Se siamo tutti d’accordo che l’economia reale sia una colonna portante del sistema, certamente la più solida, va da sé che lo sviluppo sano del Paese dipende in larga parte da quanto saremo capaci di incrementarla, attraendo investimenti, creando le migliori condizioni per far insediare e prosperare le aziende.
Pur comprendendo che il progetto di revisione IGR è necessario per reperire le risorse per far fronte al debito pubblico del nostro Paese, chiediamo però che sia un intervento bilanciato, coerente e incentrato sul principio dell’equità, e allo stesso tempo introduca più leve di quelle che abbiamo oggi, per gli investimenti delle aziende già insediate e per attrarne di nuove, recuperando risorse attraverso il contenimento della spesa corrente.
In realtà, avremmo preferito fosse stata data precedenza all’introduzione del sistema IVA, di cui si parla da almeno dieci anni e in tutte le legislature. Infatti, anche questo strumento permetterebbe di incrementare il gettito fiscale ma soprattutto sarebbe coerente con il percorso di Accordo di Associazione con l’Unione Europea che sancirà l’ingresso di San Marino nel mercato unico, dove l’IVA è in vigore da 50 anni. Con l’IVA il nostro interscambio commerciale risulterebbe semplificato e con la prospettiva di poter negoziare il superamento degli oneri burocratici ed economici che oggi le nostre imprese sono costrette a subire, evitando altresì l’imbarazzo di dover spiegare la monofase, che ci rende diversi e poco comprensibili ai nostri clienti e al resto mondo.
Tornando alla revisione dell’IGR sono diversi gli aspetti che ci preoccupano, a cominciare dalla manovra sui redditi da lavoro dipendente che, pur condividendo l’intenzione di trattenere in seno al fisco sammarinese le imposte che i lavoratori frontalieri dovrebbero versare a quello italiano in sede di conguaglio, dalle simulazioni che abbiamo effettuato crea una significativa discriminazione di trattamento tra lavoratori residenti e frontalieri.
Infatti i redditi di questi ultimi saranno maggiormente penalizzati rispetto a quelli dei sammarinesi. In particolare vi sono dei redditi, soprattutto ma non solo quelli più bassi, che lo saranno in misura davvero elevata e insostenibile. Nel merito dobbiamo evidenziare che nella maggior parte delle nostre aziende gli addetti sono per circa la metà residenti e per l’altra metà frontalieri e perciò non possiamo pensare che due lavoratori che svolgono la medesima mansione abbiano due trattamenti fiscali interni differenti perché ciò finirebbe per creare un danno nella gestione organizzativa in termini di efficienza produttiva e, ovviamente, andrebbe quasi ad annullare il vantaggio retributivo dato dall’impiego a San Marino.
Per le imprese sammarinesi i lavoratori frontalieri sono una risorsa fondamentale e imprescindibile vista anche la perdurante difficoltà nel reperimento della manodopera.
Per coerenza, ci preme anche sottolineare che nella prospettiva dell’imminente sottoscrizione dell’Accordo di Associazione con l’Unione Europea, dopo aver riformato nel 2022 la normativa sul lavoro per uniformare in tutto e per tutto il trattamento dei lavoratori frontalieri a quello dei sammarinesi, con questa riforma si compie un deciso passo indietro e si introduce una disparità di trattamento.
Ciò premesso riteniamo che debba essere messa in campo una manovra che tratti allo stesso modo tutti i lavoratori dipendenti.
Dal nostro punto di vista, sempre nel rispetto del principio dell’equità, il gettito fiscale andrebbe ricercato anche su altri soggetti. Come è emerso dal Rapporto del nostro Osservatorio pubblicato lo scorso febbraio, le 224 aziende ANIS prese a campione, che rappresentano il 6 % dei soggetti giuridici hanno contribuito, nel 2023, per il 44 % (circa 28 milioni di euro) dell’IGR complessiva versata (circa 65 milioni di euro) dal totale dei soggetti giuridici stessi. Mentre, in base agli ultimi dati disponibili sempre riferiti al 2023, risulta che delle 3.623 società operanti sul territorio ben 1.552 (43%) abbiano dichiarato un reddito imponibile uguale a zero, altre 902 (25%) un reddito inferiore o uguale a 30.000 euro.
Se la scelta è quella di rinunciare alla minimum tax per introdurre l’indagine finanziaria automatica per i soggetti che negli ultimi tre periodi di imposta (2024 – 2026) abbiano dichiarato un reddito medio annuo pari o inferiore a 15.000 euro ci auguriamo che produca effetti concreti perché diversamente la manovra si rivelerà sbilanciata.
L’auspicio è che ci siano i margini per svolgere ulteriori confronti al fine di eliminare le disparità e perseguire l’obiettivo di consolidare la stabilità del Bilancio pubblico nel rispetto del principio dell’equità fiscale.
A.N.I.S.
San Marino, 16 luglio 2025