Scorrendo le pagine dei giornali delle ultime settimane, è molto difficile individuare un tema dominante, come è avvenuto in passato. Lo scorso anno, l’argomento in assoluto più ricorrente è stato il Covid e annesso lockdown. Un’estate più tranquilla, da quel punto di vista, ha portato in auge il tema della giustizia, con l’ex dirigente Guzzetta che un giorno sì e l’altro pure, scriveva ai giornali, sempre amplificato dalle opposizioni. In autunno e in inverno, è tornata in auge la pandemia e poi la campagna vaccinale. Tutto ciò, mettendo quasi in secondo piano problemi antichi e meno antichi sui centri di potere che hanno condizionato (non sempre bene, lo sappiamo) la politica, le istituzioni, la finanza.
Di poteri forti si parla indiscriminatamente a proposito di generi diversi, che denotano una varia articolazione degli elementi caratteristici della categoria. Ad esempio, ci sono gruppi d’interesse, schieramenti d’individui o imprese (sindacati, associazioni di consumatori, federazioni di produttori…) che uniscono le proprie forze per perseguire uno o più obiettivi comuni. La letteratura sul rapporto tra democrazia e gruppi d’interesse ha prodotto risultati contraddittori: da un lato, si sottolinea come la mobilitazione dei cittadini possa incentivare la consapevolezza del processo politico e favorire una più ampia partecipazione democratica; dall’altro, si evidenzia come la contrapposizione d’interessi particolari, spesso confliggenti, rischi di propiziare la disgregazione del tessuto sociale e promuovere un’inefficiente distribuzione delle risorse.
Pur essendo un paese piccolo, esempi di questo genere, a San Marino, ce ne sono a iosa. La faccenda si complica quando i poteri forti sono in mano alle lobbies. Il riferimento a trame inconfessabili che si sviluppano in una dimensione clandestina fa di questa incarnazione dei poteri forti un argomento potente (e facilmente abbordabile) per chi lo evoca. È stato uno degli argomenti più potenti della passata legislatura, spiegato dalla relazione della commissione banche nella legislatura vigente.
Nonostante lo shock provocato da quelle rivelazioni, sembra che le vicende poco chiare non siano racchiuse tutte lì dentro. Prendiamo le circostanze che si sono create in tema di TLC sulla società Netco: 6 milioni di euro pagati non si a chi, né per cosa. Lo stesso per il progetto Terna: altri 6 milioni pagati per qualcosa che non è stato mai fatto e, pare neanche progettato. Poi si capisce perché AASS non abbia più avuto quegli utili di bilancio che costituivano un tesoretto prezioso per lo Stato in termini di liquidità di possibilità di investimento.
Ma c’è anche Carisp, che per oltre tre anni è stata il fulcro di trame che l’hanno portata sull’orlo del fallimento. Quando finalmente il nuovo governo è arrivato al suo interno e ha messo mano alle situazioni più scabrose, la reazione è stata feroce. Come quando il chirurgo infila il bisturi dentro l’organo ammalato: le urla ancora continuano. Così è stato per Banca Centrale, tolta dalle grinfie degli “avvoltoi della finanza” e per BNS, inventata dal legislatore per dare una risposta alla voragine di debiti del CIS.
Senza nulla dire delle vicende che ruotano intorno alla figura del giudice Alberto Buriani, tornato ad esercitare il suo mestiere nonostante le pesanti denunce a suo carico. Al momento annullate. Non è un mistero che anche il tribunale sia stato uno dei centri di potere in grado di determinare ogni possibile scelta e decisione di ordine politico, economico e finanziario.
Come del resto avviene anche in altri paesi. I quali, però, essendo molto grandi, hanno mezzi e persone per diluire nel tempo e nello spazio qualsiasi eventualità. Insomma per “digerirla”. A San Marino invece, i rapporti verticali sono molto ravvicinati e certe vicende toccano anche la gente comune. Non solo, ma alla fine, i personaggi sono quasi sempre gli stessi, sempre ai soliti posti, con il rischio che certe situazioni distorte possano di nuovo verificarsi. Come succedeva in passato quando, bene o male, i centri di potere erano equilibrati e si assisteva ad un continuo turn over.
Si potrebbe obiettare che, comunque, ci deve essere una scala di comando. Evidentemente gli esempi di cui abbiamo appena accennato, si situano al di fuori della democrazia. Se fossero stati all’interno, in questo Paese o in un altro, qualcuno li avrebbe votati, dunque conosciuti e riconosciuti. Forse, li hanno votati lo stesso, non sapendo che si erano ben assestati dentro il sistema istituzionale, dominandolo.
Infatti, oltre che essere fuori dalla democrazia, un potere forte deve essere anche sopra la democrazia. Altrimenti non si capirebbe la condizione di ansia, timore e di astio che sembra coinvolgere certi personaggi e certe forze politiche che stanno facendo di tutto per far saltare gli equilibri attuali e tornare a fare quello che facevano prima.
Ovviamente, può sempre nascere un novello Hitler, ma il contesto storico, sociale e legislativo è talmente cambiato che non gli sarebbe più possibile creare un’altra Dachau.
a/f