San Marino. Dobbiamo avere più paura dell’influenza stagionale o del Covid? … di Alberto Forcellini

Febbre alta ad esordio improvviso, tosse secca e stizzosa, mal di testa, stanchezza e debolezza, brividi, dolori muscolari e articolari, dolori addominali, diarrea, nausea e vomito (soprattutto nei bambini), mal di gola, naso congestionato e starnuti, perdita di appetito, ridotta qualità del sonno. Tempo d’incubazione variabile da uno a quattro giorni.

Questa la carta d’identità dell’influenza stagionale, ovvero una combinazione di sintomi del tutto simile a quella degli anni passati, con una previsione epidemiologica di 6 / 7 milioni di casi, mitigata negli ultimi due per il massiccio uso di mascherine. Gli ultimi dati danno oltre un milione di italiani già a letto con l’influenza, in maggioranza bambini. Fortunatamente, ad oggi, non sembra essere particolarmente aggressiva in termini di possibili complicazioni.

Adesso che le restrizioni anti Covid sono quasi del tutto decadute, il rischio di contagio è su entrambi i fronti. Peggio: potrebbe non essere facile distinguere l’una dall’altra malattia, perché l’ultima variante Covid presenta sintomi analoghi all’influenza normale. A livello diagnostico, pertanto, le cose si sono complicate, il che renderà le cose ancora più difficili quando ci sarà il picco influenzale, cioè nel mese di gennaio.

A partire dalle ultime varianti Omicron abbiamo imparato che, anche facendo il tampone, non è troppo raro ottenere un esito negativo nei primi giorni di malattia, per poi vederlo positivizzare in un secondo momento, a distanza di tempo. In genere si diventa positivi al più tardi nei giorni successivi allo sviluppo di sintomi che, sommati ai 3-4 giorni d’incubazione, possono diventare anche 6-7 giorni dal momento del contagio. Perché succede questo non è chiarissimo, ma probabilmente si sommano una riduzione della sensibilità dei test con le varianti recenti, oltre che una diversa diffusione del virus nell’organismo (più in gola che nel naso), ma soprattutto un’aumentata reattività del nostro organismo, che si attiva fin da subito (sviluppo dei sintomi), ancora prima del picco di proliferazione virale. In alcuni casi siamo così bravi a reagire che non ci positivizzeremo mai, pur avendo il COVID a tutti gli effetti. Al contrario un esito positivo è una prova non assoluta, ma ragionevolmente affidabile.

Ma la vera domanda è un’altra: serve davvero distinguere le due infezioni?

Da un punto di vista clinico e pratico no, non necessariamente, soprattutto se si è in buona salute e privi di fattori di rischio. In questo caso il modo di affrontare le due infezioni è tutto sommato lo stesso: isolamento volontario, riposo, eventuali farmaci sintomatici (solo per chi lo desideri). La questione cambia se parliamo di soggetti a rischio, ad esempio: anziani, soggetti affetti da patologie croniche, neonati e bambini piccoli, donne incinte.

Tutti questi pazienti corrono rischi maggiori di sviluppare complicazioni, seppure non necessariamente le stesse, ma in questi casi è raccomandato di avvisare immediatamente il proprio medico per avere indicazioni su come affrontare l’infezione ed eventualmente se e quando ripetere il tampone in caso di esito negativo. In base alle situazioni soggettive si possono valutare approcci differenti, ma è molto, molto importante non sottovalutare i potenziali pericoli.

Soprattutto è importante non assumere antibiotici in caso di influenza. Che è una malattia virale e, come tale, non può essere contrastata con gli antibiotici, che sono efficaci solo contro i batteri. Gli antibiotici possono essere prescritti dal medico quando subentrano alcune complicanze dell’influenza, come infezioni batteriche dell’apparato respiratorio o delle orecchie (bronchiti, polmoniti, otiti, sinusiti, tonsilliti), oppure dell’apparato cardiovascolare o del sistema nervoso (come miocardite o meningite). Però lo deve dire il medico!

Sull’importanza del vaccino antinfluenzale, si è detto più volte. Certamente, non bisogna aspettarsi miracoli. Il termine “influenza” comprende infatti un certo numero di forme infettive dovute a virus influenzali diversi e in continua trasformazione che possono circolare contemporaneamente. Dal momento che il vaccino viene messo a punto di anno in anno solo contro i ceppi virali che si ritiene saranno i più diffusi in quella stagione, è possibile essere comunque contagiati da altri virus.

Inoltre, durante l’inverno circolano anche alcuni virus cosiddetti para-influenzali, responsabili di malattie dell’apparato respiratorio con sintomi simili a quelli dell’influenza e contro i quali il vaccino non è efficace. Tuttavia, essere vaccinati aumenta la probabilità di essere protetti dall’influenza e riduce, generalmente, l’intensità dei sintomi e le sue complicanze. Per il vaccino anti-Covid, valgono più o meno le stesse raccomandazioni e gli stessi ragionamenti, per cui rimane fortemente raccomandato per le fasce a rischio. C’è la possibilità di fare il vaccino antinfluenzale ancora per qualche giorno, meglio approfittare.

a/f