San Marino. Dare concretezza alla riforma della PA: tanti piccoli passi, tutti in salita, ma che cambiano la faccia del settore pubblico … di Alberto Forcellini

Ci sono degli obiettivi, o meglio delle enunciazioni, che compaiono in tutti i programmi di governo: semplificazione, efficienza, flessibilità, meritocrazia. Parlando di PA, compaiono addirittura come indirizzi generali nelle due leggi madre della riforma, quella del 2009 e quella del 2011, dove sono previste deleghe per attuare quanto sancito. In pratica, rimaste sempre lettera morta. Finora.

Dall’inizio della legislatura, il Segretario agli Interni Elena Tonnini e il suo staff si sono posti il compito di realizzare quello che non è stato fatto dai passati governi. Pertanto, leggi e decreti prodotti in questo tempo hanno seguito una linea logica che rendessero operativi quei principi generali. E forse qualcosa in più. Come: togliere potere discrezionale al Congresso di Stato, allinearsi progressivamente al settore privato, introdurre norme a maggiore tutela sia del dipendente, sia del cittadino che usufruisce dei servizi pubblici.

Quindi, non una riforma in senso stretto, ma interventi in attuazione delle riforme già in vigore e rimaste incomplete. Come la legge approvata ieri in Consiglio senza nessun voto contrario, indirizzata a rivedere e riorganizzare le norme disciplinari per i lavoratori della PA, preceduta a sua volta da numerose novità.

Cominciamo dai dirigenti, ai quali è stata data maggiore autonomia, sia a livello di spesa economica, sia sulla gestione del personale, compresa la parte disciplinare, ma allo stesso tempo è stata data loro anche maggiore responsabilità. Un’autonomia che non deve trasformarsi in arbitrarietà: per questo è stata istituita una procedura di valutazione del loro operato. Se essi si raggiungono gli obiettivi, avranno un premio di produzione proporzionale al loro raggiungimento ed il rinnovo automatico, ma se non li raggiungono c’è la possibilità di rescindere il contratto.

In pratica, ai dirigenti sono state conferite funzioni e prerogative sempre più manageriali, le stesse che vengono ora richieste anche nei concorsi pubblici. I quali non sono più basati solo sui titoli e sulla semplice conoscenza di norme, ma anche su prove attitudinali e motivazionali che mettono alla prova competenze e soft skill oggi indispensabili ad ogni ruolo dirigenziale, soprattutto per quanto riguarda la gestione del personale.

Sempre in tema di autonomia del dirigente: è lui che deve evidenziare le necessarie posizioni organizzative, nel rispetto della soglia numerica massima stabilita dal fabbisogno, e quindi conferire tali incarichi. I quali incarichi sono a tempo determinato per un periodo massimo di tre anni, con provvedimento scritto e motivato. Dopo di che, subentra il meccanismo di stabilizzazione automatica. In termini normativi: sono stati bloccati i meccanismi di precarizzazione. Non sarà più la politica, quindi, a decidere quanto personale è necessario assumere, e in quale ruolo, eliminando così le inquietanti “infornate” pre-elettorali che sono state una costante dei passati governi.

In questo senso vanno anche i bandi di concorso, le cui procedure sono complesse e la cui organizzazione è sempre un aggravio di lavoro, ma che sono assolutamente garantisti in termine di nuove assunzioni, anche per chi proviene dal privato.

Altra novità: avere meno uffici ma più strutturati. In quest’ambito si è agito sui dipartimenti, creando criteri univoci ed evitando sovrapposizioni. Il che si è tradotto con l’accorpamento degli uffici che svolgevano le stesse funzioni. Il risultato ha portato ad avere in due anni un minor numero dirigenti (63 attuali contro i 73 di prima) e, in qualche maniera, ha realizzato un primo passo verso la spending review. In questo senso è andata anche la centralizzazione della gestione del personale ISS, AASS, AASLP, per il trattamento omogeneo degli atti relativi.

Il testo di legge approvato ieri sulle norme di disciplina parte dalla riformulazione del procedimento, che sarà unico per tutti dipendenti pubblici senza più distinzione fra pubblico impiego e cosiddetto contratto privatistico. Non ci sarà più un magistrato a capo della commissione disciplinare, la quale sarà paritetica tra la parte datoriale e sindacale. Sarà compito del dirigente applicare le sanzioni ed avvia l’azione disciplinare vera e propria, decidendo in caso di ammonizione e censura su parere del direttore Risorse Umane e Organizzazione o, nel caso dell’ISS, del Direttore Generale. Infine, viene introdotta la possibilità di licenziamento a seguito di insufficiente rendimento protratto per oltre due anni. In qualche modo si abbatte il Golem del posto fisso e anche in questo caso è un passo di avvicinamento al settore privato.

Molti di questi concetti, ordinati secondo le direttive del Greco e portate avanti con ampio confronto sindacale, sono estesi anche alle scuole.

a/f