San Marino. Cosa manda a dire il referendum alla politica? Che uno Stato laico deve fare una legge laica … di Alberto Forcellini

Era il 1865 quando il Consiglio Principe e Sovrano deliberò la pena della prigionia per le donne che avessero praticato l’aborto. Era un altro mondo, che non riconosceva i diritti delle donne (anzi, si dubitava ancora che avessero un’anima), né tanto meno si riconoscevano i diritti civili. La donna non era padrona dei suoi beni dotali, non era ammessa in chiesa durante la quarantina (i 40 giorni dopo il parto) perché era impura, non riceveva un’istruzione se non in qualche famiglia ricca e nobile, nella sua vita passava dalla proprietà del padre a quella del marito o a quella di Cristo. Il massimo della considerazione era: vivandiera o puttana. In ogni caso dedita a soddisfare gli appetiti dell’uomo a tavola, o a letto. Irrimediabilmente puttana se rimaneva incinta.

Per fortuna, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, eppure c’è ancora molta strada da fare. Bisognerà aspettare probabilmente il 2022 per avere una legge che accolga e rispetti il quesito referendario, che non si inventi complicati marchingegni per “affermare la cultura della vita” e lasciare la donna nel suo inferno millenario.

La cultura della vita è un patrimonio comune di tutta la collettività, non solo di qualche beghina. Nessuno coltiva la cultura della morte, ma sono tanti, tantissimi, quelli che coltivano la cultura della libertà, dei diritti civili, dell’autodeterminazione. È questo che manda a dire il popolo sammarinese con il risultato referendario. Cosa che sembra non aver capito il vice segretario PDCS, in evidente difficoltà, quando commenta in diretta tivù: è una sconfitta per il Paese.

Ci risparmiamo il commento perché l’ha fatto seduta stante Rosa Zafferani, UDS, già autorevole esponente di quel partito, dove ha ricoperto anche la carica reggenziale: “Penso che la DC debba riflettere attentamente su questo risultato, su cosa avete sbagliato, perché in questo esito ci sono anche i vostri elettori. È un dato su cui dovrete riflettere anche per quanto riguarda la vostra azione futura, quando si andrà a fare una legge, altrimenti la vostra politica sarà fallimentare”.

Cosa si aspetta quindi il Paese? Una legge laica, perché il Paese è laico e lo Stato è laico, al di là di ogni credo personale. Si aspetta che le tre leggi attualmente in giacenza in Consiglio non diventino terreno di scontro tra le forze politiche, che non ci sia la corsa a chi vuole mettere la bandierina più in alto, che ci sia la vera condivisione sull’interesse comune. Se si rispetteranno queste premesse, sicuramente si troverà una maggioranza trasversale in grado di approvare la legge, così come si è trovata una maggioranza trasversale nel Paese.

Il Paese si aspetta che l’IVG sia contemplata all’interno dei servizi sanitari in maniera gratuita, che sia individuato un pool di medici in grado di assistere la donna in tutte le sue necessità, e anche nei suoi dubbi, mettendola al riparo dagli obiettori di coscienza (che comunque ci saranno e che vanno rispettati), ma anche dalle grinfie della galassia di associazioni che vorranno intervenire a qualche titolo.

Lo ripetiamo, l’IVG dovrà essere un servizio dell’ISS. E basta. Perché questo è uno degli scopi del quesito referendario. Poi se le persone, individualmente e per loro libera scelta, volessero avvalersi dei consigli o del supporto di qualche associazione di volontariato, sta nelle loro facoltà.

Insomma, San Marino che è arrivato con colpevole ritardo a questa scelta democratica, ha l’occasione di fare una legge all’avanguardia, seria, matura e autorevole, che rispetti davvero la volontà dei cittadini e traduca in norma una vittoria storica delle donne.

Infine, non dimentichiamo che l’accoglienza della vita passa anche attraverso le politiche familiari, della casa, del lavoro, delle infrastrutture di servizio. Da fare ce n’è per tutti. Basta averne voglia.

a/f