San Marino. Chi ha paura del confronto libero?…di don Gabriele Mangiarotti

Quello che mi stupisce, con un certo disappunto, è lo schematismo con cui a volte la comunicazione – che dovrebbe essere un servizio pubblico, e non una forma di potere occulto – tratta le notizie. Già ho espresso la mia perplessità di fronte a certe scelte, in particolare quella di dare rilievo solo a ciò che è «istituzionale», e questo per due motivi. Da un lato perché la vita è più ricca di quanto le varie organizzazioni o sigle comunicano, e dall’altro perché poi ci sono sempre tante e tali eccezioni che fanno pensare più a una velata forma di censura che a un autentico servizio.

Il dibattito culturale ha necessità di libertà, di magnanimità, di rispetto. E anche di quel poco di franchezza che sa denunciare quando «il re è nudo»! e, di fronte alle tante forme di potere, che può andare avanti nella indifferenza dei più, questo lavoro è sempre più necessario.

Credo, in particolare, che per quanto riguarda la vita e l’educazione, e soprattutto la responsabilità delle famiglie, sia necessario un sussulto di impegno e di vigilanza.

Basta pensare al silenzio (indifferente o complice?) di fronte a quello che è chiamato «consenso informato» nei confronti di un cammino educativo che affronta le questioni cosiddette eticamente sensibili. Non sono «tolte le castagne dal fuoco» da parte di chi indottrina i nostri ragazzi su tematiche come l’educazione sessuale (forse giustamente con pudore non si ha neppure il coraggio di chiamarla «educazione affettiva», capace di educare alla relazione e alla responsabilità). Spesso si pensa che qualunque tipo di informazione sia meglio che il nulla, senza però accorgersi che non siamo di fronte al nulla, ma a forme violente (quando non sconce) di indottrinamento. Cari genitori, non abdicate al compito e alla responsabilità grandiosa che vi è affidata: se la vita deve essere un «autentico e personale capolavoro», non lasciate in mano altrui questo impegno che vi compete e vi può esaltare.

E poi, per ritornare a un tema che mi è caro, perché il silenzio di fronte alla proposta di attuare la «culla per la vita», come segno che a noi la vita preme, è un bene intangibile, e saremo vicini a tutti e tutte coloro che la vogliono custodire, al di là delle inevitabili difficoltà?

Ma soprattutto perché quel silenzio di fronte a quanto la legge sammarinese prescrive, riguardo all’informazione sul numero degli aborti (sempre chiamati, con un escamotage linguistico IVG (interruzione volontaria della gravidanza)? Forse perché si dovrebbe ammettere che la legge crea costume? Che quello che si desidera non è la prevenzione o non è l’aiuto alle mamme in difficoltà ma proprio l’odio stesso alla vita?

Il confronto è sempre auspicabile e un bene per tutti. E gli steccati (ideologici o economici) sono da abbattere. E mi è di conforto ritrovare queste considerazioni di un maestro che riporta il pensiero del grande s. Tommaso d’Aquino a proposito del «bene comune temporale della città». Forse possono essere suggerimenti attuali, anche per la nostra grande e bella «Antica terra della libertà»

«La prima condizione deve assicurare la pace di tutti coloro che formano la comunità. Per questo, tutti gli individui e tutti i gruppi devono essere protetti nei loro diritti, in modo che si ottenga una comunità con un regime di vita stabile e armonioso, senza ingiustizie e asimmetrie irritanti.

La seconda, che tutti gli individui e i gruppi sociali strettamente uniti dal vincolo della pace, si impegnino nella comune impresa di raggiungere un alto livello di convivenza umana e virtuosa.

La terza, che tramite l’industria del potere pubblico e sotto la sua guida, tutti gli individui e i gruppi sociali raggiungano e abbiano a loro disposizione abbondanza di beni materiali, culturali e spirituali, che assicurino la pienezza di una vita virtuosa, degna dell’uomo, nel grado più alto che permette un determinato sviluppo culturale.

Questa somma di beni che costituisce il patrimonio di una società in un determinato momento è il frutto e l’effetto dell’aspirazione e della tendenza di tutti gli individui e gruppi sociali verso il bene comune immanente nella società.» (Julio Meinvielle, La concezione cattolica della politica, pp. 120-121)

C’è una storia nella nostra Repubblica che esalta questi principi e che deve sempre essere riconosciuta e imparata. Ricordiamo l’aforisma di Goethe: «Colui che non è in grado di darsi conto di tremila anni rimane al buio e vive alla giornata». Qui sono almeno duemila… e ne siamo fieri.

E se tra poco riscopriremo la storia dell’Arengo, avremo occasione di riconoscere che i Padri possono e devono continuare qui tra noi, e che educazione e politica con questa storia devono fare i conti. A meno che si preferisca il silenzio, ma questo non porta alla pace del cuore.

P.S.: Ho appena letto di quanto accade in Polonia nei confronti di un sacerdote, Padre Olszewski, che ha fondato una associazione che «si occupa principalmente di attività nel campo del culto religioso, attraverso varie forme di predicazione del Vangelo, utilizzando media moderni come radio, televisione e siti Internet, e promuovendo i valori cattolici nella società. I membri della Fondazione hanno intrapreso anche attività nel campo dell’istruzione, della formazione e dell’educazione, comprese azioni preventive nell’ambito della lotta alle cause della criminalità, sostegno alle persone in situazioni difficili, alle persone a rischio di esclusione sociale, alle persone socialmente escluse, alle persone vittime di reati, ai testimoni nei processi e ai loro parenti più prossimi…

Già mesi fa Zbigniew Ziobro, ex ministro della Giustizia che disponeva del … Fondo Giustizia, parlando di Profeto, ha detto che grazie a questi finanziamenti padre Olszewski “ha potuto fondare un grande centro con 45 stanze, 24 ore di assistenza quotidiana, per bambini e donne, vittime della violenza in tutta la Polonia. Beh, ma è gestito da un prete e un prete non ha diritto a fare questo. Deve essere distrutto, distrutto socialmente, deve essere distrutta la sua organizzazione e poi si può rubare ciò che ha costruito e magari regalarlo a qualche simpatizzante del partito al governo”».

Così viene riportata la notizia: «Nuovo atto della persecuzione politica-giudiziaria contro padre Micha? Olszewski e la Fondazione Profeto, costretta a chiudere dopo il blocco dei conti deciso dalla Procura polacca. Conti che si basavano non su fondi pubblici ma sulle offerte dei fedeli. Con la chiusura di Profeto, che si occupava di evangelizzazione e opere di carità, si compie così la vendetta del governo Tusk». [Wlodzimierz Redzioch]

Poi, nel ricordo mi sono venute in mente le parole che il PDCS ha espresso nei confronti della vittoria elettorale di Tusk: «Le recenti elezioni in Polonia, che si sono concluse con il trionfo della coalizione filo-Ue guidata da Donald Tusk, rappresentano senza dubbio un passaggio cruciale in grado di influire sugli equilibri dello scacchiere politico internazionale. Elezioni che offrono spunti di riflessione interessanti anche per la Repubblica di San Marino. La svolta polacca è indicativa di un sentimento diffuso tra gli elettori di tutta Europa, che con convinzione crescente dimostrano di preferire la politica del “fare”, della ragionevolezza e dei risultati tangibili e misurabili, a discapito di una politica incentrata maggiormente sul populismo, sul voto di pancia, sulla ricerca di soluzioni facili a problematiche complesse… Continuiamo dunque a lavorare, senza proclami altisonanti, senza dichiarazioni roboanti, … in linea con quel sentimento diffuso che emerge con chiarezza analizzando i risultati delle elezioni in Polonia.»

don Gabriele Mangiarotti