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  • San Marino. Caso Sindacato Buriani. ”Rapporti anomali con la stampa con costante divulgazione delle comunicazioni giudiziarie e atti d’indagine”

    PARTE OTTAVA

    Nelle motivazioni in fatto e in diritto per promuovere l’azione di sindacato nei confronti del Commissario della Legge Dott. Alberto Buriani, inviate al Prof. Roberto Bin, l’Avvocatura dello Stato scrive:

    ”Una costante degli episodi segnalati è la divulgazione a mezzo stampa della comunicazione giudiziaria e degli (alcune volte unici) atti di indagine.

    La notizia della perquisizione a Bizzocchi su segnalazione con missiva direttamente indirizzata al Commissario Buriani dall’allora Presidente di BCSM Grais, e della perquisizione al dott. Ercolani su esposto anomalo dell’allora Segretario di Stato per le finanze Simone Celli di cui si è detto, appare in tempo pressoché reale sul quotidiano L’Informazione; sul medesimo quotidiano viene data notizia della comunicazione giudiziaria al Presidente di BCSM ed al consulente Gozi; il giornalista Antonio Fabbri sempre del medesimo quotidiano deposita richiesta di accesso agli atti di quest’ultimo di tale procedimento dimostrando di essere a conoscenza del numero del procedimento (ci si riferisce al procedimento n. 735/2018) (v. all. 19) che viene prontamente autorizzata dal dott. Buriani; il quotidiano procede alla pubblicazione degli atti processuali, al fine di creare discredito al Presidente di BCSM, atteso che gli atti pubblicati non sono pertinenti al reato per il quale era indagata.

    La divulgazione di tali notizie ed atti non appare funzionale ad informare, bensì ad esporre alla gogna mediatica gli indagati, al fine di farli dimettere dagli incarichi ricoperti (Bizzocchi e Tomasetti) o comunque a togliere credibilità a coloro che si palesano all’opinione pubblica quali vittime di soprusi (Ercolani nella vicenda di Asset Banca S.p.A.).

    Appare, pertanto, un collegamento anomalo tra l’attività dell’inquirente e la divulgazione delle relative notizie, denotando rapporti che conducono a rilevare una sistematica violazione del segreto istruttorio o comunque del segreto d’ufficio, funzionali ad esigenze diverse da quelle della giustizia. Infatti, gli “asseriti reati” non vengono perseguiti: le indagini non proseguono o, se proseguono, come nel caso segnalato dal presidente di BCSM, pervengono ad una anomala chiusura, nella quale non rileva l’assenza di prove per i reati “asseritamente” commessi. La chiusura delle indagini diviene l’occasione per censurare il comportamento della prevenuta ovvero per narrare fatti non pertinenti e destinati, abusivamente, a divenire pubblici in quanto inseriti in un provvedimento di archiviazione (argomento che verrà approfondito maggiormente nel corso del presente atto).

    Proprio in merito al procedimento n. 735/2018, il Commissario della Legge Alberto Buriani rilascia autorizzazione alla visione del fascicolo poco tempo dopo l’emissione del provvedimento di archiviazione, ma in pendenza dei termini per proporre reclamo e limitatamente agli atti non coperti da segreto bancario, sebbene senza un’indicazione puntuale di quali fossero tali atti, e quindi rimettendo non si sa bene a chi l’individuazione di essi.

    In un precedente del Tribunale di San Marino si affronta il tema del segreto e del contrapposto principio di riservatezza, affermando innanzitutto che il segreto non ha una puntuale definizione normativa, ma si desume dall’interesse alla non notorietà di una notizia dalla conoscenza della quale una persona ha interesse ad escludere gli altri. Nella stessa pronuncia, peraltro, si precisa anche, con riferimento al segreto bancario, che l’interesse direttamente e primariamente protetto dall’istituto del segreto bancario è quello del cliente al riserbo sui propri affari, e se ne può rinvenire il fondamento costituzionale nella libertà di iniziativa economica e nella tutela del risparmio (Sentenza n. 8, Giudice delle Appellazioni Civili, Prof. Lanfranco Ferroni, 14 gennaio 2008).

    Nell’ordinamento italiano, l’art. 114 c.p.p., dopo aver stabilito in linea generale il divieto di pubblicazione di atti, anche non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari, o fino al termine dell’udienza preliminare, e altresì il divieto di pubblicazione degli atti del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli del fascicolo del pubblico ministero, se non dopo la pronuncia della sentenza di appello (eccezion fatta per gli atti utilizzati per le contestazioni, dei quali è sempre consentita la pubblicazione), stabilisce anche che, pure nel caso in cui non si proceda al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione di atti, o di parte di atti, quando la pubblicazione di essi può offendere il buon costume, o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell’interesse dello Stato, ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private (peraltro, la parte relativa alla pubblicazione degli atti del dibattimento è stata caducata con sentenza n. 59 del 1995 della Corte Costituzionale).

    L’ultimo comma dello stesso articolo, infine, stabilisce che è sempre consentita la pubblicazione di atti non coperti dal segreto.

    Da questo quadro d’insieme, e anche in considerazione del rilievo che assume la riservatezza in relazione ai diritti della personalità, tutelati pure a livello di Convenzione EDU, sembra potersi ricavare un insieme di principi del seguente tenore:

    a) il segreto in generale non ha carattere di assolutezza, ma deve essere contemperato con altri interessi e diritti rilevanti, rispetto ai quali può assumere carattere recessivo;

    b) la tutela del segreto e/o della riservatezza degli atti processuali ha una finalità in primo luogo endoprocessuale, ma non esaurisce lo spettro molto più ampio di interessi, che legittimamente possono essere tutelati dal segreto o dalla doverosa riservatezza di determinati atti o contenuto di atti processuali;

    c) allorquando sia venuto meno un interesse propriamente processuale al mantenimento del segreto o della riservatezza, si deve considerare se la pubblicazione di atti confluiti all’interno di un procedimento (penale) o formati al suo interno, possa pregiudicare oltre che interessi di carattere pubblico, o addirittura statuale, anche il diritto alla riservatezza delle parti o delle altre persone che a diverso titolo sono intervenute nel procedimento.

    Pertanto, nel caso di specie (anche prescindendo dalle gravi anomalie del provvedimento di archiviazione, alle quali si farà cenno in seguito), si deve rilevare che una condotta informata al dovuto riserbo inerente al ruolo rivestito, avrebbe senz’altro suggerito maggiore cautela, tanto riguardo al rilascio dell’autorizzazione ad accedere agli atti a favore del giornalista, quanto riguardo al contenuto e ai limiti di tale autorizzazione.

    In particolare, il Magistrato avrebbe potuto quantomeno sentire le parti prima di procedere al rilascio della menzionata autorizzazione, che con certezza avrebbe comportato, conseguentemente, l’immediata pubblicazione del contenuto degli atti del fascicolo, essendone beneficiario un giornalista. Nonché avrebbe dovuto senz’altro procedere alla individuazione puntuale del contenuto degli atti non coperto da segreto bancario.

    Ciò tanto più deve affermarsi in quanto si trattava di vicenda che poteva avere un sicuro riflesso non soltanto sulla persona del Presidente di BCSM (di per sé già coinvolgente l’Istituto stesso), ma anche su altre persone e sull’Istituzione bancaria stessa, nei suoi organismi di vertice.

    La qual cosa, dunque, avrebbe richiesto una maggior cautela e un contraddittorio all’esito del quale soltanto, con provvedimento motivato, si sarebbe potuto, eventualmente, rilasciare l’autorizzazione a prendere visione degli atti.

    Ovviamente, tutto ciò contemperando doverosamente l’interesse al segreto con l’interesse pubblico ad informare ed essere informati, su fatti che riguardano un’istituzione di primario interesse per il Paese.

    In ogni caso, anche volendo ritenere che gli atti di un procedimento definito con archiviazione (ma senza che sia spirato il termine per il reclamo, peraltro) possano essere in linea generale pubblicabili, essendovi un segreto bancario, come lo stesso Commissario della Legge ha evidentemente ritenuto – escludendo dall’autorizzazione proprio gli atti coperti da tale segreto – è evidente che non poteva essere rimessa alla valutazione del richiedente quali atti fossero coperti da segreto, ma il Commissario avrebbe dovuto individuarli puntualmente ed espungerli dal fascicolo, evitando una situazione di indeterminatezza, idonea a ledere l’interesse connesso al segreto stesso.

    Ciò non è avvenuto, il che implica che si è verificata una significativa violazione dei doveri del Magistrato, il cui atteggiamento, come sopra si è tentato di mettere in luce non risponde né al dovere di integrità, né al dovere di adempimento ai doveri d’ufficio, zelo equanime, imparzialità e diligenza che dovrebbero guidare le proprie condotte.”

    Fine parte