«La riforma pensionistica? Nella prima bozza penalizza i dirigenti senza risolvere il disavanzo». Non convince gli industriali del Titano la proposta iniziale della riforma previdenziale che rischia «di penalizzare le imprese con l’aumento del costo del lavoro». Pollice verso anche per il tetto pensionistico che, secondo l’Associazione nazionale Industria, «colpisce in modo sproporzionato i vertici delle aziende ostacolando la loro assunzione».
La bozza
Si è concluso nei giorni scorsi il confronto fra la Segreteria alla Sanità e le associazioni dei datori di lavoro. La proposta sul tavolo mira «a trattenere i lavoratori per più anni in attività e a rendere strutturale la ritenuta di solidarietà riparametrata sulle diverse fasce di reddito da pensione». Una scelta che riceve la fredda accoglienza del comparto Industria, in quanto «non dà una risposta sufficiente alla riduzione del disavanzo tra entrate contributive e uscite per il pagamento delle pensioni, mentre per ripianarla il bilancio è chiamato ad un esborso annuale che rischia di diventare insostenibile». Dati alla mano il disavanzo previdenziale ammonta a 22 milioni di euro per il 2021 al netto del contributo statale di 29 milioni. Entrando nel merito, viene criticato anche il tasso di sostituzione che si mantiene all’incirca uguale per i redditi da pensione medio bassi, mentre «penalizza quanti fanno carriera, disincentivando l’impegno». A essere penalizzati sarebbero soprattutto «i dirigenti per il tetto pensionistico», per cui è accettabile per Anis «la perdita totale dei contributi sulla parte di retribuzione eccedente il tetto ora fissato a 47.110,57 euro».
Le proposte degli industriali
Al netto delle polemiche, gli industriali propongono altre soluzioni «come la predisposizione di un modello che preveda sia l’elevazione graduale del tetto pensionistico, sia una sensibile riduzione del peso contributivo sulla parte retributiva eccedente». Ulteriore alternativa è individuata nel «trasferire buona parte dei contributi versati oltre il tetto a Fondiss». In particolare prima di aumentare le aliquote, Anis chiede di trasferire tali risorse al fondo pensioni. L’auspicio è di trovare a breve una sintesi, concludono, «affinché la riforma entri in vigore dal 1° gennaio 2023 coniugando equità e sostenibilità». Corriere Romagna