San Marino. Ci vogliono le riforme, ma ci vogliono anche i soldi … di Alberto Forcellini

Spesso, i nostri desiderata non tengono conto né di due anni terribili di pandemia, né della situazione debitoria ereditata dalla XXX legislatura. E così, tutti col dito puntato verso le riforme che mancano e verso il debito pubblico. Altrettanto spesso, non si tiene conto di quello che è stato fatto proprio per sanare una situazione molto difficile, che avrebbe compromesso qualsiasi progetto di sviluppo.

La confusione che è stata creata ad arte per esclusivi motivi politici, non aiuta il cittadino a capire le dinamiche che hanno mosso le scelte dell’Esecutivo in un contesto condizionato dalle criticità di cui sopra, a cui si aggiungono le incognite della guerra che ha già comportato un alto tasso di inflazione. Ciò nonostante, i dati macroeconomici sono positivi, grazie alle ottime performances del settore industriale, alla disoccupazione sotto la soglia fisiologica del 3 per cento, e ad una liquidità dello Stato abbastanza soddisfacente.

Il primo elemento che non viene valutato nella sua portata, è la stabilizzazione di Cassa di Risparmio, che ora può tornare a fare attivo e che non pesa più come un macigno sul bilancio dello Stato, per via di quel 5 Ter inventato da Celli e dal suo governo.

Altro dato, molto ben spiegato in Consiglio, è che non si fa nuovo debito. Semplicemente si va a riformulare quello che era stato previsto dalla Legge di bilancio, all’articolo 3, in base al quale il governo è autorizzato a emettere debito pubblico in qualunque sua forma, titolo di Stato o altro, fino alla misura massima di 150 milioni di euro. Forse sarebbe bastato prevederne anche meno, visto il buon livello di liquidità

Questa cifra rappresenta il tetto massimo individuato anche dal Fmi per non superare la soglia di sostenibilità del debito. Va precisato che il prestito Cargill di 150 milioni, sul quale sono stati spesi fiumi di inchiostro, è stato opportunamente restituito alla sua scadenza, cioè a fine anno.

La previsione di bilancio va dunque a sostituire il “debito ponte” non a fare un “nuovo debito”. In quest’ambito si colloca l’emissione di titoli (50 milioni sui 150 indicati dalla legge) da destinare al mercato interno. Il che presenta un duplice vantaggio: uno, favorire il rientro di capitali grazie ad un tasso di interesse pari allo 0,80 per cento, che è più alto rispetto a quanto ora riconosciuto dalle banche sui risparmi dei correntisti; due, questo tasso di interesse è comunque più basso rispetto a quanto corrisposto sul fronte estero e quindi consente un risparmio nelle spese di bilancio.

Si tratta di uno strumento finanziario a “breve periodo”, a scadenza annuale, è stato spiegato in Aula. I titoli saranno collocati nel mese di maggio, con “pezzature piccole” per favorirne la collocazione.

La situazione debitoria e il costo degli interessi impongono un’attenta riflessione dalla quale deve scaturire una concreta programmazione finanziaria per mettere in sicurezza il Paese con l’obiettivo prioritario dell’equilibrio di bilancio. Saranno quindi fondamentali le riforme, in primis quella sull’IGR, che potrebbe prevedere un incremento delle entrate dai 20 ai 25 milioni; di pari passo deve andare avanti la riqualificazione della spesa, orientandone il percorso di ottimizzazione e di controllo.

Ma su tutto questo incombe l’ombra della guerra, che impone fin da ora un cambio di paradigma nell’approccio ai progetti di sviluppo. Ad esempio, si dovrà parlare e agire quanto prima in termini di approvvigionamento delle energie. Per San Marino sarà difficile puntare ad un’indipendenza industriale ed energetica viste le sue ridotte dimensioni, ma non è impossibile impostare ambiti di autonomia che consentano sia il risparmio, sia il controllo della spesa.

Nel reticolo di interessi mondiali non è semplice definire chi è destinato a guadagnare e chi a perdere dalla guerra, e San Marino non può certamente influire sulle dinamiche geopolitiche, ma può attingere dalle migliori esperienze altrui per modernizzare e abbellire il Paese, farlo diventare una meta turistica, specializzarsi in qualche attività imprenditoriale o di servizio in grado di attirare utenti esterni.

Al momento questo è un mero esercizio retorico da parte nostra, perché le scelte vere spettano al governo. Che ha già fissato un obiettivo preciso: il pareggio di bilancio per il 2024. Se non addirittura l’attivo. Il fatto che con le scelte finanziarie fatte in questo periodo difficilissimo siano in grado prima di tutto di non far cresce il disavanzo strutturale del bilancio, anzi di portare dei risultati, significa che siamo sulla buona strada.

a/f