San Marino, disabilità: l’affondo di Attiva-Mente tra leggi ferme e diritti negati

È un bilancio amaro, che suona come una vera e propria requisitoria contro l’immobilismo della politica, quello tracciato dall’associazione Attiva-Mente a poche ore dalla fine del 2025. In una nota diffusa ieri, il sodalizio sammarinese punta il dito contro un sistema che, a diciotto anni dalla ratifica della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (CRPD), appare ancora ancorato a logiche assistenzialiste e incapace di tradurre i principi in realtà quotidiana. “Tempo di bilanci, ma anche di verità”, scrivono gli attivisti, denunciando come il modello sociale basato sui diritti umani non abbia “mai toccato palla nella vita reale delle persone”.

Al centro della critica c’è una “criticità di fondo di natura culturale”, esemplificata dall’odissea normativa per l’inclusione lavorativa. Da oltre un decennio circola una bozza di decreto, affossata prima dalla caduta di un governo nel 2019 e oggi arenata su visioni contrapposte tra chi vorrebbe limitarla al settore pubblico e chi intende coinvolgere il privato. Per Attiva-Mente, lo stallo nasconde una verità scomoda: “Le persone con disabilità sono ancora percepite come un peso, una tassa, una voce di spesa da contenere, non come cittadini titolari di diritti alla stregua di chiunque altro”.

L’associazione denuncia il persistere di un approccio “medico, assistenzialista, paternalistico e caritatevole”, che ha generato un sistema distorto dove l’inclusione è regolata dai rapporti di forza. I diritti, accusa la nota, sembrano dipendere “dall’interlocutore di turno, dalla capacità di insistere senza disturbare o dalle conoscenze giuste”. Un meccanismo evidente anche nello sport, dove mancano visione d’insieme e criteri chiari, e nel cosiddetto Progetto di Vita (PIV), che secondo l’associazione “non esiste” come procedura codificata, nonostante le dichiarazioni pubbliche.

Sul tavolo restano questioni urgenti come il “Dopo di Noi”, per il quale Attiva-Mente chiede “norme certe, chiare, pubbliche” per evitare che ogni intervento resti arbitrario. Ma è sul tema della Vita Indipendente che l’affondo si fa più duro. Nonostante lo Stato spenda circa 20 milioni di euro l’anno solo per gli stipendi del personale socio-sanitario, non si registra alcuna apertura verso l’introduzione dell’Assistente Personale autogestito, figura chiave per l’autodeterminazione. “La carenza di risorse economiche viene spesso utilizzata come spiegazione universale”, osserva l’associazione, ma ciò che manca davvero è la volontà di scardinare “interessi consolidati”.

Guardando al 2026, anno del ventennale della Convenzione ONU, l’appello è a un cambio di passo radicale che superi la retorica. “Senza risorse, senza governance e senza un reale cambio di paradigma, le parole finiscono per creare l’illusione che il sistema funzioni”, conclude Attiva-Mente, rilanciando il proprio impegno anche attraverso il nuovo Consorzio EticoSM. La speranza per il nuovo anno è racchiusa in una sintesi secca: passare “dalla retorica ai diritti”.