San Marino. Caso Fedele, il governo fa causa per bloccare i capitali. La mossa è la risposta alla decisione dei Garanti di far decadere il 199 ter. Obiettivo: portare quei soldi nelle casse pubbliche.

Renzi: “Lo Stato non ha intenzione di restituire soldi frutto di reati”.

Così il segretario di Stato per la Giustizia e gli Affari Esteri Nicola Renzi sintetizza il senso della delibera del 13 marzo scorso con cui il governo ha dato mandato all’Avvocatura di Stato di procedere per non consentire a Michelangelo Fedele di tornare in possesso dei suoi soldi depositati presso un istituto del Titano.

Si tratta della risposta, per così dire, dell’Esecutivo alla sentenza n.1 dell’8 marzo scorso del Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 199 ter del codice penale inerente il possesso ingiustificato di valori.

L’istanza è stata portata all’attenzione dell’Alta Corte dal Giudice d’Appello David Brunelli che ha accolto la richiesta presentata dai difensori di Fedele, condannato in primo grado per possesso ingiustificato di valori, a sette mesi di prigionia e alla confisca di 457.900 euro.

Il processo è ora pendente in appello.

Durante l’udienza dibattimentale dello scorso 10 gennaio, il Procuratore del Fisco Giorgia Ugolini si era opposta all’incostituzionalità del 199 ter così come l’Avvocatura dello Stato in rappresentanza dell’Eccellentissima Camera.

Ma i Garanti hanno dato loro torto spiegando nella sentenza che “di per sé, possedere beni senza giustificare la loro legittima provenienza non produce necessariamente danno o pericolo a carico di nessuno; è quindi evidente che il legislatore ha creato una fattispecie di reato basata su di una presunzione. Con riferimento ai soggetti che siano stati in precedenza condannati
per determinati reati, il legislatore presume, cioè, che il possesso ingiustificato di utilità sia frutto di comportamenti illeciti, ovvero sia strumentale rispetto a futuri comportamenti illeciti”.

La decadenza del 199 ter ha effetti non solo sul caso in questione, ma anche su diversi altri processi e confische. Per scongiurare questa evenienza si mosse a suo tempo anche il Consiglio Grande e Generale che attraverso un ordine del giorno condiviso chiese ai Reggenti di farsi portavoce ai Garanti delle proprie preoccupazioni sul caso. Una scelta che causò il piccato rifiuto
dei Supremi Giudici di incontrare la Reggenza e che scatenò dure prese di posizione degli avvocati sammarinesi che parlarono di ingerenze della politica sulla magistratura.

Nei giorni scorsi dunque la contromossa del governo. Nel documento che autorizza l’azione civile, l’esecutivo spiega che la necessità è quella da un lato di “non consentire la restituzione del compendio sequestrato all’imputato attesa la probabile provenienza delittuosa dello stesso” e dall’altro “di promuovere ogni più efficace azione di prevenzione e contrasto del riciclaggio in conformità degli impegni internazionali assunti dallo Stato”.

La scelta del governo è basata sull’articolo 75 della Legge n. 17 giugno 2008 n. 92 che consente all’Ecc.ma Camera “di promuovere azione civile volta alla nullità degli atti di disposizione a qualsiasi titolo compiuti inerenti beni, fondi o risorse provenienti da misfatto (c.d. confisca in rem)”.

Tecnicamente l’Avvocatura dello Stato farà causa per “dichiarare la nullità dei contratti” fra Fedele e la banca, “siccome atti di disposizione di somme derivanti da misfatto” e a quel punto “disponendone la devoluzione delle somme ivi depositate all’Ecc.ma Camera”.

“È un atto che era nelle facoltà del governo fare in base alla normativa vigente – dichiara il segretario Renzi – e che è stato ritenuto opportuno a tutela dell’interesse dello Stato per riaffermare la volontà del percorso verso la trasparenza e la lotta al riciclaggio”.

Davide Giardi, La Tribuna