In queste settimane sospese, in cui tutti aspettiamo qualcosa, le persone cercano una normalità che si erano illuse di aver ritrovato, e lo fanno con la paura del futuro. A differenza di quello che era accaduto prima dell’estate, quando era sembrato che il Paese si stringesse intorno alle sue istituzioni e alla forza che emanava una comunità unita, il clima che si respira in questi giorni a San Marino appare assai più deteriorato.
Il malcontento, la sfiducia, la rabbia si sono diffusi con la stessa rapidità del virus. Anche qui, naturalmente, ci sono livelli diversi di contagio: dietro quelli che gridano, ce ne sono molti altri (gli asintomatici) che la preoccupazione e la disillusione se la portano dentro.
Ad essere sul banco degli imputati, in questo processo virtuale, è naturalmente il governo. Abbiamo dunque un colpevole da lapidare? A farne dubitare è la prova offerta, a sua volta, dall’opposizione. I leader di Libera e Repubblica Futura raccolgono lo scontento e lo fanno proprio. Ma, quando si va a vedere nel merito quali sono state, in questi mesi, le loro proposte, si constata che esse hanno oscillato da un estremo all’altro, come se fossero ispirate più alla necessità di far sentire la propria voce critica nei confronti del governo che non a una coerente progettualità. Si urla più sul metodo che non sui contenuti. Ed anche per quelle poche rivendicazioni su cui l’opposizione è stata schierata univocamente, è difficile rimpiangere che non siano state prese in considerazione.
La colpa di tutto, allora, è della classe politica nel suo insieme? Ancora una volta, si tratta di una risposta troppo semplice e troppo comoda, anche se molti se ne accontentano e la traducono in slogan qualunquisti. La verità è che anche i sammarinesi, come molti altri cittadini europei, nel loro complesso, hanno sottovalutato la minaccia. Pur con l’attenuante del comprensibile bisogno di libertà e di svago, dopo la cupa stagione del lockdown, i nostri giovani si sono scatenati nelle discoteche e nella movida, e anche gli adulti hanno preso spesso alla leggera le raccomandazioni degli esperti che invitavano alla prudenza, affollandosi nelle code delle vacanze, nei ristoranti e sulla spiagge, ovviamente senza mascherina, o festeggiando senza alcuna cautela, in locali privati e pubblici, matrimoni, lauree, battesimi, successi professionali. Certo, il governo avrebbe potuto bloccare tutto questo con rigorosi divieti. Ma dobbiamo dargli atto che a impedirlo erano due ordini di difficoltà. Le prime, quelle derivanti delle esigenze oggettive di categorie legate al turismo e alla ristorazione, che avevano particolarmente sofferto per le chiusure dei mesi precedenti. L’altro ordine di difficoltà è stato costituito dalle valutazioni di medici e virologi, che vedevano nelle proiezioni dei numeri un grave rischio per la salute pubblica e il pericolo di un sovraffollamento dell’ospedale. “Essere positivi non significa essere malati” è stato lo slogan di molte persone, applaudite dai negazionisti o semi-negazionisti. Ed è vero. Ma hanno dimenticato di aggiungere che essere positivi significa poter infettare altri, che invece il virus fa ammalare e può uccidere o menomare gravemente (sempre più i medici segnalano dei seri danni anche nell’organismo di coloro che risultano guariti).
Che l’aumento vertiginoso dei positivi “non significhi nulla” lo smentisce clamorosamente il rapporto con la crescita dei casi di malattia vera e propria. San Marino ha raddoppiato i casi di contagio tra la prima e la seconda fase. Possiamo sfidare la terza?
Nessuno, in questo contesto, ha il diritto di tirare la prima pietra. Tanto più che, per quanto si possano criticare gli eventuali errori, nel nostro Paese, la situazione degli altri ci avverte che le difficoltà oggettive create dal virus sono immani. Questo vale anche per il governo. Avremmo voluto Macron, o Johnson, o Sánchez oppure Trump, al posto di Ciavatta, Beccari, Gatti, Tonnini? I loro Paesi stanno peggio del nostro. Perfino la Germania, le cui strutture sono da sempre ben più solide ed efficienti di tutte quelle europee, si trova oggi a decretare misure ancora più drastiche di quelle che suscitano le proteste dei sammarinesi e di quelli che si accodano alle opposizioni.
Anche sbirciando sui social, che sono sempre molto attivi, non sembra di intravvedere un esercito di coloro che si accodano agli scontenti. Forse sarebbe il caso, allora, di cambiare tutti atteggiamento e di passare, dalla caccia ai colpevoli (ma colpevoli di che?) al riconoscimento degli sforzi che ognuno, comunque con i suoi limiti, ha fatto e sta facendo lavorando per il Paese in questo concreto momento storico. Ci sono risultati che, stante la condizione in cui si è venuto a trovare San Marino, sanno quasi del miracoloso.
L’urgenza vera non è creare una crisi, o insinuare qualche crepa nella maggioranza. Anche perché, parliamoci chiaro, rivogliamo al governo quelli che hanno creato il default? Valga allora, come augurio alla ragione, la citazione del Riccardo III di Shakespeare da cui è tratto il titolo del famosissimo libro di Steinbeck: «Ora l’inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York, e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell’oceano».
a/f