Viva l’estate, che porta via lo spauracchio dei contagi, della malattia, dei decessi. Ma se il Covid per il momento sembra debilitato (non debellato, sia chiaro), sulla scena sanitaria mondiale si è affacciato da poco il Monkeypox virus, o vaiolo delle scimmie.
Anche questa è una patologia zoonotica, ovvero trasmessa dagli animali all’uomo (principalmente roditori), causata da un virus appartenente alla stessa famiglia del virus del vaiolo umano (orthopoxvirus), ma molto meno contagioso. La malattia è endemica in alcune regioni dell’Africa centrale ed occidentale, ma fino ad oggi non era stato registrato un così alto numero di casi al di fuori del continente africano. Al momento non è ancora stato chiarito quale sia stata la modalità di infezione dei casi indice identificati in Europa (le autorità sanitarie stanno svolgendo in tal senso un intenso lavoro di ricerca).
Il vaiolo delle scimmie non si trasmette facilmente tra le persone: vie di trasmissioni riconosciute sono il contatto con fluidi corporei di persone infette, il contatto tra cute lesa/mucose e lesioni vescicolari dei malati, attraverso la via respiratoria (droplets) ma solo a seguito di un prolungato contatto diretto faccia a faccia, rapporti sessuali, ed ancora attraverso oggetti e vestiti contaminati (il virus infatti resiste molto a lungo alla disidratazione, anche per mesi).
Esistono cure o vaccini? Contro il vaiolo delle scimmie esistono farmaci antivirali di recente approvazione, come il Tecovirimat, che blocca la trasmissione cellulare del virus e che funziona anche contro il vaiolo (malattia che fortunatamente abbiamo già eradicato). C’è già a disposizione anche un vaccino a virus attenuato approvato negli USA, destinato finora alle persone almeno 18enni, con HIV o altre compromissioni immunitarie.
I casi di vaiolo delle scimmie aumenteranno? Purtroppo è una prospettiva su cui concordano tutti gli esperti, anche se non c’è nessun allarme per il momento. La vaccinazione contro il vaiolo, in Italia, è stata sospesa nel 1977 e abolita nel 1981. I vaccinati contro il vaiolo sono resistenti e sono coperti anche contro il Monkeypox virus. È come se ci fosse di fatto un’immunità di gregge e siccome questo virus ha un indice di trasmissione bassissimo, basta anche una percentuale relativamente bassa di persone protette per bloccare la trasmissione. Chiaramente più passa il tempo e più il rapporto tra vaccinati e non vaccinati diminuisce, poiché aumentano le generazioni non protette.
Infatti, i numeri stanno diventando importanti. Se mettiamo insieme i casi confermati con i sospetti, sono 400 in poche settimane in 25 Paesi del mondo. La diffusione del contagio è ormai globale. In pratica tutti i Paesi evoluti dal punto di vista sanitario hanno riportato dei casi e chi ancora non l’ha fatto, lo farà a breve.
“Sul vaiolo delle scimmie sicuramente stiamo vedendo la punta dell’iceberg” avverte il virologo Fabrizio Pregliasco, docente all’università Statale di Milano. “In questo momento è fondamentale, senza allarmismi, parlarne e riuscire a circoscrivere l’incendio finché è piccolo. Se lo faremo, credo che nell’arco di un mese o due in Italia potremmo avere un centinaio, massimo qualche centinaio di casi. Se invece non ne saremo capaci, nello scenario peggiore, i casi potrebbero arrivare a qualche migliaio”.
È chiaro che moltissimo dipende anche dalla responsabilità dei singoli, in termini di comportamenti e di segnalazione di eventuali sintomi dell’infezione. Non siamo ancora al tracciamento e alle quarantene per i contatti, ma l’esperienza con il Covid induce tutti a consigliare molta prudenza.
A tal proposito, la situazione pandemica attuale, in Italia e a San Marino, è in continuo miglioramento e permette di intravedere la luce in fondo al tunnel. Sappiamo che il Sars-CoV-2 man mano diventerà endemico: l’auspicio è che diventi simile all’influenza stagionale per la maggior parte delle persone e che l’impatto sia minore con la popolazione sempre più immunizzata.
Non è detto, però, che sparirà a breve dalla nostra vita o che non produrrà picchi stagionali. Prevedere con certezza gli scenari futuri è difficile. Pensare che il virus sia sconfitto è un errore da non commettere, perché potrebbe costarci caro il prossimo autunno-inverno. Non a caso, a San Marino, il gruppo per le emergenze sanitarie continua le sue riunioni periodiche per cercare di prevenire quanto più possibile le eventuali criticità.
a/f