L’ottavo miliardesimo bimbo nato un paio di mesi fa denuncia una crescita demografica mondiale ormai difficilmente sostenibile e si contrappone al vistoso calo di nascite che ormai travolge tutto il continente europeo, specialmente l’Italia e specialmente San Marino. Nel 2022 sono nati 205 bimbi, ovvero 100 / 150 in meno rispetto a 20 anni fa.
È un problema che investe soprattutto le istituzioni, la politica, l’economia, il welfare perché impone una riorganizzazione del sistema scolastico, del mondo del lavoro, dei servizi, della casa. Non necessariamente in questo ordine. Siamo sempre partiti dal concetto che la capacità di un Paese di creare ricchezza dipende anche dal suo andamento demografico: più cresce la popolazione più aumentano i consumi e si alimenta la forza lavoro.
Ma il problema vero è l’approccio del tutto sbagliato alle possibili soluzioni, tutt’ora ancorate a un modello sociale ampiamente superato: la famiglia del mulino bianco non esiste più. Anche il mulino a Chiusdino, quello della pubblicità, non c’è più. O meglio è diventato un agriturismo. Le soluzioni non si troveranno mai nei luoghi comuni, nelle ideologie più o meno cattoliche, più o meno liberiste. E il primo passo sta nel rendersi conto che la società è cambiata.
Ci sono molte donne, soprattutto giovani donne, che non hanno più come obiettivo di vita quello di diventare madri. E ci sono donne per le quali conciliare carriera e famiglia non corrisponde a loro modello di vita.
Ci sono donne e uomini ai quali non importa nulla di lasciare qualcosa di sé dopo la vita. Ci sono giovani che hanno 40 anni, che sono ancora figli e che molto probabilmente non diverranno mai né padri, né madri.
Ci sono sempre più giovani coppie che portano a spasso il loro cane con il passeggino e che lo preferiscono ad un figlio.
Oggi diventare genitori non è un obbligo, ma una scelta ponderata. E chi non sente di avere questa vocazione lo sa molto presto. A dispetto dei luoghi comuni sul ticchettare dell’orologio biologico, questa convinzione non si incrina una volta passata la boa dei quaranta. E ammetterlo non è più un tabù.
Allora le domande che dobbiamo porci sono diverse rispetto ad un recente passato: è davvero necessario crescere di numero per far crescere l’economia mondiale? È così impossibile prevedere un altro modello di crescita? L’emigrazione dai Paesi più poveri e disagiati è davvero la nuova via per la crescita?
Ci sono paesi che sono cresciuti in forza dell’emigrazione, vedi USA. Nei cosiddetti Paesi “con economie avanzate” (Europa, Nord America, Australia, Giappone, Nuova Zelanda), l’Onu stima che su 100 residenti, 12 siano migranti internazionali. Mentre nei paesi connotati da sistemi economici meno avanzati la cifra scende a 2 su 100. Dati al netto dei rifugiati e dei richiedenti asilo, aumentati in maniera progressiva negli ultimi tempi.
Una sfida o una risorsa? Le migrazioni internazionali sono sempre state alla base del popolamento dei vari continenti e continuano a essere un fattore significativo nello sviluppo demografico ed economico dei vari Paesi, ma continuano anche a suscitare forme di diffidenza e di conflitto. Gli stati o i governanti hanno sempre cercato di incanalare e controllare i movimenti migratori sia individuali sia collettivi fin dall’antichità, con risultati molto diversificati. Dopo la Seconda guerra mondiale le aziende occidentali hanno reclutato in massa lavoratori stranieri per sostenere il boom economico, fino all’arresto dei flussi in Europa negli anni Settanta a causa della crisi economica. Dagli anni Novanta l’immigrazione è ripresa prima in Germania, poi nel Regno Unito e nell’Europa meridionale. Dopo il 1989 l’Europa occidentale è stata segnata da intensi movimenti migratori partiti dall’ex blocco comunista, in particolare da Polonia, Romania, Albania, Ucraina e paesi dell’ex Iugoslavia. Adesso i flussi vengono dall’Africa e dai Paesi in guerra. Che sono tantissimi.
Forse è anche per questo che in Europa cresce l’ansia nei confronti degli immigrati e fioriscono i partiti che pongono al centro della propria piattaforma politica la lotta all’immigrazione, sia legale che irregolare. L’immigrazione pone infatti così tanti problemi (accoglienza, integrazione, multiculturalismo) che i risultati in termini di crescita diventano ininfluenti, o addirittura inesistenti.
Tornando al tema della natalità, se le donne non fanno più figli e non hanno voglia di farli, difficilmente le si potrà convincere del contrario. Donne e uomini. Perché non è solo una questione di soldi, di bonus, di permessi lavorativi, di asili nido, o di nonni. È cambiata la mentalità e questo sta cambiando profondamente la società. Così come è cambiato il mulino bianco.
a/f