Supermarket sempre più grandi, sempre maggiori possibilità di fare la spesa online con consegna direttamente a casa: le vecchie botteghe sono destinate a scomparire? Foto in bianco e nero di negozi scomparsi: macellerie, pescherie, verdurai, ma anche calzolai, barbieri, mercerie, latterie. Insegne secolari che ormai non si leggono più, quando si compravano gli spaghetti sfusi, il tonno sott’olio a peso, la fettina di cioccolata da mettere sul pane per le merende di lusso. Quando al bancone si poteva chiedere un pezzo di lardo, il grasso per gli scarponi o i chiodi da falegname.
Un mondo ormai praticamente scomparso. Il problema è che sono scomparsi anche i punti vendita in tutti i paesi, i borghi, le piccole comunità delle località circonvicine. Che erano attività commerciali, ma soprattutto di servizio e un punto di riferimento per la popolazione residente. Anche questa in continuo calo.
Lo spopolamento delle valli, denunciano in questi giorni alcuni quotidiani locali. Una diminuzione che supera il 15 per cento in alcune località della Valmarecchia, da Casteldelci a Pennabilli, Montecopiolo, Maciano, Sant’Agata Feltria. Lo stesso fenomeno, seppure con percentuali leggermente inferiori, sta avvenendo in Valconca, da Mondaino a Gemmano, Montefiore, Taverna, Santa Maria del Piano, eccetera.
Ci sono paesi dove non solo non c’è più la bottega, o la farmacia, ma neppure il bar. Troppo alti i costi di gestione con i recenti rincari, e troppo pochi clienti. Insomma, ci sono paesi in cui non si può neanche prendere un caffè.
Un simbolo dell’economia che si ritiene superato quasi ovunque, ma che invece rimane un baluardo contraddistinto dalle relazioni sociali e dalla solidarietà, prima ancora che dagli affari. Un modo diverso di fare commercio, quasi sempre a gestione familiare.
Poi i vecchi vanno in pensione, i figli lavorano in città e così spariscono giorno dopo giorno i piccoli esercenti. Si gonfiano i grandi centri commerciali, gli ipermercati e i supermercati. Chi può cerca di resistere, ma è troppo alta la concorrenza della grande distribuzione. Per favorire l’afflusso di folle di clienti, nascono tangenziali e parcheggi, si modifica (e si imbruttisce) il paesaggio. Il commercio ha cominciato a cambiare pelle a cavallo del millennio e dopo la pandemia c’è stata un’ulteriore accelerazione con gli acquisti online. Non si vendono solo prodotti alimentari ma la distribuzione su larga scala investe ormai ogni tipo di merce. Insomma, tutto quello che una volta si poteva chiedere in bottega, oggi lo si trova girando per spazi immensi, scaffalature che toccano il soffitto, decine e decine di negozi, scale mobili, ascensori e attrazioni di ogni genere. Ci si può fermare per cena, o un pranzo veloce, andare al cinema, lasciare i bimbi negli appositi spazi e fare shopping più agevolmente.
Basta guardare intorno a noi: da Morciano a Savignano, passando ovviamente per Rimini, supermercati e ipermercati stanno crescendo come funghi, in una competizione quotidiana all’accaparramento dell’ultimo cliente. Adesso la chiamano GDO, acronimo con cui si indica la grande distribuzione organizzata. È un segmento particolarmente importante del settore retail, altro termine tecnico per indicare le attività collegate alla vendita di prodotti o di servizi, da parte di un’azienda (detta retailer) direttamente al consumatore finale.
San Marino, anche in questo caso, è al passo coi tempi. Nonostante la ristrettezza del territorio, sono presenti tre importanti marchi della GDO, oltre a due marchi di discount alimentare, più altri marchi per la vendita di prodotti per la pulizia della persona e della casa. Hanno sedi praticamente in tutti i Castelli, perfino a Chiesanuova, tranne Montegiardino, che ormai non ha più neanche una piccola bottega. Punti vendita che portano avanti l’antica filosofia della bottega alimentare resistono ancora qua e là presso i centri abitati più popolosi. Magari trasformati in boutique dove è possibile acquistare prodotti selezionati di altissima qualità.
Ma anche la GDO si sta già trasformando, diventando sempre più digitale, coi banchi interattivi e gli scaffali verticali, nella logica per cui non è tanto il consumatore che cambia ma è il mercato che si trasforma. La prossima sfida è ridurre l’enorme massa di rifiuti e trovare dinamiche circolari per valorizzare ogni eccedenza. Non si parla solo di donare l’invenduto, ma di efficientamento energetico dei punti vendita, riduzione dei packaging e della plastica, migliore gestione dei rifiuti, ottimizzazione della logistica, salute dell’umanità in relazione a quella degli ecosistemi, riduzione degli sprechi e dei gas climalteranti utilizzati nell’ambito della refrigerazione. Tutte cose che i vecchi bottegai già facevano con pochi mezzi, senza bisogno di studiare inglese, né di conoscere la tecnologia.
a/f