San Marino. ARTICOLO COMPLETO. Caso Titoli, nel ricorso tutti gli elementi necessari al rinvio a giudizio per associazione a delinquere?

Leggendo l’ordinanza del Giudice Brunelli si individua un eloquente e pressante richiamo al lavoro di “indagine” fatto dai ricorrenti

Sul controverso “Caso Titoli”, affrontato ampiamente anche nelle conclusioni della Commissione parlamentare di inchiesta su Banca Cis e crisi bancarie, è tutto da rifare.

L’indagine è da rifare, o, meglio, da approfondire, come disposto lo scorso 10 giugno dal Giudice di Appello Penale, David Brunelli, su quasi tutta la vicenda ad eccezione del filone relativo ai titoli Demeter (titoli ad alto rischio presentati da Francesco Confuorti a Banca Cis per ottenere una linea di credito, poi ceduti a Banca centrale), dove risultano già rinviati a giudizio Lorenzo Savorelli, ex direttore di Banca Centrale, Filippo Siotto e Mirella Sommella, ambedue ex membri della vigilanza, Daniele Guidi, direttore generale di Banca Cis, Emilio Gianatti e Marco Mularoni, vicedirettori sempre di Banca Cis, con le accuse di “amministrazione infedele” e “bancarotta”, quest’ultima imputazione ascritta solo ai dirigenti di banca Cis.

Per Savorelli, Siotto e Sommella, ovvero per gli indagati con un ruolo in Bcsm, anche l’accusa di “rivelazione di segreto di ufficio”.

Era la seconda metà dello scorso gennaio quando il Giudice Inquirente Simon Luca Morsiani chiuse la lunga indagine sul “Caso Titoli” archiviando ben 10 dei 14 capi di imputazione e decretando l’assoluzione da ogni capo di imputazione di Marino Grandoni, Ugo Granata e Roberto Venturini, nonché il diradamento di ogni ombra sulla legittimità del comportamento, delle azioni condotte sia dall’italiano Confuorti che dell’ex presidente di Bcsm Wafik Grais, che pur “citati” nella relazione della Commissione parlamentare di indagine, non figuravano nell’elenco degli indagati.

L’archiviazione di 10 dei 14 capi di imputazione suonò, sei mesi fa, come una “smentita” degli esiti, delle conclusioni unanimi tratte nel lavoro parlamentare di inchiesta, che suscitò nel Paese una dibattito serrato e per certi versi “velenoso”, sia internamente che esternamente alla politica e al Palazzo.

Le inquietanti connivenze, le preoccupanti complicità della cosiddetta “cricca” -così veniva definito il gruppo di potere identificato dalla Commissione di inchiesta politica- vennero quindi smentite con l’archiviazione che, come noto, indusse sia l’Ecc.ma Camera, che Bcsm, Carisp e i soci di Asset Banca, a produrre una opposizione al “decreto Morsiani” di archiviazione dei 10 capi di imputazione, fra cui l’associazione a delinquere, la corruzione e la truffa.

Ma per “festeggiare” e sentenziare, quando c’è di mezzo la giustizia, è sempre bene attendere che ogni decisione, ogni atto, ogni sentenza diventi definitiva…

Così chi all’epoca dell’archiviazione “gioiva”, oggi “piange”; chi “brindava a champagne” oggi sorseggia un “calice amaro”. L’eventuale brindisi deve attendere ancora.

L’indagine si riapre e tutti gli indagati tornano automaticamente ad essere tali. Ora toccherà al Magistrato dirigente del Tribunale sammarinese, Giovanni Canzio, assegnare ad un magistrato inquirente diverso da Morsiani, il fascicolo di indagine. Con tutta probabilità sarà, essendo Roberto Battaglino oberato già di lavoro, la giovane Elisa Beccari a ricevere l’incarico di approfondire le indagini. Ma, anche in questo caso, è forse meglio attendere l’ufficialità dell’assegnazione.

La speranza è che, finalmente, con questo approfondimento di indagine, si faccia definitivamente chiarezza su vicende controverse come il commissariamento di Asset Banca, su cui nel decreto di archiviazione si evidenziava che non fosse stato possibile raggiungere “univoca prova della sussistenza, qualità e intensità dell’elemento doloso” e che, sull’accusa di corruzione, “gli sviluppi istruttori non hanno consentito di pervenire all’univoco rilievo della penale rilevanza della circostanza contestata”. Spiegazioni che suonano, ad un profano del Foro, come una sorta di archiviazione, “assoluzione” per insufficienza di prove. Prove che, però, oggi, all’indomani dell’ordinanza del Giudice Brunelli, la magistratura tornerà a cercare.

“In ordine ai vari capi di imputazione oggetto di archiviazione -scrive il Giudice dell’appello Penale- che risultano formulati sulla base di articolate denunce e sulla base di acquisizioni probatorie (si riferisce a quanto prodotto dai ricorrenti nell’atto di opposizione; ndr), il Giudice inquirente senza aver esperito gli atti di indagine puntualmente descritti dai ricorrenti, né aver assunto ulteriori iniziative istruttorie, si è limitato a prendere atto del tempo trascorso, fondando la decisione di rinuncia alla prosecuzione dell’istruttoria e, o, alla instaurazione della fase dibattimentale semplicemente osservando in via generale che non è stata raggiunta univoca prova della sussistenza, qualità ed intensità dell’elemento doloso”.

Dunque, traducendo il “legalese” -incomprensibile ai più- in “italiano corrente”, si evince che alla base della disposizione di riapertura della fase istruttoria, delle indagini per intenderci, c’è una palese critica alla motivazione che ha spinto il Giudice inquirente ad archiviare gran parte dei 14 capi di imputazione.

“Siffatta liquidatoria valutazione -aggiunge Brunelli- da un lato non tiene conto che ai fini della prosecuzione delle indagini e, o, dell’emissione del decreto di citazione a giudizio non occorre che risulti prova univoca della sussistenza dei reati contestati, essendo semmai rimessa tale valutazione” al processo.

“Dunque -e’ la conclusione dell’ordinanza- la motivazione a cui il Giudice affida la decisione” di archiviare “non solo è meramente apparente ma è anche per piu’ versi errata” e, il fatto che “non sarebbe stata raggiunta la prova univoca” dell’ipotizzato “disegno criminoso, per un verso appare fourviante” per per un altro verso “è illogica poiché di per sé non spiega la rinuncia all’approfondimento istruttorio e, o, dibattimentale” per ciascuna delle singole ipotesi di reato. “Occorre dunque -è la conclusione del Giudice delle appellazioni penali- riaprire l’istruttoria ed esaminare nel merito ed approfonditamente per ciascuno dei capi di imputazione le ricostruzioni probatorie proposte nei singoli atti di ricorso”.

Atti di ricorso che, vien da concludere alla luce di quanto si legge nelle motivazioni addotte dai ricorrenti, sembrerebbero presentare già da soli -ma ogni esito sarà certo solo alla conclusione di queste nuove indagini- gli elementi indiziari sufficientemente suffragati necessari per un un approfondimento ulteriore e dibattimentale, ovvero per un rinvio a giudizio e la conseguente istituzione di un processo.

Ma, in ogni caso, toccherà al nuovo giudice inquirente valutare concretamente e professionalmente gli elementi già acquisiti, non essendo scaduto il tempo per acquisirne altri…

Ma gli aspetti importanti di questa ordinanza sono tanti e travalicano il mero senso della decisione -solo apparentemente “ostile” agli indagati viste le pesanti e non necessarie citazioni sull’indeterminatezza dei capi di imputazione che rischiano di influenzare il giudizio di un eventale dibattimento- arrivando a toccare questioni più ampie come le problematiche strutturali dell’assetto giudiziario sammarinese…

Enrico Lazzari, La Serenissima