San Marino. Consenso informato tra libertà di insegnamento e libertà di educazione … di Don Gabriele Mangiarotti

In Italia si è riacceso il dibattito sul «Consenso informato» richiesto ai genitori per quanto riguarda lezioni o incontri presentati dalla scuola riguardanti temi eticamente sensibili, come l’educazione sessuale e affettiva. Il riferimento è all’articolo 30 della Costituzione Italiana che dice testualmente «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio».

Giusy D’Amico, Presidente dell’Associazione «Non si tocca la Famiglia», così commenta: “Già nel 2018 una nota del MIUR riconosceva il diritto al consenso informato preventivo, ma tale indicazione veniva spesso ignorata da molti dirigenti scolastici. Oggi, con questo annuncio del Ministro, il diritto dei genitori viene finalmente sancito con chiarezza e forza di legge.”

 

Questo fatto ricorda quanto accaduto qui in Repubblica, proprio in seguito alla presentazione dell’Istanza d’Arengo sul medesimo tema che richiedeva «l’introduzione del consenso informato preventivo dei genitori al fine della partecipazione degli alunni e studenti alle attività curriculari ed extra-curriculari previste dai vari istituti scolastici di ogni grado, in particolare ove tali attività in ragione della loro sensibilità rischiano di mettere in discussione il ruolo primario della famiglia nell’educazione dei figli». Mentre l’istanza veniva respinta «con Voti Contrari 23, Voti Favorevoli 3, Astenuti 10, Non Votanti 2» si procedeva alla presentazione di un Ordine del Giorno che «impegna la Segreteria di Stato per l’Istruzione a continuare a far sì che, come fino ad oggi:

  • la programmazione delle attività didattiche ed educative curricolari di ogni ordine e grado di scuola sia disposta ed attuata secondo le modalità stabilite dall’art. 22 della Legge n. 21/1998;
  • le attività extracurricolari abbiano carattere volontario e, prima di essere adottate, siano, a maggior ragione, sottoposte alla valutazione di tutti gli organismi collegiali previsti dalle norme.»

 

Credo che sarebbe utile riflettere sull’argomento, superando schematismi e steccati, per potere rispondere alle esigenze tra l’altro affermate proprio nello stesso Ordine del Giorno ove si legge: «tenuto conto altresì del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, secondo il quale “lo Stato, nell’esercizio delle sue funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”».

 

Mi pare interessante sostenere nei fatti questa impostazione, cercando soprattutto di favorire quella creatività responsabile perché il diritto dei genitori si realizzi concretamente (e non sia solo affermato formalmente) dando luogo all’effettivo esercizio del loro compito educativo. Tra l’altro questa sinergia non paralizza la libertà degli insegnanti, che, come sappiamo bene, non è arbitrio autocratico, ma lavoro comune e costruttivo, come sa chi lavora da anni nella scuola di un paese libero, come tra l’altro riconosciuto da educatori che la nostra Repubblica si onora di avere ospitato (Ricordo il maestro Mario Lodi che scriveva: «In una scuola che avesse come fine la formazione integrale e senza traumi del fanciullo, la scelta del maestro, o meglio dell’indirizzo pedagogico, dovrebbe essere il primo argomento da discutere fra genitori e insegnanti all’atto dell’iscrizione. Invece non se ne parla nemmeno, come se la scuola fosse la proprietaria dei bambini.»)

 

In questi tempi, sembra che il cosiddetto mondo progressista senta con fastidio il riferimento alla famiglia, tra l’altro riportando a sostegno delle proprie affermazioni le azioni di famiglie fondamentaliste di quegli immigrati altre volte ritenuti una risorsa del paese, non tenendo in conto che la loro posizione culturale e religiosa non riconosce il valore assoluto di ogni vita umana (ma questo non è ciò che caratterizza la nostra cultura). Basta leggere quanto afferma, in Italia, Elisabetta Piccolotti , deputata di Alleanza Verdi e Sinistra e membro della Commissione Cultura alla Camera: «“Si tratta di una decisione ingiusta e pericolosa, che priva i giovani del diritto universale ad un’istruzione libera, pluralista e informata, indipendentemente dalla cultura o religione della famiglia d’origine” L’educazione sessuale e affettiva nelle scuole – si legge su Informazione Scuola – è riconosciuta a livello internazionale come uno strumento essenziale per promuovere la salute riproduttiva, prevenire la violenza di genere e contrastare gli stereotipi sessuali. In Italia, però, resta un terreno di scontro ideologico. “Valditara dovrebbe chiedersi – incalza Piccolotti – se i genitori di Saman Abbas , vittima di un delitto d’onore, avrebbero mai autorizzato la figlia a partecipare a corsi di educazione sessuale. Noi pensiamo di no. Ed è proprio per questo che lo Stato deve garantire questo diritto anche senza il consenso familiare.”»

 

La libertà di insegnamento va sempre coniugata con la libertà di educazione, senza paura, e così si potranno risolvere tanti conflitti ed evitare abusi, grazie al cielo non molto presenti, ma soprattutto si renderà proprio la scuola quel luogo umanizzante e aperto a un futuro di libertà responsabile. Potremmo sempre chiederci: «Chi ha paura della libertà?» e paragonarci con le importanti affermazioni contenute nelle nostre leggi: «la Legge 21/1998, all’art. 1 stabilisce che “il sistema di istruzione e di formazione, la famiglia e gli altri soggetti con valenza formativa, collaborando secondo il principio di sussidiarietà e nel rispetto di ciascun ambito e dei doveri propri di ciascuna istituzione, tutelano e promuovono la crescita della persona e lo sviluppo delle sue capacità e attitudini, per un inserimento attivo e responsabile nella società”, e all’art. 4 che “la scuola promuove forme di collaborazione e di dialogo con le famiglie,

riconosciute come primo ambito di esperienza educativa della persona, in modo da

favorire un percorso formativo rispettoso dell’esperienza degli alunni…”».

 

don Gabriele Mangiarotti