San Marino. Cop 27: sull’ambiente e i cambiamenti climatici, le promesse non servono più … di Alberto Forcellini

Ogni tanto, anche la politica dei “grandi” si accorge dell’ambiente e dei danni a livello mondiale. Se ne parla da domenica scorsa alla COP 27 di Sharm El-Sheikh. Ma senza la presenza di Cina, Russia, India, indicati tra i Paesi maggiormente inquinanti in tutto il mondo.

Ormai tutti sanno che l’acronimo COP sta per Conferenza delle Parti. Le “parti” sono i firmatari della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), un trattato del 1994, composto da 197 parti (cioè 196 paesi più Unione Europea). Un’adesione quasi universale. Un anno dopo, nel marzo 1995, si tenne la prima COP a Berlino, in Germania.

Dopo la COP26 di Glasgow e i suoi “accordi insufficienti”, quest’anno si cerca di accelerare l’azione verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi (2015) e della Convenzione quadro delle Nazioni Unite.

Il dibattito corrente si intreccia ormai alla fine di un anno che ha visto inondazioni devastanti e ondate di calore senza precedenti, gravi siccità e tempeste formidabili, tutti segni inequivocabili dell’emergenza climatica in corso. Allo stesso tempo, milioni di persone in tutto il mondo stanno affrontando l’impatto di crisi simultanee di energia, cibo, acqua e costo della vita, aggravate da gravi conflitti e tensioni geopolitiche. In questo contesto avverso, alcuni Paesi hanno iniziato a bloccare o invertire le politiche climatiche e hanno raddoppiato l’uso di combustibili fossili, aggiungendo danno al danno.

La COP27 si svolge anche sullo sfondo dell’ambizione inadeguata di ridurre le emissioni di gas serra. Secondo il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, le emissioni di CO2 devono essere ridotte del 45% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2010, per raggiungere l’obiettivo centrale dell’accordo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi Celsius entro la fine di questo secolo. Ciò è fondamentale per evitare i peggiori impatti dei cambiamenti climatici, compresi siccità, ondate di caldo e uragani.

Ma gli sforzi rimangono insufficienti. E questo dà ragione a Greta Thunberg, che non è andata a Sharm perché si tratta solo di greenwashing (ecologismo di facciata). Cioè promesse mai mantenute. Infatti, dalla COP26 di Glasgow, solo 29 paesi su 194 si sono fatti avanti con piani nazionali più rigorosi.

È difficile rendersi conto di quanto l’ambiente sia degradato e sofferente, stando dalle nostre parti. Eppure, il meraviglioso spettacolo paesaggistico che si può apprezzare dal Pianello, con campi e boschi di un verde smagliante, il sole ancora tiepido, il cielo limpido sgombro da nubi, è un segnale forte di qualcosa che non va. Siamo a quasi a metà novembre: la nebbia agli irti colli è ormai solo un pallido ricordo letterario della nostra fanciullezza. Se non piove neanche a novembre, o piove troppo poco, come sarà la prossima estate?

Caldo e siccità: questi sono i principali sintomi di un cambiamento climatico che sta sconvolgendo tutto il pianeta. Fattori a cui spesso si accompagnano eventi metereologici disastrosi e imprevedibili, come le famose bombe d’acqua, il crollo dei ghiacciai delle Alpi, lo svuotamento di laghi e fiumi, l’innalzamento del livello del mare. Ancora ce ne accorgiamo appena e vi prestiamo poca attenzione, ma i fenomeni sono paurosamente in corso. Nel frattempo, ci sono specie animali e vegetali che rischiano l’estinzione, mentre se ne stanno affacciando altre di natura subtropicale.

Circa 60 milioni di anni fa, l’Antartide aveva temperature fino a 10 gradi centigradi, il suo terreno era coperto da boschi di conifere e dalla tundra. Le ricerche scientifiche hanno portato alla scoperta di fossili di animali che sono stati classificati come gli antenati dei dinosauri. Solo in seguito al raffreddamento, durato 37 milioni di anni, il continente si è trasformato nell’immenso deserto di ghiaccio attuale. Oggi, con l’aumento dell’anidride carbonica nell’aria, si sta invece assistendo al processo inverso: i ghiacci si ritirano e l’Antartide potrebbe tornare a essere verde. L’aumento delle temperature registrato nel continente antartico negli ultimi decenni è ben sei volte superiore a quello del resto del mondo.

Questo per dire che i cambiamenti climatici sono sempre esistiti e hanno contribuito a creare il mondo che oggi conosciamo. Ma c’è una grande differenza tra i cambiamenti avvenuti nelle diverse ere geologiche rispetto a quelli attuali, che sono repentini e devastanti, perché causati dall’inquinamento e dall’eccesiva antropizzazione degli ambienti.

Quello che oggi la gente chiede ai “grandi” riuniti a Sharm El-Sheikh è solo un’azione credibile in termini di prevenzione e della correzione alla fonte dei danni causati dall’inquinamento, nonché tanta determinazione sul principio “chi inquina paga”.

a/f