San Marino. “Caso Titoli”: ammesse le nuove prove romane… Ma incredibilmente poi secretate. La mancata testimonianza di Maria Teresa Zonzini irrita i difensori di Bcsm

Enrico Lazzari

La documentazione che l’Avv. Filippo Cocco, difensore di parte civile nel processo 500/2017, più noto come “Caso Titoli”, ha prodotto un paio di udienze fa richiedendone l’ammissione agli atti dello stesso procedimento giudiziario, sono stati ammessi dal Giudice Vico Valentini.

Quindi, verrebbe da concludere, sono oggi pubblici è tutti i sammarinesi potranno conoscerne i contenuti… Invece no! Perchè -a mio parere inspiegabilmente (ma non sono un giurista quindi mi rimetto alla competenza giuridica degli addetti ai lavori)- pur accogliendo il materiale probatorio acquisito dal legale italiano di parte civile e dando, così, il via libera all’inserimento del medesimo nel 500/2017, ne ha disposto la secretazione.

Ma quali scottanti rivelazioni -vien da chiedersi alla luce (almeno per quanto mi risulta) dell’inusualità della decisione assunta dal Giudice- conterranno questi documenti, queste nuove prove trovate nell’immenso faldone degli atti (deduco ormai pubblici) relativi all’indagine che la Procura di Roma aprì a suo tempo per far luce sul famoso “caso Mascherine” cinesi, che vide indagato anche il sammarinese, ex direttore di Banca Cis, Daniele Guidi? Quali scottanti “verità” emergerebbero da questi atti che, nonostante ammessi in un procedimento ormai pubblico (il processo) i sammarinesi non hanno il diritto di conoscere già ora?

Sul fronte sammarinese non trapela nulla. A suo tempo, da fonti italiane, arrivò nulla più di una indiscrezione (leggi qui), ma esclusivamente sulla tipologia del materiale e nulla, neppure a “microfoni spenti”, sui contenuti ritenuti così delicati da indurre alla loro secretazione.

Se queste indiscrezioni “romane” trovassero conferma negli atti, fra questi ci sarebbe una registrazione audio o audio-video di circa un’ora, estratta dagli inquirenti italiani dalla memoria di un telefono cellulare in uso a Guidi e relativa ad un colloquio fra lo stesso ex Dg del CIS, l’imprenditore Marino Grandoni e il finanziere lucano Francesco Confuorti. Non è dato a sapere né il periodo in cui si sarebbe svolta né, tantomeno, il merito su cui si sarebbe articolata.

In ogni caso, il segreto non potrà durare ancora a lungo, visto che -essendo ormai agli atti- il merito diventerà parte del confronto pubblico in udienza fra accusa e difesa, nonché -probabilmente- oggetto di testimonianze. A meno che non decida di svolgere a porte chiuse le prossime udienze… Ma ciò appare inverosimile.

Intanto, ieri, l’attesa testimonianza di Maria Teresa Zonzini, dipendente di Banca Centrale dal 2004, oggi in pensione, non c’è stata. E ciò avrebbe -da quanto riecheggiava nei “corridoi” del Tribunale dei Tavolucci- indispettito non poco soprattutto i legali di parte civile della stessa Bcsm. La Zonzini, infatti, era attesa per una sorta di contro-esame dopo le pesanti dichiarazioni testimoniali rilasciate il 10 giugno scorso, ritenute -dalle stesse parti civili- infondate e fourvianti alla luce di altri atti e di testimonianze non conformi ala versione della stessa teste che potrebbe rischiare -si deduce- un esposto o una denuncia proprio da Banca Centrale a tutela della sua attuale Presidente, Catia Tomasetti. E non solo.

Al centro della “disputa” le affermazioni che la Zonzini ha fatto relativamente ad una vicenda chiusa per ben due volte sul fronte giudiziario, una addirittura dal Commissario Alberto Buriani (non certo “amico” della Tomasetti, viste le cronache recenti), senza rilevare irregolarità o reati: il famoso verbale del Condir (Consiglio Direttivo) di Banca Centrale del 31 luglio 2018 in cui il “cda” affrontò la tematica di un finanziamento liquidità da 8,5 milioni di euro da Banca Centrale a Banca CIS. Una vicenda doppiamente chiusa riconoscendo la piena legittimità dell’azione condotta dalla Presidente e che, però, ritualmente, riemerge ogni qualvolta come se la vicenda fosse ancora sospetta.

Ho detto doppiamente… Rettifico: “triplamente” chiusa alla luce di quanto si legge nelle motivazioni della “Sentenza-Saldarelli” di condanna in primo grado del Commissario Buriani e dell’ex Segretario del governo AdessoSm Simone Celli. In pratica ogni accusa ritualmente mossa all’indirizzo della Tomasetti relativamente ad una “falsificazione” del medesimo verbale, appare oggi pretestuosa, proprio alla luce delle due archiviazioni e di quanto evidenziato pure dal Giudice Saldarelli. Eppure, la Zonzini, dal banco dei testimoni, solo pochi giorni fa, rispondendo alle domande dell’Avv. Gianna Burgagni, difensore di Roberto Moretti, non ha mostrato tentennamenti nel sostenere una “verità” opposta a quella ormai giuridicamente acquisita, secondo cui nel momento in cui la Tomasetti intervenne per suggerire delle modifiche al verbale, questo non era un atto ma una bozza, e solo dopo l’approvazione -con le modifiche richieste e sopraggiunta all’unanimità del Condir- sarebbe diventato tale. Da qui l’insussistenza dell’accusa di falsificazione.

Ma questa è un’altra storia… Un’altra storia nella storia pertinente al procedimento giudiziario in corso che verte su tutt’altre questioni. Ma perchè quel verbale è tornato -o stato riportato attuale- nel “Caso Titoli”? Perchè in quella seduta del Condir del 31 luglio 2018, i consiglieri trattarono anche il caso dei titoli Demeter, nonché il finanziamento di 8,5 milioni a Banca Cis. E proprio su questo tema verteva la richiesta di modifica del verbale fatta dalla Tomasetti alla verbalizzante, Maria Teresa Zonzini. Nella bozza elaborata dalla stessa verbalizzante, si sanciva che il prestito al CIS andava autorizzato dal CCR, mentre il Cda -versione Tomasetti, poi “sposata” all’unanimità dai membri del Condir- avrebbe concluso che il CCR avrebbe dovuto soltanto prenderne atto. Per questa ragione, come ha ricordato nelle sue testimonianze la stessa Tomasetti, invitò tutti i responsabili di Bcsm -ma non si sa se sia stata ascoltata o meno in questo suo invito- a non deliberare nulla sul prestito, in attesa che il verbale fosse approvato e la giusta procedura da seguire definita.

E proprio in questo contesto, in questi giorni, si inserirebbero le presunte chat -gli “screen” di Whatsapp finiti agli atti di altri procedimenti giudiziari- in cui l’azionista di banca Cis Marino Grandoni “chattava” con un certo Nicola. Schermate, documenti la cui autenticità non è provata ma che hanno ricevuto una certa autorevolezza alla luce delle dichiarazioni rilasciate da Nicola Renzi (RF), all’epoca Segretario di Stato agli Affari Esteri e alla Giustizia del governo AdessoSm, nonché membro del CCR, che -sotto giuramento- non ne ha disconosciuto la fondatezza e autenticità.

In quegli “screen”, infatti, si legge: “Ciao Nicola -è il testo (testuale, senza correzioni)- volevo ricordarti e sottolineare che furbescamente il verbale del cda (si presume si riferisca al Condir di Bcsm; ndr) di ieri è stato modificato precisando che la delibera di approvazione e (è; ndr) condizionata a ratifica .. per cui se non ratificate noi siamo cotti .. bisogna che ratifichiate e poi vi incazzate con presidente e membri cda .. in particolare qui è stata deleteria la mazza”.

In realtà, da quanto si può dedurre, a “rallentare” -se fu realmente poi rallentato- il finanziamento liquidità al CIS fu la verbalizzante, che -nella bozza predisposta del verbale- affidò al CCR l’ultima parola sull’erogazione o meno del medesimo finanziamento da 8,5 milioni, quando in realtà il Condir, nella riunione del 31 luglio 2018, aveva previsto una semplice presa d’atto per il CCR.

Sta di fatto che nel 500/2017 tante diverse vicende si incrociano l’un l’altra, rendendo l’intero procedimento estremamente complesso e ampio… Già ora, ovvero senza conoscere il merito dei contenuti di atti -il, chiamiamolo, fascicolo “romano” prodotto dall’Avv.Cocco- ammessi al fascicolo processuale, ma incredibilmente secretati dal Giudice e tuttora tenuti nascosti ai sammarinesi…

Enrico Lazzari