San Marino, disabilità e AI: Attiva-Mente lancia l’allarme sugli algoritmi “discriminatori”

L’Intelligenza Artificiale non è più una promessa futuristica, ma una realtà pervasiva che sta ridisegnando sanità, lavoro e amministrazione pubblica. Una rivoluzione che, tuttavia, rischia di trasformarsi in un “terreno minato” per le fasce più vulnerabili della popolazione. A lanciare l’allerta è l’associazione Attiva-Mente che, nella sua newsletter di fine anno diffusa oggi, lunedì 29 dicembre, analizza luci e ombre dell’innovazione tecnologica, riprendendo il documento “Impacts of Artificial Intelligence on Disabled People” pubblicato dall’Independent Living Movement Ireland (ILMI). Il messaggio è chiaro: senza una governance etica, i diritti rischiano di essere compromessi in modo “silenzioso e invisibile”.

L’analisi dell’associazione sammarinese parte dal riconoscimento delle enormi potenzialità dell’IA. Se sviluppata con criteri inclusivi, la tecnologia può rappresentare uno strumento di emancipazione straordinario: dal miglioramento dell’accessibilità digitale al potenziamento delle tecnologie assistive come i lettori di schermo, fino al supporto per l’autonomia quotidiana. “In queste condizioni, l’IA non è un lusso tecnologico, ma un vero e proprio diritto abilitante, perché rafforza la Vita Indipendente e l’autodeterminazione”, sottolinea la nota di Attiva-Mente.

Il problema sorge quando si guarda al rovescio della medaglia. Il rischio denunciato è che l’introduzione acritica di sistemi automatizzati possa generare nuove forme di esclusione. “Basta che un algoritmo sia addestrato con dati non rappresentativi o basati su modelli normativi per escludere automaticamente una candidatura lavorativa, penalizzare l’accesso a servizi sociali o perfino influenzare valutazioni sanitarie”, avvertono gli attivisti. Non si tratta necessariamente di volontà dolosa, ma della capacità della tecnologia di replicare e amplificare i pregiudizi già insiti nella società, trasformando l’IA in uno “strumento discriminatorio senza che ci sia un’intenzione esplicita di discriminare”.

C’è poi un timore più concreto, legato alla spesa pubblica e alla qualità dell’assistenza. Attiva-Mente punta il dito contro la tentazione di utilizzare l’IA come mero strumento di risparmio, sostituendo il supporto umano con automatismi e chatbot. Una deriva che andrebbe a colpire figure cruciali come l’Assistenza Personale, in aperto contrasto con i principi della Convenzione ONU. “Un diritto è tale solo se può essere compreso, contestato e difeso”, rimarca l’associazione, sollevando il problema della trasparenza: se a decidere su una prestazione sociale è una macchina, chi risponde di un eventuale errore?

Di qui l’appello alla politica e alle istituzioni per un cambio di passo nella regolamentazione. L’Intelligenza Artificiale, conclude Attiva-Mente, non è neutrale e richiede un quadro normativo che veda le persone con disabilità non come utenti passivi, ma come protagonisti del processo decisionale. Il principio cardine resta uno: “Nulla sull’intelligenza artificiale che riguarda le persone con disabilità deve essere deciso senza la loro presenza e senza il loro contributo”. Solo così la tecnologia potrà essere un ponte verso la libertà e non un muro invisibile.