In Europa hanno deciso che i lupi non sono più un problema di conservazione, ma di gestione politica. A maggio il Parlamento europeo ha approvato la modifica allo status della specie: da “strettamente protetto” a semplicemente “protetto”. Un voto pesante: 371 sì, 162 no e 37 astensioni (europarl.europa.eu). Poi, a giugno, il Consiglio dell’UE ha dato il via libera definitivo, lasciando agli Stati membri 18 mesi per recepire la decisione nelle proprie leggi (consilium.europa.eu).
Tutto bello sulla carta. Ma guardiamoci negli occhi: questa è l’ennesima presa in giro di Bruxelles. Ci raccontano che adesso sarà “più semplice” gestire la specie, ma sappiamo già che tra ricorsi ambientalisti, burocrazia infinita e governi pavidi, non cambierà nulla. E intanto i branchi crescono.
I dati ufficiali della Commissione parlano chiaro: nel 2012 si stimavano 11.193 lupi in Europa, nel 2023 sono diventati oltre 20.300. In parallelo, gli attacchi agli animali da allevamento hanno raggiunto cifre spaventose: 65.500 casi ogni anno (consilium.europa.eu).
Eppure, nonostante l’evidenza, la UE continua a navigare a vista. Ci sono scienziati – come Ettore Randi e Marco Musiani – che addirittura denunciano pubblicamente la mancanza di monitoraggi seri e di basi metodologiche per giustificare il declassamento (scienzainrete.it). Decine di associazioni hanno già presentato ricorsi alla Corte di Giustizia, accusando l’UE di aver scelto la politica al posto della scienza (ali.ong).
La LAV, per esempio, lo ha scritto nero su bianco: “Abbattere i lupi non riduce la predazione, è uno dei colpi più gravi alla coesistenza” (lav.it). Ma il punto è un altro: la UE ha rinunciato al suo ruolo di guida, preferendo una scorciatoia politica che non risolve nulla e scarica i problemi sulle comunità locali.
Mentre la fantastica Bruxelles si perde in cavilli, perchè preparatevi succederà questo con infiniti ricorsi, a San Marino la questione è già emergenza. Non parliamo di numeri su una tabella, ma di cani sbranati nei cortili, gatti uccisi davanti alle abitazioni, branchi avvistati vicino ai cimiteri e perfino dentro i centri abitati.
Basta leggere i commenti dei cittadini sui social per capire l’aria che tira: “Io li sterminerei i lupi”, “Una bella sfoltita non guasterebbe”, “Taglia da 10.000 euro a chi ne abbatte uno”. Non sono sfoghi isolati, sono il termometro di una paura diffusa, che cresce di settimana in settimana.
La gente non parla più di pecore o vitelli persi nei pascoli, ma della propria sicurezza a casa propria. E quando la paura entra nei giardini, allora sì che diventa una questione di ORDINE PUBBLICO.
Molti raccontano di aver perso cani e gatti nei propri cortili, davanti ai figli, nel giro di pochi secondi. Altri dicono che ormai hanno paura a far uscire i bambini la sera. Alcuni ironizzano amaramente: “Tra un po’ dovremo mettere le grate alle finestre non per i ladri, ma per i lupi.”
E in mezzo a tutto questo, ci sono cittadini che puntano il dito contro le istituzioni: “Aspettiamo che faccia male a un bambino per muoverci?”. Una domanda che pesa come un macigno.
In mezzo a questo silenzio assordante, c’è stato un solo uomo politico che ha alzato la voce: Il Segretario di Stato Federico Pedini Amati.
Le sue parole sono state nette: “Se succede qualcosa a un bambino, per me la caccia è aperta dal minuto dopo”. Non una boutade, non un’esagerazione, ma il riconoscimento pubblico di un rischio reale. Pedini ha chiesto censimenti seri e ha parlato senza ipocrisie di numero non più sostenibile di lupi sul Titano (corriereromagna.it).
A San Marino spesso la politica si nasconde dietro alle frasi fatte, basta guardare a cosa dicono – senza sapere nulla – dell’Accordo di Associazione UE, in questo caso Pedini ha detto ad alta voce quello che tutti pensano ma pochi osano dire, un po’ come ho fatto io sull’Accordo di Associazione UE, pur sostenendo questo esecutivo e maggioranza.
Per questo va riconosciuto: Pedini è stato l’unico ad avere il coraggio di affrontare di petto la questione lupi.
Il Centro Naturalistico Sammarinese, per esempio, ci ha spiegato che “si tratta di una decina di lupi” e che la loro presenza è “in equilibrio con l’ecosistema” (sanmarinortv.sm). Ma dieci lupi su 60 km², con branchi che si muovono vicino alle case, non sono un “equilibrio”: sono una pressione insostenibile.
La gente non vuole sentire parlare di “equilibri ecologici” quando trova il proprio cane sbranato davanti al portone o portato via senza più rivederlo, per sempre. Dopo i fatti del killer dei cani, dove la politica ha vergognosamente fallito, i cittadini vogliono sicurezza. E lo Stato ha il dovere di garantirla. IMMEDIATAMENTE.
La UE ha scelto la strada della politica. San Marino, invece, non può permettersi di aspettare i tempi biblici di Bruxelles, né per ora – finchè restiamo fuori dallo sciagurato ACCORDO DI ASSOCIAZIONE UE – ci interessa. Qui il problema è adesso. Qui ci sono famiglie che non si sentono più sicure, cittadini esasperati che invocano giustizia fai-da-te, e un clima sociale pronto a esplodere: si è già visto con l’Accordo di Associazione o con la Riforma IGR a che punto siamo!
Il Governo deve seguire la linea di Pedini Amati, ponendo da parte invidie e rancori personali: censimento immediato, prevenzione seria, misure di contenimento se necessarie. Non servono convegni o serate pubbliche, non servono parole zuccherate, serve l’assunzione di responsabilità.
San Marino ha resistito a imperi e guerre. Oggi rischia di piegarsi non davanti a un nemico esterno, ma davanti a un branco di lupi e all’inerzia della tanto odiata, da moltissimi, Bruxelles.
Io lo dico chiaro: o lo Stato si sveglia, o saranno i cittadini a svegliarlo. Ma allora sarà troppo tardi.
Marco Severini – direttore GiornaleSM