
Cinquantanove anni e sei mesi di reclusione. E’ questo il totale delle pene richieste dal Procuratore del Fisco, Roberto Cesarini, per 8 degli 11 imputati nel “500/2017”, il “Caso Titoli, mentre per tre di loro, Mario Fabiani, Emilio Gianatti, Roberto Venturini ne ha richiesto l’assoluzione, pur in determinati fascicoli di indagine con formula dubitativa.
Nel dettaglio, l’accusa ha richiesto per il finanziere lucano Francesco Confuorti e per l’ex Direttore Generale di Banca Cis Daniele Guidi le pene più severe… Ma vediamo nel dettaglio:
– 11 anni di prigionia per Francesco Confuorti;
– 10 anni di prigionia per Daniele Guidi;
– 8 anni di prigionia per Lorenzo Savorelli, ex Direttore Generale di Banca Centrale;
– 7 anni e 6 mesi di prigionia per Roberto Moretti, ex Direttore Generale di Bcsm;
– 6 anni e 6 mesi di prigionia per Filippo Siotto, ex membro del Coovig di Bcsm;
– 6 anni di prigionia per Ugo Granata, ex membro del Coovig di Bcsm;
– 6 anni di prigionia per Raffaele Mazzeo, ex membro del Coovig di Bcsm;
– 4 anni e 6 mesi di prigionia per Mirella Sommella, amministratore e commissario straordinario di Asset Banca
Si avvia verso la prima conclusione, verso la prima “verità giuridica” -ovvero la sentenza di primo grado che è attesa per la prima metà del mese prossimo- una vicenda giudiziaria e annosa, caratterizzata da non pochi colpi di scena, primo fra tutti l’archiviazione di ben 10 dei 14 capi di imputazione disposta dal primo giudice inquirente, Simon Luca Morsiani, poi “cancellata” dal giudice delle appellazioni, David Brunelli, in seguito ad un ricorso presentato da Banca Centrale, Cassa di Risparmio e azionisti di Asset Banca, tutti tre parti lese nella vicenda. I 10 capi di imputazione precedentemente archiviati, così, sono stati rinviati in istruttoria e l’indagine è stata affidata ai giudici inquirenti Elisa Beccari e Francesco Santoni, i quali nell’aprile del 2022 hanno terminato le loro indagine decretando il rinvio a giudizio degli imputati anche per ulteriori capi di imputazione, poi riuniti in un unico procedimento, il “caso Titoli” (500/2017 e riuniti) che vede 11 imputati, e una lunga serie di accuse come “rivelazione del segreto di ufficio”, “malversazione”, “amministrazione infedele”, “truffa aggravata ai danni dello Stato” e “interesse privato in atti d’ufficio”.
Secondo la tesi accusatoria, tutti reati legati ad un unico e preciso piano: favorire Banca Cis -riassumendo e semplificando all’estremo- ai danni di Stato, Banca Centrale, Cassa di Risparmio ed Asset Bank.
Eloquente, in tal senso -ovvero nel riassumere gli ambiti delle azioni contestate- il decreto di rinvio a Giudizio emesso nei confronti di Confuorti, al quale si contestavano “una serie di condotte finalizzate al medesimo disegno criminoso e poste in essere al fine di concorrere nel compimento di una pluralità di reati a vantaggio proprio, dell’istituto di credito Banca Cis (tra cui le aperture di credito da Bcsm e l’operazione Demeter), e in danno di altri istituti (quali Carisp e Asset Banca), ovvero tese ad ingerirsi in atti d’ufficio compiuti da Lorenzo Savorelli, Filippo Siotto e Mirella Sommella…”.
Dunque, il tutto, tutti i fascicoli riuniti nel “500/2017”, sono nelle conclusioni del Procuratore del Fisco fatti, reati non sé stanti, ma parte di un unico “disegno criminoso” che ha determinato un ingente danno non solo per le “vittime” specifiche come Carisp e Asset Bank, ma anche e soprattutto (come dimostrato dagli oltre 200 milioni di danni richiesti dall’Ecc.ma Camera) alle casse pubbliche e, quindi, al benessere di ogni singolo cittadino.
Alla luce della dura requisitoria del PF, torna alla mente il solito “arcano”. Come è possibile che gli imputati del “Caso Titoli” abbiano potuto asservire ai loro “bisogni” una delle più importanti istituzioni pubbliche di governance e vigilanza bancaria e finanziaria senza precise responsabilità del mondo politico, nel caso dei governi in carica nel decennio scorso, in particolare AsdessoSm -durante il quale il “disegno criminale” ha potuto fare i maggiori danni arrivando addirittura a liquidare “illegittimamente” -come riconosciuto da due sentenze amministrative- una banca (Asset) e mettere fortemente a rischio il futuro di un’altra (Carisp)?
Se queste responsabilità non fossero materia per la Magistratura -e personalmente dubito non possano esserlo, anche alla luce di precisi elementi emersi nel corso dei vari procedimenti giudiziari- cosa aspetta la politica a fare la sua parte, istituendo come primo punto della nuova legislatura una seria commissione consigliare di inchiesta mirata a fare piena luce, almeno, sulle responsabilità politiche di chi guidava il Paese negli anni più bui per il settore bancario e finanziario, per le casse pubbliche e per il Diritto e la qualità della democrazia della più antica Terra della libertà?
Enrico Lazzari