San Marino. Dialogo, parola comune che attraversa i nostri rapporti … di Don Gabriele Mangiarotti

Forse ci vorrebbe un surplus di riflessione, per evitare che le scelte, speriamo in buona fede, si ritorcano contro di noi, per non avere tenuto conto di tutti i fattori in gioco.

È di questi giorni, ma già da tempo se ne discuteva, questa notizia: «La commissione giuridica (JURI) del Parlamento europeo ha adottato il 7 novembre il suo parere sul progetto di regolamento che facilita il riconoscimento della genitorialità e per la creazione di un certificato europeo di genitorialità… In questa proposta, i membri del Parlamento europeo limitano la possibilità per gli Stati membri dell’UE di rifiutare il riconoscimento della genitorialità stabilita in un altro paese sulla base di preoccupazioni di ordine pubblico. Il progetto di regolamento consente di riconoscere in tutta l’UE la genitorialità stabilita in uno Stato membro dell’UE, anche in situazioni come la maternità surrogata.» (Comunicato della FAFCE)

 

Credo che proprio qui stia il problema e che interroghi ciascuno di noi, soprattutto perché nella nostra mentalità comune manca la forza che sconfigga lo statalismo: mancano scuole libere; l’educazione sessuale, con l’ultima legge sull’aborto, è prerogativa dello stato; nel consultorio si escludono di diritto coloro che scelgono l’obiezione di coscienza (e lo sconcerto maggiore è il silenzio dei sindacati, contro la violazione di un diritto umano, quello di non essere discriminati per razza, convinzioni politiche, religione…). Sembra che abbia valore solo ciò che deriva dallo Stato, con una certa diffidenza rispetto alla libera e creativa iniziativa dei cittadini. E questo, mi pare, alla faccia del «relinquo liberos ab utroque».

 

C’è un principio sacrosanto che è come la cartina di tornasole per riconoscere la democraticità di una concezione politica, si chiama «principio di sussidiarietà».

Brevemente, dalla definizione dell’Enciclopedia Treccani: «La sussidiarietà ha due modalità di espressione: verticale e orizzontale. La sussidiarietà verticale si esplica nell’ambito di distribuzione di competenze amministrative tra diversi livelli di governo territoriali (livello sovranazionale: Unione Europea-Stati membri; livello nazionale: Stato nazionale-regioni; livello subnazionale: Stato-regioni-autonomie locali) ed esprime la modalità d’intervento – sussidiario – degli enti territoriali superiori rispetto a quelli minori, ossia gli organismi superiori intervengono solo se l’esercizio delle funzioni da parte dell’organismo inferiore sia inadeguato per il raggiungimento degli obiettivi … La sussidiarietà orizzontale si svolge nell’ambito del rapporto tra autorità e libertà e si basa sul presupposto secondo cui alla cura dei bisogni collettivi e alle attività di interesse generale provvedono direttamente i privati cittadini (sia come singoli, sia come associati) e i pubblici poteri intervengono in funzione ‘sussidiaria’, di programmazione, di coordinamento ed eventualmente di gestione».

«Nell’ordinamento comunitario, il principio di sussidiarietà è stato introdotto dal Trattato di Maastricht sull’Unione Europea (UE) del 1992; su tale principio si basa l’esercizio delle competenze da parte dell’UE, nonché la ripartizione delle stesse tra Unione e Stati membri.

In base al principio di sussidiarietà, nei settori di competenza non esclusiva dell’Unione, essa interviene solo se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono essere meglio realizzati al livello dell’UE. Il principio di sussidiarietà si configura dunque come un principio dinamico, che consente di ampliare le competenze dell’UE laddove necessario e, all’inverso, di restringerle quando non necessario, non potendo comportare in alcun caso l’attribuzione all’UE di competenze ulteriori.»

 

Dalla informazione pubblica (di Stato) raccolgo questa notizia: «Siamo oramai al conto alla rovescia per l’Accordo di Associazione all’Ue che San Marino e Commissione intendono concludere entro dicembre a quasi otto anni dall’avvio. Il Segretario di Stato agli Esteri Luca Beccari, intervenendo recentemente in Consiglio Grande e Generale, ha parlato di ‘parafatura’ [sempre dalla Treccani: Nel linguaggio diplomatico, sottoscrizione di un documento mediante paraffo, che conferisce esecutività a un accordo o convenzione] entro il 2023, mentre la firma vera e propria dovrebbe arrivare nei primi mesi del 2024, prima delle elezioni europee. I tempi, dunque, stringono e l’agenda dei lavori della due giorni di round negoziale di novembre è particolarmente intensa.»

 

Per evitare che la fretta finale faccia «nascere i gattini ciechi», non perdiamo l’occasione di riflettere. E vale la pena di ascoltare le voci critiche, anche se provengono da ex compagni di viaggio: «L’Accordo quadro di Associazione con l’Unione Europea è un treno da non perdere, ma se si continua tergiversare nella comunicazione, il rischio è di rimanerne travolti».

 

Forse proprio quello che manca è la comunicazione, il confronto tra varie posizioni per una ricerca del bene comune, e non lo scontro tra fazioni. Tra poco si aprirà quello che è chiamato «Forum del dialogo»: perché non sia un flopfacciamo sì che la «parola comune», quella che «attraversa» i rapporti vicendevoli, abbia l’onore e il privilegio di regnare tra noi.

 

don Gabriele Mangiarotti