aprile non è stata una giornata neutra. È stata una giornata che ha lasciato segni indelebili.