Gli esperti l’avevano previsto con reale approssimazione: il picco dei contagi entro gennaio, poi progressiva decrescita della curva epidemica. Il fenomeno è stato registrato in Italia già da diversi giorni, poi finalmente anche a San Marino i numeri hanno cominciato progressivamente a calare. Ieri, l’asticella si è abbassata sotto la soglia psicologica dei mille casi. Il saldo tra guarigioni e nuovi casi ha segnato precisamente 967. Certo, bisogna sempre tenere sotto controllo anche gli altri numeri: i ricoveri, le terapie intensive, le quarantene a domicilio, ma la strada per il superamento di questa terribile quarta fase sembra definitivamente imboccata.
E adesso cosa succede? Innanzi tutto si può sperare in un prossimo allentamento delle misure restrittive e in un progressivo ritorno alla normalità. Complice l’arrivo della bella stagione, che quest’anno sembra addirittura essere in largo anticipo, c’è la fondata speranza per la flessione anche di quei sintomi influenzali che spesso hanno accompagnato il contagio.
Poi, si può sperare anche nel superamento del green pass, il quale, checché se ne pensi, è stato un valido alleato in termini di sicurezza di fronte alla necessità dei cittadini di circolare e di accedere ai servizi. Da lunedì 7 febbraio, in Italia, chi ha fatto la terza dose avrà il certificato verde con scadenza illimitata. San Marino sicuramente andrà ad allinearsi su queste scelte e, pian piano, ne siamo sicuri, verrà superato anche il problema della vaccinazione con lo Sputnik.
Per il resto, siamo ancora in mezzo ad un ginepraio di regole, che spesso genera ansia e confusione. Eppure, chi si è vaccinato con terza dose, non ha mai avuto problemi, questo bisogna dirlo. E anche se è stato contagiato, sicuramente ha affrontato il disagio con pochi sintomi o addirittura nulli.
“Omicron metterà fine alla pandemia”, anche questo era stato detto da esperti e studiosi, al netto dell’arrivo di Omicron 2, che comunque non fa più paura della sua sorella maggiore. “La vera fine della pandemia è ancora lontana – ha detto il responsabile dell’Oms per l’Europa, Hans Kluge – ma sono fiducioso che possiamo uscire dalla fase dell’emergenza nel 2022 e rispondere ad altre minacce per la salute delle persone che richiedono urgentemente la nostra attenzione”. Una sorta di luce in fondo al tunnel, quantunque il virus continui a correre in molti paesi del mondo.
Alle nostre latitudini stiamo vivendo quindi un momento di transizione. È un concetto che va interpretato, poiché ci troviamo in una condizione nettamente differente rispetto alla primavera dell’anno scorso. Oggi abbiamo una quota tra l’80 e il 90 per cento di persone vaccinate e questo pone una barriera molto forte al dilagare di ogni possibile variante.
Questo vuol dire che le persone potrebbero essere ancora infettate, ma si è scoperto, ormai senza ombra di dubbio, che i vaccini proteggono dalle forme più gravi di contagio e forse anche dalla stessa malattia. In pratica, questo significa imparare a convivere con un virus meno letale, significa cioè passare dalla pandemia all’endemia. Una nuova fase (ecco perché si parla di transizione) a cui dovremo abituarci e convivere, imparando a gestire il Covid come fosse un’influenza. In parole molte povere, la pandemia finirà quando non se ne parlerà più. E fin da ora, per fortuna, ne parlano un po’ meno anche i giornali e i talk show.
E comunque non potremo non fare i conti con quanto è successo. A cominciare dai conti economici: 1800 positivi in isolamento almeno per 10 dieci giorni e un numero variabile tra i 250 / 400 di quarantenati, ogni settimana per più di un mese, costretti a casa almeno per sette giorni, porterà alle stelle il costo della CIG. Avranno un costo piuttosto alto anche i quasi 130 mila tamponi processati (ci sono stati momenti in cui fare il tampone sembrava quasi una mania collettiva). A questi vanno aggiunti i costi dei medicinali, dei ricoveri in ospedale e delle terapie intensive. Sul cruscotto ISS non compare il dato complessivo delle terapie intensive, ma in Consiglio è stato detto (e mai smentito) che il costo della terapia intensiva è pari a 9 mila euro al giorno. Il che equivarrà probabilmente a cifre folli quando si andrà a tirare una riga su questa emergenza sanitaria.
Un pensiero commosso va alle famiglie di tutti coloro che hanno visto morire un loro congiunto, ma anche a quegli operatori sanitari che hanno gestito la fase più cruenta dell’emergenza. Intanto, noi comuni mortali, speriamo cinicamente di tornare quanto prima alla nostra vita di sempre, ai viaggi, alle relazioni sociali, allo sport, al divertimento. Ma con un retro pensiero al prossimo autunno. Non illudiamoci che con l’estate ci libereremo definitivamente del virus. Tornerà sicuramente con i primi freddi, perché sta ancora circolando nel resto del mondo. Ma se fosse vero che abbiamo imparato qualcosa, allora attrezziamoci e organizziamoci. Perché un conto è gestire l’emergenza, altro è gestire la routine.
a/f