San Marino. Caso Vitaliano Esposito. TRATTATIVA STATO-MAFIA, le intercettazioni telefoniche tra Nicola Mancino e Loris D’Ambrosio

Nicola Mancino, ex Ministro degli Interni italiano

Il 4 novembre 2011 il gip di Palermo, Riccardo Ricciardi accolse la richiesta della Procura di intercettare gli ex ministri Mancino e Conso, poiché si temeva che gli stessi potessero contattare personaggi coinvolti nell’inchiesta per concordare una qualche deposizione “di comodo”.

Dal 25 novembre Mancino cominciò a sentire il consigliere giuridico del Presidente della Repubblica Loris D’Ambrosio, magistrato in servizio all’Alto Commissariato Antimafia insieme a Bruno Contrada e Francesco Di Maggio, poi al ministero della Giustizia sotto il ministro Martelli ai tempi di Falcone, fino a diventare vice-capogabinetto con il ministro Conso durante il governo Ciampi, di cui Nicola Mancino era ministro dell’Interno. In quelle intercettazioni Mancino chiedeva fondamentalmente una tutela da parte del Presidente della Repubblica[36].

In particolare, Mancino insisteva sulla possibilità che le indagini sulla Trattativa venissero tolte alla Procura di Palermo e trasferite a Caltanissetta, competente sulla strage di Via D’Amelio e sul depistaggio dei Processi Borsellino, semplicemente perché il 9 marzo 2012 il gip di Caltanissetta Alessandra Giunta aveva archiviato le posizioni dei politici nell’inchiesta sui depistaggi nella Strage di Via D’Amelio e quindi gli sembrava “più morbida”, benché la stessa gip avesse messo nero su bianco pesanti giudizi sulle loro condotte: “Tante amnesie di uomini dello Stato perdurano ancora oggi […] anche se il quadro, allo stato, non ci consegna alcuna responsabilità penale di uomini politici allora al potere[37].

Mancino, allarmato, chiamò nuovamente D’Ambrosio, che lo informò di aver parlato sia con il Presidente Napolitano che con l’allora Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso e che quest’ultimo sarebbe stato chiamato direttamente dal Presidente e che sarebbe stato coinvolto anche il procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito, che effettivamente il 14 marzo chiese le carte del decreto di archiviazione di Caltanissetta. Il giorno dopo Mancino lo chiamò, complimentandosi con queste parole: “Uè, guaglio’, ho letto che hai chiesto gli atti a Caltanissetta, bravo” ed Esposito rispose: “Sono chiaramente a sua disposizione, adesso vedo questo provvedimento e poi ne parliamo. Se vuole venirmi a trovare, quando vuole

Il 27 marzo Mancino preannunciò a D’Ambrosio una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica, di cui i due parleranno in una conversazione il 3 aprile, in cui il consigliere giuridico di Napolitano rassicurò l’ex-ministro sul fatto che il Quirinale si sarebbe mosso. Difatti, il giorno dopo il segretario generale del Quirinale Donato Marra trasmise al pg Vitaliano Esposito la lettera di Mancino, allegandovi la seguente nota a nome del Presidente[39]:

Illustre Presidente, per incarico del Presidente della Repubblica trasmetto la lettera con la quale il senatore Nicola Mancino [ND non era più senatore dal 2006] si duole del fatto che non siano state fin qui adottate forme di coordinamento delle attività svolte da più uffici giudiziari sulla cd. “trattativa” che si assume intervenuta fra soggetti istituzionali ed esponenti della criminalità organizzata a ridosso delle stragi del 1992-1993. […] Il capo dello Stato auspica possano essere prontamente adottate iniziative che assicurino la conformità di indirizzo delle procedure ai sensi degli strumenti che il nostro ordinamento prevede, e quindi anche ai sensi delle attribuzioni del pg della Cassazione […] al fine di dissipare le perplessità che derivano dalla percezione di gestioni non unitarie delle indagini collegate, i cui esiti possono anche incidere sulla coerenza dei successivi percorsi processuali. Il presidente Napolitano le sarà grato di ogni consentita notizia.

Il giorno successivo D’Ambrosio informò della lettera Mancino, leggendogliela al telefono e confidandogli che la paternità era di Napolitano in persona, che l’aveva concordata con il nuovo procuratore generale in pectore Gianfranco Ciani e con il sostituto Pasquale Ciccolo.

Il 19 aprile il nuovo pg della Cassazione convocò Pietro Grasso per parlare sia di come avocare l’inchiesta di Palermo sia di come normalizzarla con il famoso “coordinamento” con Caltanissetta e Firenze”. Dal verbale della riunione emerse che secondo il Procuratore Nazionale Antimafia non vi erano violazioni tali da poter fondare un intervento di avocazione[41].

Il 16 maggio i pm di Palermo interrogarono Loris D’Ambrosio, chiedendo conto delle telefonate con Mancino, in particolare di quella in cui sosteneva di aver assistito personalmente, nella primavera 1993 alla stesura del decreto che nominava Francesco Di Maggio (sprovvisto di titoli) vicedirettore del Dap. Decreto scritto non dalla presidenza del Consiglio né della Repubblica ma dallo stesso Di Maggio nell’ufficio di Liliana Ferraro al ministero della Giustizia. D’Ambrosio smentì davanti ai pm la ricostruzione fatta a Mancino, sostenendo che al massimo aveva potuto vedere una bozza di quel decreto.

FONTE: Wikimafia