Prima il danno, poi la beffa. Doppia! “Miracoli” della giustizia sammarinese, già fortemente provata dagli esiti dell’inchiesta, dell’indagine, del processo del secolo, ovvero il “Mazzini”, dove la sentenza di secondo grado, definitiva in Repubblica sul fronte penale, ha smentito pressochè in toto le esemplari condanne del primo grado, emesse dal giudice Gilberto Felici, attraverso una valutazione dei fatti e delle norme che il Giudice di secondo grado, Francesco Caprioli, ha prodotto nella stessa sentenza quasi monopolizzata da assoluzioni e proscioglimenti.
Ma questa è un’altra storia, che ha fatto parlare tanto e, anche nell’immediato futuro, anche alla luce dei processi che vedono alla sbarra il giudice che, il “Mazzini”, lo istruì nell’entusiasmo generale.
Oggi, però, non parleremo del processo Mazzini, ma di una sentenza su un fatto molto più banale e, per certi versi, che non interessa direttamente una comunità ma un singolo. Un malcapitato cittadino ritrovatosi, per un errore del notaio -come riconosciuto da una precisa sentenza del giudice inquirente – inserito nel Bollettino dei Protesti.
Circa 10 ani fa, il nominativo del cittadino -personaggio assai “esposto”, e come tale ricco di “amici” e “nemici”, a tutti i livelli- venne indebitamente inserito nel bollettino dei protesti.
Archiviata la denuncia penale, perchè il giudice inquirente non ha ravvisato il dolo del notaio e del tribunale per l’errore di inserimento del suo nominativo, è stata avviata la causa civile per il risarcimento del danno.
Direte tutto bene, impossibile che possa perdere! Invece…
Avviata la causa civile dopo 11 anni dal pesante e delegittimante errore, arriva la prima sentenza civile, datata 17 agosto 2022.
E qui si evidenzia il primo aspetto controverso: potrà una vicenda banale come questa, penale prima e civile poi, durare 11 anni?
No… Non è accettabile che un cittadino debba aspettare 11 anni per ottenere o non ottenere risposta alle sue rivendicazioni. Figuriamoci la giustizia!
Ma l’aspetto più controverso non è la lentezza della giustizia sammarinese; l’aspetto più controverso -almeno dal punto di vista logico (non essendo un giurista non me la sento di cimentarmi nell’aspetto puramente giuridico di legittimità e fondatezza della stessa sentenza)- è la sentenza stessa emessa lo scorso 17 agosto dal Commissario della Legge Francesco Santoni.
Una sentenza, ricordo, civile di primo grado.
Ma vediamo che è successo, evitando volutamente nomi e cognomi dei protagonisti, per non distogliere attenzione dal vero senso di questo approfondimento -voglio sperare- prettamente “costruttivo”, finalizzato cioè a migliorare e a rendere la giustizia sammarinese più razionale e logica… Cosa, evidentemente, non scontata.
Deluso dalla archiviazione della sua denuncia penale, il cittadino -forte del netto e chiaro riconoscimento dell’errore del notaio- ha deciso di avviare una causa civile per ottenere il risarcimento del danno.
L’aspetto chiave dell’atto di citazione contro il notaio e l’Ecc.ma Camera è proprio contenuto in un documento emesso dallo stesso Tribunale, nella sua Sezione Penale. “Era proprio il Giudice Inquirente a certificare la sussistenza dell’errore in cui i pubblici ufficiali erano intercorsi”, si legge nella stessa citazione. Difatti, il giudice che ha svolto l’istruttoria penale ha scritto a chiare lettere: “Si ritiene evidente che nel caso in oggetto vi sia stata una erronea inclusione del nominativo nel Bollettino dei Protesti”. Ciò non bastò per istruire un processo poiché lo stesso inquirente individuò una condotta meramente colposa e non la volontà di ledere al prestigio e all’immagine del “protestato” per sbaglio. In sostanza sia il notaio che il tribunale avevano commesso un errore, ma non era voluto. E’ stato un mero errore.
Il palese e inequivocabile riconoscimento dell’errore, però, è un’ottima base su cui avviare una causa civile così da ottenere il risarcimento “di tutti i danni” subiti “da liquidarsi nella somma che sarà accertata in corso di causa, ovvero ritenuta di ragione in via equitativa, oltre alla rivalutazione per svalutazione monetaria nonchè agli interessi al tasso legale”. Il cittadino, per tramite del suo avvocato, aveva chiesto 25.000 euro per i danni morali, oltre al danno provocato dalla pubblicazione di mancati introiti nella sua attività per circa 200.000 euro.
A rigor di logica -ripetiamo, parliamo di razionalità e logica, non di conformità o non conformità giuridica della sentenza- l’esito parrebbe scontato: c’è stato un errore, è insindacabile che comparire erroneamente nel Bollettino dei Protesti comporti danni morali e sostanziali, ragion per cui ci deve essere un risarcimento.
Credo che su questo possiamo essere tutti d’accordo.
Invece, la sentenza del 17 agosto scorso non solo non riconosce al ricorrente alcun indennizzo o risarcimento, ma -incredibilmente!- lo condanna al pagamento delle spese e degli onorari dei legali del Notaio che ha commesso l’errore e dell’Ecc.ma Camera, a sua volta citata per l’errore imputato dal ricorrente al tribunale.
E ciò perchè, si legge nella stessa sentenza, “se la successione dei fatti è chiara, non vi sono prove sufficienti dei danni (patrimoniali e non) patiti” dal ricorrente.
“In mancanza di altri elementi istruttori utili -si continua a leggere- quali ad esempio affari non conclusi o altri eventi pregiudizievoli patiti dall’attore a causa della pubblicazione, si deve concludere che non è provata la sussistenza di un danno patrimoniale”.
Non appare logica la motivazione del rigetto dei danni non patrimoniali subiti dal cittadino.
Pur riconoscendo che “l’ingiustificato inserimento del proprio nome nel Bollettino dei Protesti possa causare un danno morale”, la sua “liquidazione richiede l’allegazione di elementi di prova utili a fornire indici che il giudice possa utilizzare per determinare l’ammontare di questo danno”. Prove utili che, secondo la sentenza, non sono state prodotte, ragion per cui il ricorrente non solo si è visto negare il risarcimento, ma è stato condannato a pagare le spese e gli oneri dei legali dei citati. Ma, vien da chiedersi, come si può provare un danno morale? Inscenando, forse, un -magari falso- tentativo di suicidio? Picchiando un conoscente al bar “pescato” a snocciolare il nuovo bollettino dei protesti?
La chiave, fra razionalità e irrazionalità, dunque, sta in una parola che si legge nella sentenza: “possa”.
Nella frase “possa causare un danno morale”.
Ma, qualcuno, chiunque, può non avere un danno morale, svegliandosi un mattino e ritrovando il suo nome -per un errore di un Notaio- nel bollettino dei protesti?
A mio parere no… Quindi un danno, magari quantificabile simbolicamente in un centesimo di euro, deve -a rigor di logica- esserci stato. E tale principio -sempre a rigor di logica- deve essere riconosciuto in una sentenza equa e razionale. O, perlomeno, logica.
Se la sentenza avesse riconosciuto ciò, le istanze del ricorrente sarebbero state fondate e, di certo, la stessa sentenza, non avrebbe potuto prevedere il pagamento delle spese e degli oneri alla controparte.
Alla fine oltre ad aver subito l’onta dell’indebita pubblicazione del suo nome nel bollettino dei protesti, seppur per errore riconosciuto chiaramente anche dai giudici, ora dovrà pagare una ventina di migliaia di euro per i compensi degli avvocati chi ha sbagliato (l’avvocato-notaio che ha commesso l’errore) e l’Avvocatura di stato che difendeva il tribunale.
Questo non è nemmeno lontanamente accettabile… E tutti sul Titano, oggi, rischiano di restare “mazziati” e “gabbati”…
Enrico Lazzari