Il Decreto Sviluppo è il Decreto delle occasioni mancate… e dei tanti favori. O meglio, sarebbe stato, perché la maggioranza non è nemmeno riuscito a portarlo in ratifica entro i 90 giorni previsti dalla legge, dopo avere atteso 3 mesi prima di portarlo in aula e dopo aver mostrato di non avere minimamente raggiunto l’accordo al suo interno sulle misure da inserire nel Decreto. Ci si aspettava, una volta usciti dalla black list, una decisa scossa dal punto di vista dell’attrazione di investimenti, nuove imprese e nuova occupazione in territorio. Norme coraggiose per far ripartire l’economia e ridare lavoro ai nostri cittadini.
Invece ci saremmo ritrovati un Decreto con parametri molto difficili da raggiungere per la gran parte delle imprese che potevano essere interessate al nostro Paese. Almeno 5 dipendenti assunti, che diventano 8 per le imprese industriali più una fideiussione a garanzia di 300 mila euro, o l’acquisto di un immobile di pari importo; più una polizza assicurativa a copertura di sanità e assistenza per 2 anni: questi erano i requisiti da rispettare per poter avere la residenza.
Noi crediamo che il primo obiettivo oggi, prima di pensare ai grandi investimenti, in un momento di crisi come questo, debba essere quello di cercare di riportare imprese in territorio. Pur con tutte le garanzie per lo Stato contro eventuali abusi e senza pesare sul welfare. Ed anche i piccoli investimenti e le piccole imprese sono importanti.
Per questo abbiamo proposto una forma di residenza di tipo diverso, una residenza semplificata, da concedere a chi aprisse un’impresa in territorio occupando almeno 2 lavoratori sammarinesi o residenti, sottolineiamo sammarinesi o residenti. Altro requisito era la messa in campo di una fideiussione pari ad almeno 26 mila euro a copertura di crediti dello Stato o dei lavoratori e l’obbligo di stipula di una polizza assicurativa per prestazioni sanitarie e assistenziali. Solo dopo 10 anni di vita di questa impresa la residenza all’imprenditore si sarebbe dovuta considerare consolidata.
Avremmo ottenuto 3 risultati in uno: attrarre imprese e generare quindi entrate e indotto; generare occupazione di sammarinesi e residenti; non pesare in alcun modo sul welfare. Avendo poi garanzie per lo Stato e per i lavoratori che oggi non ci sono.
Ma la maggioranza ci aveva bocciato la proposta, rinviandola ad una futura legge. La politica del rinvio aveva colpito ancora! Peccato che così facendo l’asticella era rimasta molto alta e sarebbe stato davvero difficile attirare imprese in territorio.
Da sottolineare infine le solite “chicche” finali del Governo, le norme scritte sotto dettato, stavolta dettato da alcune categorie di operatori turistici.
Per loro, che già beneficiano di tutti gli investimenti a fondo perduto dello Stato sugli eventi, manifestazioni, pubblicità, ecc… erano previsti una serie di sgravi ad hoc: abbattimento dell’aliquota fino al 70% sugli utili reinvestiti in generici ampliamenti e ristrutturazioni delle imprese alberghiere e dell’ospitalità, quando per tutti gli altri è il 40%; benefici ridotti al 45% in caso che questi generici ampliamenti e ristrutturazioni non prevedessero incrementi occupazionali, quando per tutti gli altri è lo 0%; abbattimento dell’aliquota fiscale per un ammontare pari al 5% dei costi dell’energia e del gas consumato in tutto l’anno per quelle imprese turistiche che tenessero aperte tutto l’anno, in barba a tutte le dichiarazioni sul risparmio energetico e creando differenziazioni con altre imprese non turistiche; sgravi contributivi sui dipendenti per gli alberghi che tenessero aperti tutto l’anno o per i negozi che tenessero aperti d’estate in corrispondenza di eventi.
Alla faccia dell’equità, dell’organicità e della sistematicità degli interventi. Norme a caso scritte sotto dettato. Questo era lo sviluppo che aveva in mente il Governo.
Ma i 90 giorni son passati. Ora vedremo se questo ulteriore tempo per riflettere porterà consiglio o se continueranno, imperterriti, a giocare sulla testa del Paese e del suo (mancato) sviluppo.