San Marino. Diritto di voto: le fatiche e le conquiste delle donne in un convegno dell’Università

Di quel 13 settembre 1964, quando le donne sammarinesi si recarono per la prima volta alle urne, ci sono pochissime testimonianze, sia orali, sia fotografiche, quantunque l’affluenza fosse stata altissima. Cosa è rimasto di quelle battaglie e di quella vittoria? Quante donne di oggi hanno la consapevolezza della portata di quella conquista? 

Ma il problema vero è un altro, perché i diritti, anche quando presenti, non sono per sempre. Ci possono essere anche dei passi indietro e in questo particolare momento storico assistiamo a manovre e maneggi che non lasciano presagire nulla di buono. Da questa esigenza, dunque, è nata l’idea del Centro Studi Storici dell’Università di invitare a San Marino una serie di esperte per parlare dei tempi e delle modalità che hanno caratterizzato i percorsi verso il diritto di voto alle donne in contesti di diverse dimensioni, come il microcosmo sammarinese e quelli ben più vasti dell’Italia e dell’Europa. 

Due gli appuntamenti: uno per la presentazione del libro “Donne protagoniste nelle istituzioni della repubblica” della professoressa Patrizia Gabrielli, dell’Università di Siena; l’altro, un convegno dal titolo “Le donne e il suffragio: uno sguardo europeo”. Il quale, venerdì mattina ha coinvolto accademici come Giuliana Laschi, Valentina Rossi, Monica Fioravanzo, Laura Branciforte, Giulia Cioci, Agnese Bertolotti, Stefano Pivato e Luca Gorgolini. Entrambi gli eventi, sotto gli auspici della Segreteria di Stato per gli Affari Interni e della Segreteria di Stato per l’Istruzione e la Cultura. 

Vista la contiguità territoriale e la comunanza culturale, potrebbe sembrare a prima vista che la storia italiana e sammarinese del suffragio femminile, possa avere molte analogie, cosa che invece non è avvenuta, proprio a causa di un contesto storico molto diverso. Infatti, mentre in Italia, la guerra aveva riscoperto e lanciato il ruolo delle donne al posto degli uomini, tutti al fronte, promuovendo una sensibilità politica molto forte; questo a San Marino non avvenne.  Anzi, avvenne il fenomeno contrario, come ha raccontato la professoressa Valentina Rossi, con il ritorno in patria, in cerca di salvezza, di tantissimi sammarinesi emigrati in Italia o all’estero per lavoro. 

Non solo, ma a San Marino era ancora in vigore legge elettorale 1920 n.18 che stabiliva che, per potere essere elettori attivi o passivi, era necessario essere cittadini sammarinesi maggiorenni, con l’esclusione delle donne, degli interdetti e inabilitati per infermità mentale, dei condannati a pene criminali per reati e per corruzioni elettorali. Di più, solo nel 1953, le donne ebbero il riconoscimento della personalità giuridica.

Ma dopo la guerra, anche sulla scorta del fenomeno italiano che aveva visto una forte politicizzazione delle donne soprattutto nella Democrazia Cristiana e nel Partito Comunista, con la vittoria della DC alle elezioni, anche a San Marino si creò nelle file democristiane un forte movimentismo femminile suffragista. Il PCS, che era al governo, vedeva questa cosa come il fumo negli occhi e temendo quanto era avvenuto in Italia, si arroccò su posizioni nettamente contrarie. In quel periodo, a San Marino, Paese comunista all’interno di un Paese alleato dell’America, si innescò una contrapposizione ideologica così forte da avere tutti i crismi della guerra fredda. 

Solo con il cambio di governo nel 1957 (fatti di Rovereta), il suffragismo portò alla modifica della legge elettorale 23 dicembre 1958, con un diritto di voto femminile attivo accordato con decorrenza dal 1° gennaio 1960. Di fatto, le donne furono volutamente escluse dalle elezioni politiche previste per il 13 settembre 1959. Le promesse fatte negli anni precedenti dagli uomini di punta democristiani di volere concedere da subito il suffragio universale non si realizzarono. La delusione fu talmente grande che il Comitato per l’emancipazione della donna sammarinese cessò la sua attività. Bisognò attendere la tornata elettorale successiva, nel 1964, dopo 18 anni delle loro vicine italiane, per vedere realizzata quella difficile conquista.  Per il voto passivo, cioè la possibilità per le donne di essere elette, bisognò aspettare altri 10 anni, fino al 1974, cioè 28 anni dopo l’Italia. 

Nelle rare testimonianze che ci sono arrivate fino ad ora, di quel primo voto femminile, c’è un commento molto significativo: “Finalmente, la sensazione di essere cittadina al 100 per cento!”

Era semplicemente una sensazione, la soddisfazione per una battaglia vinta, ma ce n’erano molte altre da fare. Le donne sammarinesi tornarono a combattere per non perdere la loro cittadinanza in caso di matrimonio con un forense, per vedere riconosciuto il diritto alla materlinearità, per l’aborto, e così via. Per questo è necessario non perdere la memoria del percorso dei diritti e, in quest’ambito, Valentina Rossi sta lavorando al suo prossimo volume, che probabilmente verrà stampato entro il prossimo mese di giugno.