San Marino. C’è un Osservatorio del commercio e un Osservatorio dei prezzi, ma una politica dei prezzi dov’è? … di Alberto Forcellini

Un tempo la gente saliva sul Titano perché “costava meno”. La gente se ne andava carica di acquisti e i commercianti guadagnavano fortune. Poi qualcosa è cambiato, i prodotti sono diventati più cari, i turisti comprano meno e i sammarinesi hanno preso l’abitudine di fare i loro acquisti nel circondario. Sono state fatte campagne promozionali di ogni genere per mantenere i consumi dentro i confini, ma con poco successo perché l’inversione di marcia non si è mai avuta. Neanche con l’avvento della SMAC.

Se questo destava poca preoccupazione ai tempi della gallina dalle uova d’oro, con l’avvento della crisi si è capito quanto fosse importante far crescere i consumi interni per non abbassare il PIL. Eppure, parlare di una politica dei prezzi è stato sempre un tabù. E ora, che l’inflazione ha ricominciato a galoppare, mette a rischio stipendi e pensioni.

L’allarme è arrivato dai sindacati e dalle associazioni dei consumatori. Sul Titano i prezzi sono aumentati il doppio rispetto al circondario, denuncia la CSDL.

Non dovrebbero essere più bassi, visto che si paga meno monofase? Gli operatori commerciali obiettano che il costo del lavoro è più alto che in Italia e si mangia il differenziale fiscale. Per cui accade che anche nelle grandi catene commerciali lo stesso prodotto costi di meno fuori territorio.

Sappiamo che il prezzo di un prodotto segue precise strategie aziendali e scelte di marketing. In altri casi, segue la logica della domanda e dell’offerta, oppure quella della concorrenza. Sostanzialmente sono tre i fattori che muovono la formazione dei prezzi: fattori di impresa, di mercato e ambientali.

Le conseguenze della pandemia e poi la guerra hanno provocato l’inflazione da costi e l’inflazione da profitti (basti vedere i carburanti), un fenomeno che può essere combattuta attraverso una politica di controllo dei prezzi.

Il controllo dei prezzi, detto anche calmiere, consiste nel fissare mediante delle norme un tetto massimo per il prezzo di determinati prodotti. Il blocco normalmente riguarda anche i salari.  In passato il controllo dei prezzi è stato usato soprattutto in periodi di guerra o di carestie. L’esperienza ha dimostrato che spesso, in questi casi, si è venuto a creare un mercato nero, cioè un mercato non ufficiale nel quale i beni sottoposti a calmiere sono venduti a prezzi molto più elevati. Oggi però ci sono misure normative per impedire, o comunque ostacolare, certe pratiche distorsive.

Una nostra breve ricerca ha trovato in tema di commercio il Testo Unico del 2010 che istituisce un Osservatorio del commercio per monitorare sia la rete commerciale, sia l’andamento qualitativo della domanda e dell’offerta distributiva, e al contempo informare le associazioni di categoria sulle dinamiche del settore, nonché offrire indicazioni sui trend e gli scenari evolutivi. Tra gli altri compiti dell’Osservatorio, l’elaborazione dei dati forniti dall’Ufficio Statistica da utilizzare in sede di programmazione del settore commerciale, anche sulla base di un rapporto annuale relativo all’andamento delle tendenze del commercio e dei consumi. In un altro articolo viene invece specificata la natura dell’Osservatorio prezzi, che svolge analisi sull’andamento dei prezzi e delle tariffe nonché una funzione di indirizzo per contrastare il cosiddetto fenomeno del «caro vita» attraverso strategie di comunicazione finalizzate ad un’informazione statistica articolata. L’Osservatorio prezzi era stato istituito con apposita legge già dal 2004 e reso operativo nel 2006.

Nel 2010 fu realizzato un link su cui era possibile consultare l’elenco dei principali beni e servizi che rispecchiavano le voci di spesa più comuni delle famiglie sammarinesi, completo dei prezzi minimi e massimi rilevati in Repubblica, oltre alle variazioni percentuali rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Il tutto divulgato anche a mezzo stampa.

Insomma, gli strumenti ci sono, ma funzionano ancora? E soprattutto che potere hanno di incidere sui prezzi e, di conseguenza, sui consumi? C’è un problema sociale, come denunciano i sindacati, ma c’è un problema anche di immagine di Paese che, nonostante il differenziale fiscale, non riesce ad attirare consumatori esterni. A parte la benzina che, con la SMAC, è ancora concorrenziale, si potrebbe pensare anche ad articoli capaci di attirare l’attenzione del pubblico. I cosiddetti articoli civetta, secondo la tecnica promozionale comunemente usata nel mondo del retail in particolar modo dalle catene della grande distribuzione. Ovviamente, non deve trattarsi di prodotti che costano poco perché contraffatti (come talvolta accade). Se poi l’iniziativa fosse affiancata da una vera politica dei prezzi non solo sui generi alimentari, ma anche abbigliamento, accessori, elettrodomestici, strumenti tecnologici, e così via, sicuramente il beneficio andrà ai consumatori, ma molto di più al bilancio dello Stato.

a/f