San Marino. Ci vogliono prima le riforme per avere i soldi, oppure ci vogliono i soldi per fare le riforme? … di Alberto Forcellini

Sembra quasi un bilancio di guerra. Primo, perché si innesta sulle macerie lasciate dai precedenti governi, in particolare l’ultimo, connivente con quel progetto di default del Paese che emerge dalla relazione della Commissione d’inchiesta. Secondo, ma a pari merito, perché l’emergenza sanitaria ha fatto saltare senza alcun preavviso: idee, speranze, riforme e le proposte programmatiche del nuovo governo. Ovviamente, il testo andato in prima lettura nell’attuale sessione consiliare, non piace a nessuno, come tradizione. Critiche e appunti sono arrivati dall’opposizione, dalle associazioni di categoria, dai sindacati e perfino dalla maggioranza.

Dalle prime impressioni, emerge un fermo immagine sulla realtà contingente, che tratteggia situazioni impensabili fino a pochi mesi fa: imprese in difficoltà e conseguente aumento della CIG; calo dei consumi, conseguente all’imperativo: state a casa; azzeramento del turismo internazionale e nazionale, appena, appena mitigato da quel turismo di prossimità sperimentato durante l’estate. Va da sé che ci sono settori in grandissima difficoltà: dagli alberghi alla cultura allo spettacolo ai viaggi, con tutto l’indotto che generano. L’orientamento che sembra di aver colto è quello non dell’assistenzialismo (i famosi ristori proposti dall’Italia) ma quello della messa a punto di strumenti che possano aiutare le imprese a ridurre i costi, a diventare più competitive e, quindi, in sostanza ad essere accompagnate nella ripresa. Che arriverà sicuramente, ma non si sa quando perché i tempi della pandemia non rispettano né i tempi della politica, né quelli delle imprese. Anzi, è meglio stare pronti perché gli esperti parlano già di una terza ondata fin dall’inizio del prossimo anno.

L’introduzione dell’IVA, che il settore industriale invoca ormai da anni, dovrà aspettare. Ci vogliono i soldi per modificare il sistema delle imposizioni dirette, dicono in Consiglio, e adesso i soldi non ci sono. Invece si dovrà procedere in tempi abbastanza veloci verso la riforma delle pensioni, che ha uno sbilancio di 28 milioni annui. Ovviamente non è sostenibile anche in un’economia sana, ma sulle linee di riforma ancora non si sa quasi niente. Al sistema previdenziale si attacca quello sanitario. Anche qui l’eredità è molto pesante, perché invece della cifra prevista nel bilancio, si è speso molto di più.  Una ventina di milioni di euro in tre anni, che non si sa dove siano andati a finire perché miglioramenti nei servizi ospedalieri e nell’organizzazione generale, non se ne sono visti. Basti dire che San Marino si è accorto a fine febbraio che non aveva un reparto infettivi con stanze isolate. Ovviamente si è dovuto provvedere con urgenza, come per l’aumento dei letti di terapia intensiva. Sono costi, a cui vanno aggiunti quelli per le tecnologie, per il personale, per i farmaci, eccetera.

Il direttore generale Alessandra Bruschi già da qualche tempo ha manifestato la sua road map, che non parla solo di drastici tagli agli sprechi (tariffe professionali da 220 euro all’ora) ma anche di un controllo di gestione forte, che sappia misurare costantemente l’andamento della gestione aziendale, con report periodici mensili su dove avviene la spesa e su quanto si sta spendendo.

Poi ci sono le banche, vero buco nero dell’intero bilancio, sul quale il Segretario alle Finanze Marco Gatti ha anticipato: “In questo Pdl, l’esecutivo ha previsto con apposita e dettagliata norma un intervento macro economico sul settore bancario, rappresentato da un intervento strutturale su Cassa di risparmio di cui lo Stato è socio unico. Con l’articolo 2 si è individuato il progetto finanziario che prevede di elaborare operazioni di finanza, ovvero forme di valorizzazione degli attivi patrimoniali iscritti nel bilancio della Cassa, con la finalità di renderli fruttiferi, cedibili, liquidabili e negoziabili.” Si parla cioè di titoli irredimibili, anche detti bond senza scadenza, che piacciono alla politica ma che già hanno avuto le critiche del sindacato.

C’è chi l’ha descritto come un bilancio “tecnico” perché in questa sua prima stesura lascia le porte aperte a tutti i suggerimenti e ai correttivi derivanti dal confronto tra le parti, prima dell’approvazione definitiva tra una ventina di giorni. Ma questo è indubbiamente il primo documento politico di questa maggioranza, dopo quello sul debito estero, i famosi 500 milioni, diventati poi 300. Il dibattito è più che mai aperto, perché le tempistiche individuate dal governo sono state fermate dall’andamento dei mercati e adesso bisogna ricorrere a un prestito ponte. Oppure, come dicono alcuni esponenti politici, l’operazione si è fermata perché le riforme che possano dare maggiori garanzie agli investitori, non sono andate al di là degli annunci.

Ora, il problema non è di poco conto: per avere i soldi ci vogliono le riforme, oppure è vero che per fare le riforme ci vogliono i soldi? E qui cadiamo nell’illogicità del paradosso dell’uovo e della gallina: l’uovo non può esistere senza la gallina che lo ha deposto, ma anche la gallina non può esistere senza presupporre l’uovo. Sulla questione riforme, ognuno ha la sua scuola di pensiero. E così si rimane al palo. L’unica speranza che ci rimane è dunque quella di poter contare su una classe politica dirigente veramente motivata a sostenere il Paese e i suoi bisogni, che non si faccia costringere in quelle schermaglie di bassa lega e interessi spiccioli che hanno rovinato più di un governo; che abbia capacità, determinazione e perché no, un po’ di fantasia per superare questo difficilissimo frangente.

a/f