Cosa potrebbe succedere se il liceo di San Marino introducesse la “carriera alias”? Cioè la possibilità di modificare il nome anagrafico con quello di elezione, scelto dalla persona in base al suo orientamento sessuale? La modifica, ovviamente potrebbe risultare solo nel registro elettronico, negli elenchi e nei documenti interni alla scuola aventi valore non ufficiale.
Una novità rivoluzionaria: transgender o gender variant possono chiedere di essere riconosciuti con il genere alternativo a quello assegnato alla nascita. È una buona prassi, che evita a questi studenti il disagio di continui e forzati coming out e la sofferenza di subire possibili forme di bullismo. Oltre che poter evitare il disagio di presentarsi all’esame con un nome che non corrisponde al suo aspetto fisico e non è più quello con cui da anni lo chiamano familiari, amici e fidanzata/o. Una procedura che gli toglie quel peso dal cuore, che gli aveva reso più difficili gli anni delle scuole superiori. Infatti, presso molte università italiane, la carriera alias è una realtà ormai da molto tempo.
Eppure, non tutti sembrano essere d’accordo. Qualcuno parla addirittura di “ultima follia sui diritti” quando viene data la possibilità di indicare se ci si sente uomo o donna, a prescindere dalla carta di identità. Secondo questa corrente di pensiero, la facoltà di cambiare il proprio nome con la stessa facilità con cui si cambia una maglietta, rischia di favorire l’incertezza dei ragazzi in una fase delicata della loro vita. L’introduzione delle «carriere alias» peraltro bypassa la legge ed è un modo per legittimare la teoria della fluidità di genere fondata sull’autopercezione ovvero non essere più maschio o femmina in base al sesso naturale ma ciò che ci si sente al momento.
Sui mass media, si rincarano le dosi. Si legge che le scuole devono seguire la legge e non cadere nell’errore di fughe in avanti che strizzano l’occhio a percezioni di sé e della propria sessualità immature, estemporanee e, troppo spesso, passeggere. Insomma, lo schema è più o meno il solito: conservatori VS innovatori. Basta vedere cosa succede a San Marino sull’IVG, dove nonostante un referendum approvato con una valanga di voti, la corrente che non vuole riconoscere il diritto di scelta della donna è tuttora più agguerrita che mai e cerca di ridurre al minimo gli effetti di una legge che il Consiglio non può permettersi di non votare.
Ma tornando al registro gender, se ormai in gran parte del mondo si celebra la giornate internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, vuol dire che dopo duemila anni di persecuzioni, un passo in avanti verso la cultura del diritto e dell’inclusione, è stato fatto. Lo stigma sessuale è venuto ad affermarsi con l’espansione delle religioni monoteiste: cristianesimo e islamismo. Nei secoli è progressivamente attecchito il discorso dominante per cui l’omosessualità è una perversione, un crimine o una malattia, da cui bisogna pregare di guarire per ottenere il perdono divino. Colpire gli omosessuali è stata una strategia dominante per Papi e Imperatori. Tuttora, i governi laici del Medio Oriente, per legittimarsi da un punto di vista religioso, mostrano di preoccuparsi della moralità e dell’islamicità del Paese con un atteggiamento che ha a che fare con forme di potere, più che con l’Islam.
Nell’era degli dei pagani, tutto questo non esisteva. Sia nell’antica Grecia, sia nell’antica Roma, sia nelle diverse culture che hanno dominato il Mediterraneo e l’Asia Minore, la sessualità non era condizionata da dogmi religiosi. C’era piuttosto la consapevolezza che, come in natura, non esiste solo il bianco e il nero, ma un’infinita gamma di colori. E tutti avevano un posto nella comunità sociale. Le stesse divinità avevano spesso tendenze promiscue. Niente di strano.
Oggi, finalmente, si tenta di recuperare l’idea di libertà e di rispetto per la sessualità, senza porre confini etici, religiosi e, spesso, di pura ipocrisia. Per questo, dal prossimo anno scolastico, gli studenti e le studentesse del Liceo Scientifico e Artistico “Alessandro Serpieri” di Rimini che si riconoscono come transgender o gender variant e decidono di essere riconosciuti e denominati con un genere alternativo rispetto a quello assegnato alla nascita, possono farlo, perché l’istituto superiore è tra i primissimi in Italia ad avere approvato un regolamento che introduce la carriera alias a livello di scuola superiore.
“Le buone pratiche possono rappresentare occasioni di crescita culturale per la comunità scolastica, se accompagnate dalla traduzione in azioni concrete delle parole chiave quali convivenza consapevole, parità, rispetto delle differenze, prevenzione di tutte le forme di discriminazione, più volte ribadite in sede europea, internazionale e anche nella recente legge di riforma, cosiddetta della Buona scuola” spiega il Serpieri sul suo sito.
Cosa non vi è ancora chiaro dell’importanza della carriera alias?
Non è un capriccio ma un passo avanti per la scuola. Quelli che sono saltati sulla sedia dovrebbero pensare a quanto di quel che siamo diventati oggi è frutto della paura giovanile di essere esclusi. E a come saremmo ora, se negli anni dell’adolescenza non ci fossimo sentiti non tanto gender-free, ma un po’ più free, in genere.
a/f