PARTE TERZA
DIRITTO
1.a Considera anzitutto questo giudice d’appello come bene l’impugnata sentenza, nell’affrontare la complessa domanda giudiziale, abbia preliminarmente ribadito e sottolineato, con una ricognizione non solo formale, che il rapporto di lavoro subordinato dell’attore RENZI Vladimiro, Vice Direttore Generale Vicario della Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino, era dirigenziale. Il dato del resto non era controverso.
Questa ricognizione è determinante ai fini:
a) della corretta qualificazione giuridica del licenziamento in tronco ”22 settembre 2015, motivato dal venir meno del rapporto fiduciario al ritenuto punto da non consentire la prosecuzione dei rapporto di lavoro e da fatto che il RENZI, pur gravato dall’esecuzione degli indirizzi della banca, aveva mostrato avversione costante alle scelte strategiche dell’organo amministrativo, ripetutamente esternata, anche nelle sedute consiliari, con atteggiamenti assunti come oltremodo screditanti l’immagine generale aziendale;
b) dell’identificazione dell’inerente regime giuridico che è a rigore proprio del recesso ad nuturn del datore dal rapporto di lavoro dei dirigenti: incentra o, cime proprio di quel tipo di rapporto lavorativo, sul parametro necessariamente costante dell’elemento fiduciario, coessenziale al ruolo ricoperto nell’organizzazione dell’impresa e al suo funzionamento complessivo. A questi fini, bene rileva la sentenza nel contesto organizzativo della Cassa di Risparmio di San Marino la corrispondenza della figura lavorativa del RENZI a una posizione dirigenziale, con inerente regime del rapporto di lavoro e possibilità di cessazione per recesso unilaterale ad nutum del datare di lavoro, come ben può avvenire per i dirigenti. E ravvisa nel “licenziamento in tronco” 22 settembre 2015 una siffatta forma dì risoluzione unilaterale del rapporto. Queste capitali considerazioni dell’appellata sentenza sono corrette e non meritano riforma.
Un dirigente — è qui da ricordare è uno strettissimo collaboratore dell’imprenditore sin nell’elaborazione delle strategie e delle pianificazioni aziendali. È, si usa dire con una risalente formula semplificatoria, un alter ego dell’imprenditore: il che vale nel senso è che è suo compito di immedesimarsi personalmente nella direzione dell’impresa e dunque con le decisioni prese dall’imprenditore (individuale o ‘anonimo” che sia) per la sua conduzione, vuoi strategica che operativa, e ne rappresenta la proiezione anzitutto interna.
In proporzione a tale ruolo, egli viene remunerato in termini ben differenziati dagli impiegati e gode di diversi altri benefici, contrattualmente convenuti.
Tutto ciò ha per base essenziale, genetica e funzionale, la fiducia connessa all’intuitus personae, cioè all’affidamento nell’avvalersi della sua persona, che l’imprenditore ripone al momento della sua scelta e deve poter costantemente riporre in lui. È per questa centralità dell’elemento fiduciario che le turbative effettive, o il deterioramento complessivo di una tale fiducia hanno per naturale conseguenza la possibilità del recesso datoriale dai rapporto, anche immediato, ad nutum. Una volta infatti che la fiducia del datore di lavoro è persa o deteriorata, e massimamente se per fatti personali e di contrapposizione del dirigente, questo tipo di rapporto, con tutte le sue rilevanti implicazioni per il collaboratore, è compromesso, perde il merito che lo distingue e in prospettiva diviene fonte di possibili disservizi come di rischi di indebito pregiudizio per l’impresa, per le sue finalità e, in ultimo, per quanti sono in rapporti con essa (inclusi gli altri lavoratori e i terzi contraenti).
È questa la ratio legis che presiede al sistema degli artt. 6, 15, 7 e 14 della legge 4 maggio 1977, n. 23 (Legge che detta norme sulle sanzioni disciplinari e sui licenziamenti individuali e collettivi), il cui dettato è ìl caso di qui rammentare. Anzitutto, la fattispecie del licenziamento è disciplinata dall’art. 6 della detta legge per il quale «Il licenziamento per giustificato motivo è determinato da un grave inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva all’organizzazione del lavoro e al loro regolare funzionamento. Il licenziamento per giusta causa è determinato da un fatto che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto». A questo fa eccezione, per i dirigenti (come appunto il RENZI) quanto prevede l’art. 15 (”le norme del presente capitolo ‘Capitolo II, evidentemente) si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro assunti a tempo indeterminato, che hanno superato il periodo di prova, ad esclusione dei dirigenti, procuratori ed istituir, di quei prestatori di lavoro che abbiano già maturato il diritto alla pensione di vecchiaia, fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 7 e 14»). Le eccezioni all’eccezione sono poi quelle degli artt. 7, sul licenziamento discriminatorio («Il licenziamento determinato da ragioni di credo politico e di fede religiosa o comunque da ragioni di libertà di pensiero e di espressione, dall’appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacale è nullo») e 14, sull’indennità di anzianità («L’indennità di anzianità è dovuta al pastore di lavoro in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro. »).
Tali previsioni di legge bene sono state richiamate dall’appellata sentenza nella loro concatenazione alla fattispecie concreta. Riguardo alla cessazione unilaterale, da parte datoriale, del rapporto di lavoro dipendente dei dirigenti, consentono di prescindere dalla ricorrenza di una giusta causa o di un giustificato motivo di licenziamento, proprio per il ben maggior valore e incidenza della fiduciarietà che è intrinseca a quel tipo di rapporto tanto che il suo venir meno ne giustifica la risoluzione unilaterale, anche immediata. Resta tuttavia fermo — a presidio dell’effettività, e non già della pretestuosità, della rottura della fiducia – il limite del divieto di licenziamento discriminatorio e comunque il diritto all’indennità di anzianità.
FINE PARTE TERZA