San Marino. Domenico Gasperoni: La “storia” del REGGENTE PESTA-UVA E IL DOGE DI VENEZIA

Domenico GasperoniLa “storia” del REGGENTE PESTA-UVA E IL DOGE DI VENEZIA Marino Moretti, nel Romanzo Il trono dei poveri, del 1928, ambientato a San Marino, così descrive una cantina di Borgomaggiore, a cui dà un’occhiata: “Intravide, per un vano aperto un cantinone da cui emanava un forte odore di mosto in fermento: botti, botticelle, damigiane in fila, un gran torchio, un gran tino. Veniva una voce quasi rabbuffata dal tino, chè v’era dentro a premere qualcuno (…) Marino capì che il Reggente si nascondeva nel tino e non alzava il capo curvo lì dentro per non mostrarsi nella sua qualità di pigiatore di ottime uve”. Lo scrittore ci presenta con forte ironia la figura del Capitano Reggente che si nasconde, con pudore, nel tino dove sta pigiando l’uva. Noi non ci vergogniamo, perché è parte della nostra storia vera avere uomini pieni di virtù contadine e con i calli sulle mani, che hanno saputo guidare con saggezza e salvaguardare la nostra piccola Repubblica. Una saggezza che ci viene riconosciuta da un Doge di Venezia, come vedremo nell’episodio che adesso raccontiamo. Oltre al romanzo del Moretti, esiste una narrazione tradizionale del Reggente pesta-uva, ma in termini positivi. Essa ha differenti versioni, in qualche modo collegate con la Repubblica di Venezia. La prima racconta di un creditore veneziano venuto a riscuotere il suo credito a San Marino. La causa si svolse in una cantina, dove un grande giudice del paese (il Reggente) “ un uomo, nudo le braccia e i piedi,…pigiava, nel fondo d’una cantina, dell’uva in un tino.” In poco tempo il debitore fu obbligato a pagare fino all’ultimo soldo, con grande meraviglia del veneziano che non si aspettava una giustizia così celere. L’altra versione parla di un diplomatico veneziano “inviato dal Doge Loredano a Roma quale ambasciatore presso il sommo Pontefice per concludere la pace tra Venezia e la Santa Sede”, il quale “sente d’aver bisogno di sfogo, di consiglio e deviando un poco dal diritto cammino, sale il dorso del monte della perpetua libertà”. Al termine del lungo colloquio, esce dalla cantina, ove ha lasciato il Reggente nel suo lavoro agricolo e “appena fuori, dai suoi ufficiali di scorta fu udito sussurrare: -Ha più senno un pesta- uva di San Marino che un Doge di Venezia”.

Domenico Gasperoni