Siamo nel pieno della quarta fase della pandemia, che colpisce mezza Europa in maniera gravissima, e purtroppo i numeri sono ogni giorno in ascesa esponenziale. Non c’è alcuna speranza che scendano a breve.
Rivista a posteriori, la gestione dell’emergenza sanitaria, indubbiamente premia chi ha adottato le misure più stringenti e ha investito tantissimo nella campagna vaccinale, ciclo completo e dose booster. I numeri sono inversamente proporzionali ai vaccinati.
“In Germania la situazione è drammatica” ha dichiarato la cancelliera Angela Merkel. Diversi i Paesi del Vecchio Continente che tra restrizioni, nuovi lockdown e misure per i non vaccinati stanno cercando di contenere le infezioni. Perfino in Svezia e Danimarca, dove si pensava fosse tutto concesso, si comincia a pensare al green pass all’italiana.
Per contro, in Italia si è aperto il dibattito su due distinti Green pass covid obbligatori, uno per chi ha fatto il vaccino e l’altro per chi invece non è vaccinato. In qualche modo, approda l’idea tedesca della “regola 2G” (solo per vaccinati: Geimpft, o guariti: Genesen, escludendo il tampone negativo), che per alcuni esperti potrebbe essere la soluzione all’aumento dei contagi da coronavirus, specialmente nelle regioni che dovessero diventare gialle o arancioni.
“Dal punto di vista scientifico qualsiasi giro di vite è utile, non c’è un manuale e ci sono scelte politiche diverse. Il Green pass solo per vaccinati è un’opzione ma bisogna vedere poi quanto è accettabile dal punto di vista politico”. Così il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università Statale di Milano. “Certo dal punto di vista tecnico aiuterebbe”. Come dire che è tutto da decidere in base all’andamento della curva epidemica.
Un’altra corrente di pensiero punta sull’esame anticorpale: quanto serve questo tipo di esame? Basta un test degli anticorpi per evitare la terza dose di vaccino estesa a tutti? Può veramente rappresentare un passaporto per l’immunità? La Fda statunitense (Food and Drug Administration, ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici) ha specificatamente risposto di no e ha scoraggiato i test anticorpali come controllo dell’immunità fai-da-te.
In casa nostra la preoccupazione sale proporzionalmente con il numero dei contagi attivi, che ha già superato il centinaio. Tuttavia, l’apparato organizzativo è perfettamente attrezzato sia dal punto di vista dell’assistenza domiciliare, sia farmacologica. E anche se i numeri sono alti, la situazione è ben diversa rispetto alle fasi precedenti.
L’ISS ha comunicato ufficialmente che dall’inizio della campagna vaccinale fino all’11 novembre 2021, a San Marino sono state 211 le persone ricoverate in ospedale perché positive al Covid-19. Di queste 20 avevano completato il ciclo di vaccinazione primaria (14 con vaccino Sputnik V e 6 con vaccino Pfizer/BioNTech), mentre le restanti 191, non risultavano vaccinate. Da tali dati emerge che il rapporto di ospedalizzazione a San Marino tra i vaccinati oscilla tra lo 0,075% (Sputnik V) e lo 0,16% (Pfizer), mentre tra i non vaccinati è del 5,95%.
Da una prima analisi dei dati dello studio in corso tra l’Istituto per la Sicurezza Sociale e l’Istituto INMI “Lazzaro Spallanzani” di Roma, alla data del 31 agosto, su oltre 24mila sammarinesi che avevano completato la vaccinazione, in 149 si sono infettati con il virus SARS-CoV-2 e di questi, il 96% è risultato asintomatico o pauci sintomatico.
Confrontando il dato delle infezioni tra vaccinati e non vaccinati a San Marino, il rischio di infettarsi è attualmente 7 volte più alto nei non vaccinati rispetto a coloro che hanno completato il ciclo di immunizzazione primaria.
Ha completato il ciclo di immunizzazione l’83,3% della popolazione vaccinabile. Questo è un dato importantissimo, ma adesso la sfida è sulla terza dose. Gli scettici che ironicamente affermano che dopo la terza ci sarà una quarta, quinta, sesta dose (come se poi fosse un problema) potrebbero presto ricredersi: i vaccini booster (rinforzi) che sta già ricevendo la popolazione, potrebbero anche essere gli ultimi per un periodo di tempo molto prolungato. Lo afferma Sergio Abrignani, immunologo del Comitato tecnico scientifico italiano: “La dose booster garantisce l’innesco di una memoria immunologica più duratura e quindi una copertura più completa. Unito a mascherina e rispetto del distanziamento mitiga di molto il rischio pur non annullandolo“. Poi spiega: “Nel mondo della vaccinologia la terza dose distanziata dalle prime due, per persone che non hanno mai visto un certo microrganismo, è la normalità. Il nostro sistema immunitario come in questo caso, può aver bisogno di questa stimolazione per innescare una memoria di lungo termine che consenta di fare altri richiami non prima di 5-10 anni“.
Credere alla scienza ci ha salvato. Rispettare le regole che il nostro Stato ci ha imposto, ci ha restituito una grande libertà e, se vogliamo salvare il Natale, non ci resta che seguire questa strada.
a/f