San Marino. Caso Sindacato Buriani. ”Palese carenza di equilibrio e di imparzialità tale da rendere il Comm. Buriani incompatibile all’esercizio delle funzioni giudiziarie”

PARTE SESTA

”L’utilizzo di denunce anonime o di espedienti inidonei a radicare la competenza tabellare del Giudice”.

Nelle motivazioni in fatto e in diritto per promuovere l’azione di sindacato nei confronti del Commissario della Legge Dott. Alberto Buriani, inviate al Prof. Roberto Bin, l’Avvocatura dello Stato scrive:

”Si deve evidenziare anche della condotta del Commissario Buriani che pare proprio configurare un abuso nella formazione dei gruppi di coordinamento.

Tra i casi segnalati dall’esponente Ercolani, vi è il procedimento per il quale lo stesso è stato rinviato a giudizio ossia il procedimento penale n. 98/2017 (v. all. 15). Tale procedimento è stato assegnato alla dott.ssa Volpinari, eppure le indagini sono state svolte congiuntamente al dott. Buriani: il tutto in difetto del provvedimento del Magistrato Dirigente ai sensi dell’art. 16 della Legge n. 100/2013 e della direzione e coordinamento che, per legge, spetta a questi, in funzione di garanzia.

Occorre, al fine di meglio chiarire quanto accaduto, riportare il testo dell’articolo 16 di detta Legge:

“- Il Magistrato Dirigente può assegnare lo svolgimento di indagini relative a procedimenti per i misfatti indicati nell’articolo 147 del Codice Penale a due o più giudici inquirenti, ferma restando l’assegnazione del fascicolo già disposta. 

– Possono essere assegnate a più magistrati anche le indagini relative a procedimenti diversi, purché ciò non comporti ritardo nella trattazione dei procedimenti per i misfatti indicati nell’articolo 147 del Codice Penale. 

– I Commissari della Legge designati dal Magistrato Dirigente ai sensi dei commi che precedono esercitano, anche congiuntamente, le attribuzioni conferite dalla legge al giudice inquirente. I singoli atti processuali sono compiuti in forma individuale o congiunta. 

– Il Magistrato Dirigente, ove non vi provveda direttamente, delega ad uno dei magistrati designati l’attività di direzione e coordinamento tra i giudici inquirenti. Il magistrato delegato, in particolare, dovrà garantire che tutti i giudici inquirenti ottemperino alle direttive impartite dal Magistrato Dirigente per il coordinamento delle indagini e per l’impiego della polizia giudiziaria, del personale ausiliario e delle risorse tecniche. 

– Ciascun magistrato è comunque tenuto a fornire al Magistrato Dirigente una tempestiva informazione sull’andamento delle indagini. 

– In relazione allo sviluppo delle indagini e tenuto conto delle complessive esigenze organizzative del Tribunale, il Magistrato Dirigente può revocare la designazione congiunta e disporre che il procedimento venga trattato dal solo giudice inquirente assegnatario del fascicolo. 

Qualora le esigenze di direzione e coordinamento delle indagini emergano in relazione a procedimenti per i quali sono già in corso indagini, il Magistrato Dirigente, può affiancare al giudice inquirente assegnatario del fascicolo, uno o più Commissari della Legge”.

La disposizione in questione, come risulta dalla Relazione sullo stato della giustizia per il 2014 (v. all. 16 e si faccia particolare riferimento alla pagina 94), è, infatti, finalizzata a realizzare il coordinamento delle indagini in procedimenti complessi assegnati ai diversi giudici, anche per evitare la dispersione di informazioni o la duplicazione delle indagini, per cui acquista rilievo determinante la direzione ed il coordinamento del Magistrato Dirigente, al quale spetta, dunque, la costituzione di tali gruppi formalizzata con apposito provvedimento, necessariamente scritto. Il legislatore, in altre parole, non ha voluto (con legge ordinaria) aggirare il principio del giudice monocratico stabilito dalla Legge Costituzionale: viene infatti precisato che il procedimento per il quale il gruppo è stato costituito rimane assegnato al giudice naturale, essendo soltanto consentite, appunto, forme di coordinamento nelle indagini.

La Relazione del 2014 fa soltanto riferimento al “coordinamento” e non alla “co-assegnazione”; parimenti, non v’è traccia di co-assegnazioni nemmeno nella Relazione del 2015. Quindi, in tali Relazioni non v’è traccia di co-assegnazioni, e in ogni caso, laddove si indica la definizione di procedimenti avvenuta nell’ambito o in conseguenza di gruppi di coordinamento, se ne indicano sempre le ragioni (imminente prescrizione), i numeri dei procedimenti (indicazione puntuale, quindi, degli stessi) e non si rinviene alcun atto a carattere generale di delega/assegnazione di procedimenti a magistrati diversi dall’assegnatario secondo i criteri tabellari, né si indicano atti di delega e co-assegnazione specifici per i singoli procedimenti.

Si deve altresì osservare al riguardo, che non sembra concepibile una asserita “ratifica” di atti interni ad opera della Relazione annuale: questa costituisce un atto meramente informativo e sicuramente non giurisdizionale, mentre l’assegnazione del procedimento e la sua co-assegnazione hanno ben altra natura. Peraltro, tali considerazioni vanno inserite nel contesto per cui i criteri di assegnazione tabellare hanno una diretta rilevanza processuale: esplicano perciò un ruolo decisivo sulla attribuzione di competenza e quindi sulla individuazione del giudice naturale precostituito per legge, in assenza, nell’ordinamento sammarinese, di una competenza per territorio.

Lo svolgimento di indagini in modo congiunto per iniziativa dei singoli giudici inquirenti (in assenza del provvedimento del Magistrato Dirigente) costituisce una indebita ingerenza del non titolare nell’autonomia del giudice assegnatario e, soprattutto, violazione del carattere monocratico dell’organo giudicante.

L’attestazione del Cancelliere (si veda l’allegato n. 7 alla segnalazione del dott. Ercolani, dalla quale risulta “Il sottoscritto cancelliere (…) con la presente attesta che: – da un controllo dei registri del protocollo del Magistrato Dirigente, a partire dal 23/02/2017, data di iscrizione del procedimento penale n. 98/RNR/2017, non risulta alcun provvedimento del Dirigente relativo alla formazione di un gruppo di lavoro per il fascicolo in oggetto; – il procedimento penale n. 98/RNR/2017 era stato iscritto in data 23/02/2017 ed assegnato al Commissario della Legge Antonella Volpinari in forza delle disposizioni allora vigenti, su criteri di distribuzione dei procedimenti penali”) è sufficiente a dimostrare non solo la circostanza dell’abusivo svolgimento congiunto delle indagini (già di per sé significante un interesse del Commissario Buriani per la trattazione del procedimento che non ha nulla a che vedere con la posizione di terzietà che deve caratterizzare l’agire del giudice), ma, assieme alla memoria nel procedimento di ricusazione, manifesta una chiara deviazione dai doveri propri dell’ufficio. Infatti, entrambi i Giudici (la memoria è irritualmente sottoscritta da entrambi, pur essendo le cause di ricusazione personali) non si fanno alcuno scrupolo nel mentire al Giudice per i rimedi straordinari al fine di mantenere la trattazione del procedimento, inducendolo falsamente a ritenere l’esistenza del provvedimento con cui il “gruppo” era stato formato, strumentalizzando la delega al dott. Buriani, contenuta nelle disposizioni del 2 gennaio 2014, ed in applicazione dell’art. 16, comma 4, della Legge 29 luglio 2013 n. 100 (si legge che il dott. Buriani è “delegato in via generale – e fatti salvi i provvedimenti che, ai sensi del comma 1, dovranno essere assunti sulle specifiche indagini – al coordinamento dei giudici inquirenti di concerto con la sottoscritta”) che – come testualmente riportato – prevedeva, conformemente alla legge il suo agire “di concerto” con il Magistrato Dirigente, e non in autonomia, traendo in inganno il Giudice della ricusazione.

Di fatto, i Giudici non asseriscono mai esplicitamente all’esistenza del provvedimento, che tuttavia danno per scontato al punto di giustificare la ragione per la quale non venne allegato al fascicolo di causa.

Respinta la ricusazione, in ragione delle affermazioni mendaci dei giudici ricusati, questi hanno provveduto sollecitamente al rinvio a giudizio del ricusante senza nemmeno preoccuparsi di procedere all’interrogatorio, con palese violazione dei diritti difensivi, e, soprattutto, senza valutare la sollecitazione del Giudice per i rimedi straordinari a presentare istanza di astensione per gravi ragioni di opportunità. Infatti, si intende porre all’attenzione dell’Illustrissimo Collegio Garante che il proprio il dott. Buriani con atto in data 3 maggio 2018 nel procedimento penale n. 296/2017 ha dichiarato pregiudicata la propria serenità di giudizio, astenendosi sempre in un procedimento che vedeva indagato Stefano Ercolani (v. all. 17).

L’assenza di linearità nel comportamento, che balza immediatamente agli occhi, palesa una carenza di equilibrio e di imparzialità tale da rendere il Commissario Buriani incompatibile rispetto all’esercizio delle funzioni giudiziarie.

Ora, se il dato di fatto – come accertato dalla sentenza del Giudice per i rimedi straordinari e come sembra ammesso dallo stesso dott. Buriani – è che vi fosse una prassi in forza della quale, “sin dal gennaio del 2014, il Commissario della Legge Buriani è stato delegato in via generale – […] al coordinamento dei giudici inquirenti di concerto con il Magistrato Dirigente, e come, nell’esercizio di tale delega, abbia provveduto perfino alla definizione di procedimenti formalmente assegnati ad altri giudici inquirenti” (sent. Giudice per i rimedi straordinari, 31 ottobre 2018, cit., p. 11) e che lo stesso Giudice, pur non essendo assegnatario o co-assegnatario ha svolto “altresì le attribuzioni, istituzionalmente proprie al giudice inquirente, e dalla legge consentite solo all’assegnatario o al co-assegnatario del procedimento”, emerge in tutta evidenza la gravità di una simile situazione, e il nocumento al corretto funzionamento della giustizia che già originariamente, almeno al livello potenziale, essa determinava.

Non è chi non veda, infatti, che un simile stato di cose non poteva essere certo “sanato” mediante asserita ratifica attraverso una Relazione sullo stato della giustizia (ratifica che, peraltro, non sembra proprio esservi stata, per le ragioni anzidette), e che il sistematico disattendere i criteri di assegnazione dei procedimenti abbia inevitabilmente determinato un grave vulnus all’apparato giudiziario, almeno in termini di necessaria, inderogabile terzietà e imparzialità cui deve essere informato l’esercizio delle funzioni giudiziarie.

Il Commissario della Legge Alberto Buriani non poteva certo ignorare il vincolo di imparzialità, il principio del giudice naturale precostituito e, anche, un elementare criterio di probità e di opportunità che, quantomeno, avrebbero dovuto suggerire di non sovraesporsi assumendo, di fatto, la gestione in via assolutamente prevalente (esattamente in questi termini, Sent. Giudice per i rimedi straordinari, cit., p. 10) di procedimenti di cui egli non era titolare, né come assegnatario e nemmeno come co-assegnatario.

D’altronde, l’art. 16, sembra chiaramente differenziare le funzioni di coordinamento, che hanno carattere meramente organizzatorio e che, perciò, possono essere esercitate dallo stesso Dirigente del Tribunale (il quale non ha funzioni propriamente giurisdizionali, tanto che può anche non essere un magistrato) e che non sembrano neanche richiedere necessariamente una co-assegnazione ai sensi del primo o del secondo comma dello stesso art. 16, essendo possibile che la funzione di coordinamento, per le finalità indicate dalla stessa disposizione, sia dal Dirigente attribuita ad un magistrato senza che vi sia una co-assegnazione. Quindi, semmai, di atto a carattere generale potrebbe parlarsi solo con riferimento alla mera funzione di coordinamento, non certo alla co-assegnazione di procedimenti, che in nessun modo risulta esperibile mediante un atto a carattere generale; e di un simile atto, del resto, come già si diceva, non pare esservi traccia nemmeno nelle Relazioni annuali indicate. ”

FINE PARTE SETTIMA