Cari sammarinesi, preparate il divano e “armatevi” di cioccolato fondente e buon rum, perché la sentenza del 28 novembre 2024 è uno spettacolo che oscilla tra il grottesco e il tragico, un circo a tre piste a cui la politica che contava nel decennio scorso – metaforicamente s’intende – forniva i pagliacci, la giustizia concedeva almeno un domatore “confuso” e i leoni, indisturbati, in fuga dal “tendone” a divorare il Paese.
E’ questa l’immagine che mi balza alla mente scorrendo le motivazioni della sentenza del procedimento penale n. 299/RNR/2022” (leggi qui) che ha visto la condanna in primo grado di alti dirigenti di Banca Centrale nonché del finanziere lucano Francesco Confuorti. La stessa sentenza di primo grado, infatti, ha fornito un altro importante tassello per completare quel puzzle che, senza mezze misure, una volta composto interamente, svelerà ogni sfumatura della deriva democratica, economica e del Diritto del decennio sammarinese scorso.

Ma già, tanto, si riesce ad intravedere… Altro che democrazia, sul Titano: qui siamo al remake di un “golpe bianco”, con la regia di una politica che sembra aver scambiato il Palazzo Pubblico per un tavolo da poker.
Iniziamo dal colpo di scena, dal tassello “nascosto” nelle motivazioni delle condanne che il Giudice Saldarelli ha messo nero su bianco: Roberto Moretti, condannato in primo grado per abuso d’autorità – pena sospesa, perché a San Marino anche la giustizia ha il cuore tenero – si ritrova sul trono di Banca Centrale non per un’audizione da X Factor, ma per una “telefonata” di Simone Celli. Sì, proprio lui, l’allora Segretario alle Finanze, che nel dicembre 2017 decide di giocare al talent scout. Prima offre a Moretti un posto alla Cassa di Risparmio – tipo un provino per una particina – e poi, con un colpo di bacchetta magica, lo “sceglie” a Direttore Generale di Bcsm. La sentenza lo dice chiaro: “Venne contattato direttamente da Simone Celli, all’epoca Segretario alle Finanze, dopo una prima proposta per un incarico in Cassa di Risparmio”.
Altro che selezione tecnica o curricula: qui si sceglieva il cast per garantire il sequel del “modello Savorelli”, in una sceneggiatura – e mi riferisco sempre alle parole della sentenza in questione – scritta e prodotta da Francesco Confuorti.
E che sequel, signori! Moretti, appena insediato, si mette al lavoro per tenere in piedi il copione: Banca Centrale trasformata in un bancomat per Banca CIS, funzionari scomodi messi alla porta e un sistema di vigilanza che vigilava su tutto tranne che sull’interesse pubblico. La sentenza lo inchioda: le sue prime mosse furono “in perfetta continuità con il solco tracciato da Savorelli nel favorire gli interessi di Banca CIS e di Francesco Confuorti”. Un piano così ben oliato che persino Machiavelli avrebbe applaudito, magari con una lacrimuccia di nostalgia.
Intanto, sullo sfondo, la politica si godeva lo spettacolo con un cocktail in mano. Almeno fino a pochi giorni fa, quando Luca Lazzari, consigliere del Psd, ha avuto il fegato di urlarlo in Consiglio Grande e Generale: questo non è solo malaffare, è stata una minaccia alla democrazia. Le condanne di Alberto Buriani – ex Commissario della Legge con un debole per l’abuso d’autorità – e di Confuorti – il burattinaio che tirava i fili da fuori – sono solo la punta dell’iceberg. Sotto, tutto lascia intendere ci sia un sistema di potere deviato che ha fatto evaporare almeno 800 milioni di euro dalle casse pubbliche, lasciando il Titano con un debito pubblico da far tremare i polsi e “bollettini” da pagare ogni anno in “Posta” per i prossimi millemila anni.
Ma la politica, si sa, è un’arte: l’arte di voltarsi dall’altra parte. Nel decennio ormai passato appariva troppo impegnata a spartirsi poltrone e a contare voti per accorgersi che il Paese stava diventando la succursale di una “Cricca” con la C maiuscola; oggi troppo occupata a fare selfie post social qua e là per preoccuparsi di capire che cosa sia successo davvero negli anni più bui della democrazia sammarinese… Almeno di quelli senza il cardinal Alberoni.
Celli, infatti, e con lui implicitamente l’intero governo AdessoSm, con quel colpo di telefono a Moretti, non ha solo nominato un direttore: ha firmato un patto col diavolo, consegnando l’indipendenza di Banca Centrale su un piatto d’argento a coronamento di un golpe silenzioso. E il risultato? Una crisi bancaria che ha trasformato il Titano in un Titanic… con una bella orchestra che intonava “Il Silenzio”, ma senza scialuppe!
Luca Lazzari, con la tenacia di chi sa che tanto il peggio è già successo, ha squarciato il “muro di gomma”. Ma il Palazzo trema solo a parole: i consiglieri preferiscono il silenzio, perché ammettere le responsabilità significa guardarsi allo specchio, o perchè, come noto, “cane non mangia cane”, direbbe qualcuno, ingenerosamente.
Intanto, il debito attanaglia la Repubblica e “lega le mani” a chi la guida, i cittadini pagano e la “Cricca” – fra una condanna e l’altra che finalmente arriva – “sparisce”, fra Italia ed Hong Kong, si dice… E la politica, fino a ieri, rideva…
Oggi? Oggi il Palazzo trema. Noi di GiornaleSm, con il direttore Severini e il sottoscritto, non vi nascondo che finalmente ci godiamo lo spettacolo con un ghigno beffardo. Questa sentenza? Solo un altro tassello del puzzle che stiamo componendo da anni, un mosaico di malaffare che abbiamo denunciato quando tutti gli altri dormivano o, peggio, facevano finta di non vedere.
Sì, cari lettori, mentre i politici giocavano a Monopoly con le istituzioni, noi eravamo lì, a urlare nel deserto, a svelare il golpe bianco che stava divorando il Titano. E ora, dopo questa sentenza, la verità emerge, pezzo dopo pezzo, ma inesorabile come un mostro che non può più nascondersi. In ogni caso, non illudetevi: la battaglia – quella vera, che conta – è appena iniziata. Il sistema ha ancora troppi tentacoli e nessuno può fermarsi finché ogni singolo “burattino” non sarà smascherato. Perché, vedete, a San Marino c’è chi preferisce il silenzio, ma noi, come voi, preferiamo il rumore della verità.
Cari sammarinesi, è ora – era ora già ieri – di una commissione parlamentare d’inchiesta, non per fare la caccia alle streghe, ma per accendere una luce in questa penombra di inadeguatezza, incompetenza o, peggio, complicità. Perché se non si scopre chi ha lasciato la porta aperta a quello che presto tutti chiamerete “colpo di Stato”, il prossimo atto simile sarà solo una questione di tempo. E il Titano, con le sue torri, non merita di diventare il set di una soap opera da tv locale.
Enrico Lazzari