San Marino. Chi ha orecchie per intendere, intenda – “Qui gatto… ci cova” la rubrica di David Oddone

“Virginia è stata assolta. Ancora una volta assolta. Adesso iniziate a rispettarla – scrive Alessandro Di Battista -. Per quattro anni è stata diffamata, dileggiata, calunniata. È stata colpita dal sistema politico e mediatico per non aver avallato le Olimpiadi di Malagò, Montezemolo e Caltagirone e dal fuoco amico partito da chi non sarà mai alla sua altezza, ma non vuole accettarlo”. Eh no, caro Di Battista. La Raggi non è stata colpita per non aver avallato le olimpiadi, ti sbagli di grosso. E’ finita in un tritacarne mediatico giustizialista del quale la tua e la sua forza politica, sono la massima espressione in Italia. Ma andiamo con ordine. Il sindaco di Roma Virginia Raggi è stata assolta in appello nell’ambito del processo sull’inchiesta nomine. Per chi volesse approfondire la vicenda basti cercare in rete. “Questa è una mia vittoria, del mio staff, delle persone che mi sono state a fianco in questi quattro lunghi anni di solitudine politica ma non umana. Credo che debbano riflettere in tanti, anche e soprattutto, all’interno del M5s”, ha detto la Raggi commentando la sua assoluzione, aggiungendo: “Ora è troppo facile voler provare a salire sul carro del vincitore con parole di circostanza dopo anni di silenzio”. Una storia che si ripete troppo spesso. Il giochino di impallinare chi è magari raggiunto da avviso di garanzia è vecchio come il mondo e ha trovato il suo apice nella prima Repubblica di tangentopoli. La clava giudiziaria è poi sempre stata agitata da una parte della sinistra per dimostrare una supposta superiorità morale rispetto alle altre forze politiche. La versione 2.0 di questo becero giustizialismo è arrivata con Grillo e la sua “honestà”. Ma chi di giustizialismo ferisce, spesso e volentieri di giustizialismo perisce. La Raggi ne è l’esempio più fulgido. E’ un difetto tutto italiano e purtroppo pure sammarinese quello di pensare che gli altri debbano essere puri e immacolati. Gli altri, sia ben chiaro. Perché se l’avviso di garanzia tocca i sedicenti duri e puri, quelli che fino a ieri puntavano il dito, allora non vale più la regola. La vicenda della Raggi insegna o dovrebbe insegnare ad essere maggiormente prudenti nei giudizi, cominciando a rispettare anche i diritti degli indagati/imputati e la stessa Costituzione, la quale afferma che nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva. E se proprio questo salto di qualità non si riesce a fare, si dovrebbe essere coerenti. Chi vuole essere giustizialista, lo sia fino in fondo per favore. E in caso di problemi col tribunale si faccia immediatamente da parte senza addurre scuse o distinguo. Poi se dopo anni o decenni risultasse innocente, si consolerà con la soddisfazione di gridare al mondo: “Visto? Io ve lo avevo detto”. La verità, cari signori, è che con la scure giudiziaria utilizzata pro domo sua si scrivono titoli di giornali e si fanno fuori avversari scomodi. In Italia come a San Marino. Dove si sindaca persino se qualcuno viene visto parlare con Gatti (lo riscrivo per sicurezza: Gabriele Gatti. No, non sono stato colto da un fulmine mentre pensavo e mettevo nero su bianco il suo nome). Però magari poi si tace sullo schifo emerso dalla relazione sul Cis, che è uno zuccherino rispetto a quanto emergerà nei prossimi mesi. Non ci credete? Ne riparleremo. Nell’auspicare – nuovamente – maggiore maturità da parte della classe politica nel giudicare chi finisce sotto processo, chiudo con un piccolissimo ma importante inciso. Chi come il sottoscritto è garantista, non ha certo l’anello al naso. Per essere chiari chi viene pizzicato con la pistola fumante in mano, deve finire immediatamente in galera. Ci sono situazioni e situazioni, reati e reati. Il garantismo non può e non deve diventare la foglia di fico per prendere tempo o tacere le proprie malefatte. Non solo: un conto sono i giudizi penali, un altro quelli politici o di opportunità. Per i primi è necessario permettere alla giustizia di fare il proprio corso. Gli altri possono essere tratti anche immediatamente. Si pensi – è un mero esempio – al presidente di una onlus che si occupa di minori al quale venissero trovate foto oscene nel pc e venisse accusato di pedofilia. Difficilmente, in attesa di sentenza, potrebbe e dovrebbe rimanere al proprio posto, anche alla luce del delicato ruolo che ricopre. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

David Oddone

Rubrica “Qui gatto… ci cova”