San Marino. CASO RACKET BADANTI. Estorsione, ovvero violenza privata, ovvero atti persecutori. Tutti continuati ed in concorso. Rinviate a giudizio la ”CAPORALE e la sua AIUTANTE” – PARTE 3

San Marino. CASO RACKET BADANTI. Estorsione, ovvero violenza privata, ovvero atti persecutori. Tutti continuati ed in concorso. Rinviate a giudizio la ”Caporale e la sua Aiutante” – PARTE 1

San Marino. CASO RACKET BADANTI. Estorsione, ovvero violenza privata, ovvero atti persecutori. Tutti continuati ed in concorso. Rinviate a giudizio la ”CAPORALE e la sua AIUTANTE” – PARTE 2

In tal modo, ”LA CAPORALE”, con la collaborazione ”dell’AIUTANTE”, dava origine ad un articolato sistema di prevaricazione che coinvolgeva, almeno, 20 persone e durava da almeno 5 anni al fine di costringere le operatrici di assistenza non sanitaria in servizio presso l’Ospedale di Stato – con espedienti, minacce e intimidazioni – all’alternativa tra la perdita e/o l’inaccessibilità del lavoro e l’assoggettamento al regime di fatto posto in essere dalla ”CAPORALE”, nell’ambito del quale quantità, modalità e condizioni dei servizi di assistenza venivano determinate dalle prevenute, a vantaggio delle stesse.

Il tutto era poi reso più efficace dall’apposizione ad opera della CAPORALE di liste fasulle nei luoghi di maggior transito dell’Ospedale, in particolare nella bacheca posta a destra dell’ingresso principale poco prima dell’edicola, e sottrazione delle liste ufficiali o rimozione di alcuni nominativi; condotte che avevano lo scopo di canalizzare le richieste verso ”LA CAPORALE” che poi provvedeva a smistarle. Così facendo LA CAPORALE traeva i seguenti profitti:

– lavorava molto di più delle altre badanti ed in quantità superiore ai limiti di legge, ossia 20-22 ore al giorno a fronte delle 12 ore consentite, per un numero di giorni superiore a quello stabilito dalla normativa di settore, statuente un limite di 100 giorni annuali;

– otteneva una percentuale sui guadagni percepiti da altre badanti. ”LA CAPORALE” sistematicamente adducendo di dover rimpinguare un fondo spese da utilizzare per regalie ai sanitari, riceveva e/o tratteneva anche indirettamente e cioè tramite disposizioni di effettuare trasferimenti di somme a propri familiari – una parte dei corrispettivi maturati dalle assistenti non sanitarie presso l’ospedale (“pizzo”), non ufficialmente e dunque senza pagare le tasse, ricevendo somme di denaro da XXXX, XXXX, XXXX.

LA CAPORALE tratteneva parte del corrispettivo che spesso lei stessa negoziava con i familiari dell’assistito: a XXXXX tratteneva 50 euro per ogni servizio notturno, circostanza verificatasi circa 20 volte, e così ad un’amica di XXXXXX. Le percentuali andavano da 1 euro su una paga di 8 orarie per 12 curo a notte (XXXXX), ovvero 4 euro all’ora su una paga di 9 curo orarie, alla metà della retribuzione, ad una somma fissa variabile, a seconda dei casi, tra gli euro 15, 50 e 150 (è il caso di XXXXXX, di XXXXX e dell’amica di XXXXX e di XXXXX) ovvero ad una somma di curo 300 per impieghi fissi presso privati.

In tal modo LA CAPORALE, con la collaborazione con l’AIUTANTE procurava un ingiusto profitto derivante dal sistema attuato pari a tali somme illegittimamente incassate sulle retribuzioni delle colleghe. In San Marino, quantomeno dal 2016 sino alla data odierna, condotte tutt’ora in corso. (….)

FINE TERZA ED ULTIMA PARTE

 

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