La Procura meneghina vuole vederci chiaro su alcuni bonifici partiti verso il Lussemburgo: “Operazioni senza valida ragione economica” .
Nei giorni scorsi sono finiti in arresto i fratelli Magnoni, il cui nome fa rima con la finanziaria Sopaf. Una vicenda legata al gruppo Delta che è costata parecchio, in tutti i sensi, allo storico istituto di credito della Repubblica. Come i lettori ricorderanno, la cessione della quota Delta, in possesso della Sopaf, aveva generato uno scontro piuttosto duro con gli allora vertici della Cassa, l’amministratore delegato, Mario Fantini e il Presidente Gilberto Ghiotti. Di mezzo c’era la pretesa di un surplus per circa 15 milioni di euro.
Una storia fatta di accuse, minacce, registrazioni e un memoriale scottante. Di fatto, alla fine, la Sopaf annuncerà, l’8 gennaio del 2010, di aver incassato un certificato di deposito intestato alla Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino per un valore di 20 milioni di euro, maggiorato degli interessi. In una nota la stessa Sopaf ricordava che “gli impegni relativi agli ulteriori certificati di deposito, rappresentativi della rimanente parte del corrispettivo, pari a 35 milioni di euro, mantengono le scadenze, così come la commissione base pari a 15 milioni, dovuta in forza dell’accordo di advisory”. Pochi mesi prima, nel maggio del 2009, i vertici di Delta e Cassa di Risparmio erano stati arrestati dalla Procura della Repubblica di Forlì, e dopo 5 anni, nel gennaio di quest’anno, deciso il rinvio a giudizio per un processo che si aprirà il 15 ottobre 2014.
Nel board di Sopaf figura Giorgio Magnoni, Vice Presidente e Amministratore Delegato, che ricopre l’incarico anche di Consigliere di amministrazione, insieme al figlio Luca Magnoni, finiti poi agli arresti come i fratelli Aldo e Ruggero. Pesantissime le accuse: associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, truffa, appropriazione indebita e frode fiscale. Le fiamme gialle contestano una distrazione di oltre 100 milioni dal patrimonio della società e truffe, per un totale di 79 milioni di euro. Aldo e Giorgio Magnoni erano già stati condannati, nel luglio dello scorso anno, per truffa ai danni della Cassa di Risparmio di Ferrara. I magistrati milanesi stanno passando al vaglio anche le carte che riguardano la vicenda Delta-Carisp, per valutare il ruolo della Sopaf.
Passaggi bomba nell’ordinanza
Ed è proprio qui che emergono importanti novità. A pagina 53 della lunga ordinanza, si parla proprio della Cassa di Risparmio di San Marino. Secondo gli inquirenti italiani, la Cassa al periodo rappresentava il “polmone finanziario” di Sopaf che ne ha garantito la sopravvivenza. Risorse utilizzate per porre in essere operazioni finalizzate alla copertura di perdite, poi stornate in parte su società estere – “prive di valide ragioni economiche” – successivamente distratte dalla società in maniera parcellizzata. Il fatto che fossero passaggi assai oscuri – come dice l’ordinanza – lo testimonia il fatto che nei server Sopaf non vi fosse alcuna interlocuzione o trattative di tipo commerciale per la gestione dei finanziamenti o l’acquisizione delle quote. In particolare nella parte che riguarda le “distrazioni patrimoniali sotto forma di drenaggio di risorse finanziarie prive di giustificazione economica”, si legge: “ L’indagine ha origine da una rogatoria passiva del Tribunale di San Marino relativa alla controversa cessione della partecipazione di Sopaf in Delta S.p.a. alla Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino. Nel corso degli ultimi anni – prosegue l’ordinanza -, Cassa di Risparmio di San Marino ha pagato a Sopaf S.p.a. per questa operazione la somma netta di 60.7 milioni di euro costituendo di fatto il vero polmone finanziario di Sopaf. Gli accertamenti di tipo bancario eseguiti dalla Guardia di Finanza hanno consentito di ricostruire le modalità di impiego di questo enorme flusso di denaro. E’ stata richiesta agli intermediari Unicredit, MPS ed Intesa San Paolo la documentazione bancaria inerente i correnti su cui sono transitate le somme provenienti dal conto corrente n. ‘OMISSIS’ intestato a Sopaf S.p.A. presso la Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino. Nello specifico Sopaf S.p.a. ha trasferito in Italia nel periodo dal 7 gennaio 2010 al 30 giugno 2011 la somma di € 50.338.330.97 dal conto corrente acceso presso la Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino ai conti correnti accesi presso Unicredit, Banca Monte dei Paschi di Siena e Intesa Sanpaolo. Dal dettaglio dei movimenti finanziari contenuto nella annotazione di P.G. e riscontrabile nei documenti alla stessa allegati emerge che tali somme sono state in parte impiegate per porre in essere operazioni finalizzate alla copertura di perdite o finanziamenti preesistenti.
Sono state tuttavia rilevate anche operazioni prive di una valida ragio- ne economica, finalizzate al trasferimento di risorse finanziarie a società collegate alla famiglia Magnoni o a soggetti ad essa vicini”.
In particolare spicca un bonifico da un conto corrente acceso presso Mps inviato l’11-2-2010 e di euro 2.100.000 in favore di China Opportunity Lussemburgo: “sembrerebbe – si legge nel documento – che tale operazione riguardi un finanziamento erogato dalla lussemburghese a Sopaf per euro 17 milioni”. Un altro bonifico interessante è quello partito da un conto acceso presso Unicredit dal quale sono partiti il 12-1-2010, ben 2.701.521 di euro a favore di Emro Finance Ireland Limited con causale “corrispettivo interessi”. Si legge ancora nell’ordinanza: “Si tratta di movimentazione finanziaria priva di qualsiasi giustificazione economica”. E ancora: “Nelle annualità 2009 e 2011, Sopaf S.p.A., pur vantando crediti nei confronti della collegata, ha scelto di rinunciare a tali crediti incrementando il valore della partecipazione con conseguenti uscite finanziarie per saldare il debito in argomento; tale scelta sembrerebbe quindi finalizzata a dirottare risorse verso la collegata aggravando le tensioni finanziarie di Sopaf S.p.a.”. Si lascia ogni commento ai consiglieri sammarinesi, anche a quelli per i quali una commissione d’inchiesta su Carisp non sarebbe auspicabile.
David Oddone, La Tribuna