A luglio il Consiglio Grande e Generale prenderà in esame le modifiche al regolamento consiliare. Al centro del dibattito la riduzione del tempo a disposizione per il comma comunicazioni e l’insindacabilità del parlamentare dopo il caso Tonnini.
Il dubbio: si vogliono cambiare le regole del gioco per dare alla partita un altro esito?
Una delle qualità specifiche dell’essere umano è la libertà di espressione. E libertà, si sa, ha al pari di Giano bifronte due facce: al diritto di esser liberi corrisponde il dovere di lasciar liberi gli altri.
Così governo e maggioranza hanno ritenuto doveroso investire risorse per modificare il regolamento consiliare in modo da poterle portare in aula entro il prossimo luglio. Quasi si trattasse di una misura necessaria per l’igiene democratica.
Tra le tante modi che spiccano quelle sostanzialmente volte a ridurre i tempi del comma comunicazioni che a ben vedere rappresenta l’unico momento dove poter parlare anche di temi di stringente attualità, pur se non contemplati dall’ordine del giorno.
Sono recenti le polemiche sulla diversità di vedute tra maggioranza e opposizione rispetto ai temi da portare in consiglio grande e generale. Più volte il consigliere del Pdcs Teodoro Lonfernini – ma non soltanto lui – ha fatto presente come le ultime sessioni consiliari siano state vuote di contenuti.
Come ormai la politica si faccia fuori e non dentro l’aula. Limitare anche il tempo a disposizione del comma comunicazione significherebbe togliere uno strumento importante per far emergere tematiche che altrimenti rischierebbero di rimanere sottaciute. Non ultimo l’argomento Sanità che pur in piena emergenza ci si è rifiutati di affrontare in consiglio, forse perché non ci sono risposte da dare a chi le chiede. Per non parlare dell’altra modifica che intende mettere in discussione, dopo il caso Tonnini, l’insindacabilità del parlamentare.
Vale a dire che chi supera il limite deve assumersene le conseguenze e cose del genere. Un punto di vista che obiettivamente non può che essere condivisibile ma che nel caso specifico desta più di una preoccupazione. L’urgenza di questa modifica tiene dietro alla denuncia di Confuorti nei confronti di Elena Tonnini che in consiglio ha parlato di come egli o chi per lui abbia interferito con la politica economica del Paese per interessi personali a discapito di quelli collettivi.
Ciò che ha detto, per molto tempo liquidato come frutto di fantasie complottiste che volevano dare la spallata al governo, ha poi trovato piena conferma nell’ordinanza del giudice Morsiani. Stupisce dunque e non poco che anziché farne una questione di sostanza e far quadrato attorno a chi ha fatto emergere per primo un piano teso ad affondare il Paese, si sia voluti correr dietro alla forma. Non par vero ma nei fatti ci si sta preoccupando più della sensibilità di chi avrebbe usato il Paese a suo uso e consumo piuttosto che di difendere chi con tutte le proprie forze aveva cercato di avvertire chi di dovere di tener fuori dalle mura il cavallo di Troia.
La RepubblicaSM