San Marino. Caso Simona Ceci. Un lettore: ”mi è capitata la stessa cosa, ma io mi sono salvato!”

Posso parlare perché mi è capitata la stessa cosa pur essendo andato al pronto soccorso subito con chiari sintomi da infarto.
Era giugno del 1996, mentre lavoravo mi sentii male con forti dolori al petto e il cuore che bussava all’impazzata e le braccia come morte lungo il corpo.
Un collega di ufficio mi portò subito al p.s, elettrocardiogramma senza nessun esito da infarto, mi fecero assumere il maalox perché il medico, oggi dirigente, pensò che fosse mal di stomaco. Mia moglie chiamò il medico che le confermò il buon funzionamento del mio cuore.
Tornai a fatica al lavoro per altri due giorni perché avevo diverse responsabilità per il gruppo dove lavoravo.
Mia moglie, non contenta e preoccupata, chiamò la gastroenterologa di allora, dott.ssa Loredana Stefanelli, che il mattino stesso mi fece andare in ospedale presto per farmi una gastroscopia d’urgenza, viste le indicazioni del medico che mi visitò in p.s.
Mentre ero pronto per procedere alla gastro, la dott.ssa Stefanelli mi fece due semplici domande, mi chiese se ero sempre così pallido in volto e quali dolori accusavo in quel momento.
Appena glieli dissi, posò lo strumento che doveva infilarmi in gola sul lettino e fuggì via di corsa, io pensai che con la luce m’avesse visto un nodulo sospetto in gola, arrivò con la barella e di filato mi ritrovai sul letto rigido della terapia intensiva.
Infarto in corso da tre giorni.
Non fumavo, non bevevo perché astemio ma per via familiare, le mie coronarie erano chiuse.
Mi mandarono poi a Cotignola per un angioplastica e tutto si risolse.
Devo ringraziare, se sono ancora vivo, la dott.ssa Stefanelli che dalle sole mie parole aveva capito la gravità del momento, il dott Marinelli e tutto il suo staff per le cure ricevute allora e poi nel tempo che ancora oggi ricevo dall’ambulatorio cardiologico da tutti i dottori cardiologi.
Certo è che la celerità è determinante in quasi tutti i casi, come per l’ictus, purtroppo le concomitanze dovrebbero sempre essere alleate, nel mio caso o è stata fortuna o non era la mia ora, quando accadono in prima persona la si vede nel modo più corretto, un ritardo o una diagnosi sbagliata, vorrebbe dire esserci o non esserci più.
Condoglianze ai familiari della signora Ceci.
Un lettore
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